Abruzzo

L’Aquila. IL MITO DELLA SANT’AGNESE AQUILANA

IL MITO DELLA SANT’AGNESE AQUILANA

 

Il 21 gennaio di ogni anno, nel commemorare S. Agnese, circa duecento confraternite aquilane, costituitesi in Suo onore, si riuniscono per lasciarsi andare ad una sarabanda di licenziosità e di smodata “maldicenza” cittadina, rievocando una singolare tradizione che affonda le radici nella “notte dei tempi”. 

Agli albori del XIV secolo, la Santa divenne protettrice delle linguacciute, delle donne ai margini della società, di coloro che si ritrovavano nella miseria, vittime di se stesse o di un destino avverso, nonché delle “malmaritate” (termine eufemistico per definire le prostitute) e delle “giovinette pericolanti”. L’immaginario collettivo aquilano fu colpito ed influenzato dall’efferato martirio, subito dalla giovane e casta Agnese, nel III secolo d. C., che, prima della decapitazione, venne “jugulata” (sgozzata).

Molto più tardi, la Martire rappresentò per le peccatrici e le diseredate un fulgido esempio di purezza, degno della più profonda venerazione.  

A L’Aquila, il Monastero di S. Agnese risale alla seconda metà del 1300. Costruito a ridosso delle mura urbiche settentrionali, ospitava le “malmaritate” e le serve dei nobili. I segreti dei palazzi dove prestavano la loro opera, venivano raccontati “coram populo”, messi in piazza, conditi con l’immