Intervista di Alessia Mocci a Giovanni Nebuloni ed al suo Il Signore della pioggia
Giovanni Nebuloni vive e lavora a Milano. È proofreader di traduzioni da russo, tedesco ed inglese nella sua società. È il fondatore della Fact-Finding Writing (trad. scrittura conoscitiva), una sorta di conoscenza pari o forse superiore rispetto ai paradigmi del saggismo filosofico, storiografico o scientifico.
La sua prima pubblicazione risale al 2007 con “Dopo La polvere eterna” (Edizioni di LucidaMente), segue nel 2008 “Il disco di Nebra” (inEdition Editrice) e “Fiume di luce” (Il Filo), nel 2011 pubblica “Dio a perdere” (Prospettiva Editrice), e nel 2012 pubblica il suo quinto romanzo “Il Signore della pioggia”.
Il romanzo inizia con una forte pioggia che causa un guasto ad una software house di Milano nei sotterranei della quale sono segregate dieci persone e consente ad una di loro, una donna gravida, di fuggire e di sequestrare bambini in una scuola per l’infanzia. Seguono immediatamente un’efferata strage all’ospedale di Niguarda, un furto di diamanti per un valore di decine di milioni di euro, l’omicidio del governatore della Lombardia. Le vicende sono apparentemente slegate fra loro, ma si scoprirà ben presto che sono solo alcune delle tessere d’un intrigo internazionale orchestrato da un’azienda di altissima tecnologia e che porteranno i protagonisti in Messico, nello Utah e in Siberia.
Giovanni Nebuloni è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune domande illustrandoci qualcosa sul suo lavoro di romanziere e di fondatore della Fact-Finding Writing. Buona lettura!
A.M.: “Il Signore della pioggia” è la tua ultima pubblicazione. Vuoi parlarci anche delle altre quattro precedenti?
Giovanni Nebuloni: Viviamo nel villaggio globale ed i miei cinque romanzi sono anche thriller internazionali, con numerosi colpi di scena.
“La polvere eterna” del 2007 ruota attorno alla scoperta di un’entità che può rappresentare la negazione del principio di conservazione dell’energia e parla di terrorismo internazionale. In questo romanzo offro una singolare interpretazione – esoterica o religiosa – della nota formula E = mc2 e protagonista è Diana, una romena sposata ad un giornalista del Corriere della Sera. Inserendolo nella finzione di un furto dal museo della preistoria di Halle, in Germania, dove l’affascinante oggetto è tuttora conservato, ne “Il Disco di Nebra”, 2008, ho cercato di comprendere le origini del più antico manufatto – 1640 a. C – raffigurante il cielo stellato. Protagonista è Isabella, una studentessa milanese. “Fiume di luce”, 2008, narra di una donna, Vera, dei servizi segreti mongoli, dei suoi rapporti con Buddha e con la mafia cinese, con una stupefacente rivelazione finale. “Dio a perdere” racconta di Dio o di un dio particolare, una caverna tipo Lascaux, della Cia, di servizi deviati e protagonista è Valeria, funzionaria della sovrintendenza alle belle arti. Questo vorrebbe scagliare un anatema contro il fariseo, verso chi nel nome di un dio si fa in realtà gli affari propri.
Anche ne “Il Signore della pioggia” protagonista assoluta è una donna molto volitiva, Elena.
Le protagoniste dei miei romanzi sono sempre donne forti.
A.M.: Intrighi internazionali, sequestri di bambini, guasti a software, furto di diamanti: un vero e proprio thriller oppure si cela qualcos’altro dietro “Il Signore della pioggia”?
Giovanni Nebuloni: La storia di “Il Signore della pioggia” si svolge dal 4 maggio al 15 maggio, nei giorni nostri – l’anno non è precisato –, a Milano ed in Lombardia e contemporaneamente in Messico, quindi anche nello Utah ed in Russia.
La narrazione si avvia a Milano, con un guasto hardware causato dalla pioggia in una struttura informatica, la Target Informatics Srl. Una software house nei sotterranei della quale sono segregate però dieci persone. L’avaria consente ad uno dei prigionieri, una donna gravida, di fuggire. È in uno stato di confusione mentale, è alienata, ma vuole, sa che deve partorire e vorrebbe che il figlio nascesse con altri bambini (diversamente da come lei era “stata sola con altri” sottoterra). Raggiunge una scuola per l’infanzia, malmena una suora e sequestra alcuni bambini. Fra i quali, Mattia Dileo. Un bambino di quasi sei anni amato molto da un commissario capo di pubblica sicurezza (nonché, si scoprirà, agente dell’Aise, i servizi segreti militari italiani) Elena Cotalpe. (Cominciano a diffondersi strane notizie di rivolgimenti politici e sciagure nel mondo. Queste si susseguiranno fino a un certo punto e l’autore ha seguito l’idea di una marea che cresce, che monta sullo sfondo.) Elena Cotalpe libera i bambini (senza che nessuno venga ferito neanche psicologicamente) e ferisce la sequestratrice, la quale viene trasferita sotto nutrita scorta all’ospedale di Niguarda. Qui un commando di tre killer uccide la fuggitiva e fa esplodere un’ala del nosocomio, causando decine di morti. Anche per la fermezza dimostrata all’asilo, Elena Cotalpe viene promossa di grado, diventa vicequestore aggiunto ed a lei il questore affida le indagini della strage.
Intanto, la figlia del governatore della Lombardia, una tossica, assieme al fidanzato sottrae al padre milioni di euro in diamanti, ma i due giovani vengono uccisi dallo stesso trio di sicari responsabile della strage all’ospedale. Al trio di criminali viene comandato di eliminare il governatore e di rapire un’altra donna (non è la prima, nel romanzo è esplicito). Il trio esegue il primo ordine e si sposta al parco del Ticino per il secondo. All’aeroporto di Malpensa prossimo al Ticino, atterra un quadrireattore (migliore dell’Air Force One) con a bordo Ramón Navarro Reyes, alias Xipe Tótec. È d’origine azteca come centinaia di migliaia di persone attualmente in Messico. Parla anche della stupenda Teotihuacán ed è venuto dalla terra degli aztechi per sovrintendere all’omicidio del trio stragista…
Come si può notare dalla sinossi iniziale di cui sopra, “Il Signore della pioggia” è un vero e proprio thriller, ma non solo. Pratico la Fact-Finding writing e nei miei romanzi ci sono sempre più messaggi universali, nel caso de “Il Signore della pioggia”: per un obiettivo in cui credi devi dare tutto te stesso e perdonare, ma non dimenticare (un Henry Miller direbbe: “Ricordati di ricordare”).
A.M.: Un distinto tributo all’interno de “Il Signore della pioggia”: il trattamento effettuato dalle popolazioni europee, durante la scoperta dell’America, verso le popolazioni autoctone. Dopo diversi secoli è ancora un pensiero che genera terrore?
Giovanni Nebuloni: Perché terrore? Stupore invece per le aberrazioni e commiserazione e pietà umana per i vari Cortez o Pizarro (e gli emuli contemporanei), cioè criminali.
A.M.: Dialoghi stringati, potremo anche dire “realistici” in un avvicinamento del linguaggio letterario a quello cinematografico. Dove nasce l’idea?
Giovanni Nebuloni: Siamo immersi nelle immagini. Il romanzo standard, stupido, il romanzo mattone – il 95% dei romanzi attualmente in circolazione potrebbe essere ridotto del 50% – finirà presto. Riflettere il cinema sulla parola scritta, far sì che il lettore si immedesimi nella lettura più o meno come nella visione d’un buon film può salvare il romanzo.
A.M.: Secondo te, qual è il target di lettori interessati al tuo libro?
Giovanni Nebuloni: Tutti indistintamente, dai dieci, dodici anni in su. Io sono un figlio del popolo, ma ho una cultura superiore.
A.M.: Sei il fondatore di una nuova corrente letteraria, la Fact-Finding Writing. Ci vuoi illustrare i punti fondamentali di questa scrittura conoscitiva?
Giovanni Nebuloni: Rispondo con le parole di Margherita Ganeri, docente di letteratura italiana contemporanea all’Università della Calabria, la quale, nella introduzione a “Il Signore della pioggia”, scrive:
“Con Fact-Finding Writing, Nebuloni allude a un tipo di scrittura di ricerca tendente a porsi come forma di conoscenza pari o forse superiore rispetto ai paradigmi del saggismo filosofico, storiografico o scientifico. La letteratura è sede privilegiata di un’indagine sui significati profondi, ontologici e metafisici, perché ambisce a scoprire una nuova realtà fattuale, smentendo o mettendo in discussione quelle acclarate nella doxa, senza tuttavia presumere di poter mai giungere a risposte incontrovertibili o esaustive. L’espressione deriva dal linguaggio giuridico e amministrativo, in cui rimanda alla risoluzione di controversie, e da quello della comunicazione, in cui richiama la selezione per rilevanza delle notizie.
Di questa visione del letterario è importante a mio avviso sottolineare soprattutto due aspetti: il primo è la grande considerazione riposta da Nebuloni nel romanzo, ed è un fatto degno di nota, vista la crisi mondiale che la letteratura attraversa oggi, non in quanto medium di intrattenimento, ma in quanto codice conoscitivo; il secondo è il progetto di voler fondare un’avanguardia, una questione su cui si potrebbe aprire un’ampia riflessione. L’età attuale, infatti, definita della post-avanguardia, è stata spesso descritta come l’epoca dell’impossibile sopravvivenza delle avanguardie. Solo nell’ultimo decennio, dal 2001 in poi, si è registrata una graduale erosione del clima postmodernista legato a questa visione del presente come stagione in cui non si può più inventare nulla, e, per esempio, il cosiddetto New italian realism ha segnalato, per l’affermarsi di una generazione di giovani narratori impegnati, la presenza di un nuovo humus culturale segnato dall’urgenza di intestine tensioni al cambiamento.
Nebuloni, in questo senso, cattura in pieno lo Zeitgeist, e tuttavia ad esso oppone una risposta volutamente inattuale, almeno sotto il profilo dei «contenuti», per usare un suo termine, del letterario. Il suo avanguardismo sta tutto nell’esplosiva torsione dell’immaginazione narrativa, che anela a un respiro cosmico, globale, nel quale far confluire le domande radicali sul senso della vita individuale e collettiva. Accogliere questo tipo di sfida significa porsi contro le tendenze egemoniche del mondo letterario attuale, orientate sulla contingenza dell’hic et nunc, e celebrarne una possibilità futura e al tempo stesso atemporale, perché universale.
A questa ricerca gnoseologica si accompagna una sperimentazione stilistica e formale che rema in direzione opposta, cercando, invece, un’attualizzazione della lingua romanzesca. In Nebuloni si coglie la ricerca di un linguaggio affine all’espressione cinematografica. Appassionato cultore di Lawrence Durrell, l’autore crede che la scrittura debba evolversi facendo specchio alle forme imperanti della odierna comunicazione mediatica. La scelta cade perciò sulla ricerca di plasticità visive e di correlazioni tra parole, dialoghi e flussi di immagini. Giochi linguistici, anagrammi a chiave e talora sequenze asemantiche si accompagnano a una costante tessitura icastica: le immagini evocate sono così tante e così incisive che sembra di trovarsi di fronte a una visione, piuttosto che a una semplice lettura.
Poiché tale prevalenza del visuale si collega da un lato all’idea dell’insostituibilità della narrazione romanzesca, che si differenzia nettamente − per l’autore − dalla sceneggiatura, e dall’altro alla poetica del fact-finding, essa va intesa come un intenzionale costrutto polifonico a più piani: si va da singole immagini frammentarie a una serie di sequenze, fino a una cupola di immagini portanti, come quella, ricorrente più delle altre, nel romanzo in questione, della pioggia…
Tornando al fact-finding writing, l’ambizioso progetto produce, ne Il Signore della pioggia, una testualità non sempre accattivante, di primo acchito, nei confronti di un lettore superficiale, pigro o distratto. Non si tratta di una lettura facile, pensata per il lettore comune. Tuttavia, Nebuloni non è neppure un autore difficile, adatto solo agli addetti ai lavori. Richiamando ancora una volta Umberto Eco, e il suo noto Lector in fabula, potremmo dire che i suoi romanzi, e particolarmente quest’ultimo, sembrano essere stati scritti per almeno due tipi diversi di «Lettori Modello». E parafrasando le celebri Postille al Nome della rosa, potremmo aggiungere che, in Nebuloni, come in Eco, i due principali lettori impliciti siano l’uno ingenuo e l’altro scaltro. L’aspetto avventuroso della trama coinvolge il primo, mentre il secondo è conquistato da un piano nascosto della scrittura.
Analogamente alla struttura bipartita dei lettori ideali presupposti, per comporre questo romanzo l’autore sembra aver seguito due criteri guida, due linee di pensiero che si incontrano in un punto di fusione. Sul piano del contenuto, oltre al fact-finding, l’intento è anche quello di omaggiare alcuni autori amati, costruendo per loro dei richiami citazionistici, in genere dichiarati. Nel Signore della pioggia c’è soprattutto Octavio Paz. Più visibile di altri, ma più nascosto rispetto a Paz, scorgiamo Edgar Allan Poe. Affiorano poi, in misura minore, Asimov, Borges, Crichton, Gogol, Hoffman, Lovecraft, Mary Shelley, Stoker, Verne, Vonnegut, e probabilmente molti altri. Ci sono, ancora, dei rimandi musicali, tra cui spiccano soprattutto quelli reiterati a Chopin, amato da Elena, e a Wagner…
Il lettore esce dalla lettura de “Il Signore della pioggia” cambiato: la conoscenza dei retroscena, le agnizioni e gli svelamenti dei complotti diventano meno significativi, alla fine, del godimento prodotto dal viaggio mentale negli spazi virtuali del romanzo. L’opera lo ha condotto in scenari plurimi e in mondi paralleli in cui si torna alle origini e insieme ci si libra nell’immaginazione del futuro. La lettura è diventata tramite di una ricerca liberatoria entro la psiche del lettore, proiettato oltre le finzioni superficiali della sua transeunte attualità, e perciò partecipe, alla fine, del senso di quella «scrittura conoscitiva» nel cui nome scrive l’autore.”
A.M.: Sei uno scrittore da carta e penna oppure da tastiera del computer?
Giovanni Nebuloni: Assolutamente da computer. La fact-Finding Writing impone anche una conoscenza scientifica e tecnologica esaustiva, approfondita e sempre attuale.
A.M.: Se potessi scegliere dove vivere: qual è la città che maggiormente ti ispirerebbe per scrivere?
Giovanni Nebuloni: Non mi sposterei mai da Milano, dove sono nato e dove vivo. Poi, in ordine di affetto vengono Firenze, Napoli, Roma, Mosca e Lisbona.
A.M.: Hai già in programma delle presentazioni de “Il Signore della pioggia”? Puoi anticiparci qualcosa?
Giovanni Nebuloni: Il programma è ancora in via di pianificazione. Ben vengano anzi eventuali proposte da coloro che ora mi stanno leggendo. Uno dei miei problemi – forse il fondamentale – è che non sono conosciuto.
A.M.: Salutaci con una citazione…
Giovanni Nebuloni: Semplicemente: “Fact-Finding Writing, scrivere per conoscere da ora e per sempre!”
Il Signore della pioggia
I libri di Emil – Odoya edizioni
ISBN: 978-88-6680-001-9
Prezzo di copertina: 16 Eur – 340 pagine
Distribuzione: Messaggerie
Alessia Mocci
Addetto Stampa “Il Signore della pioggia”
Fonte: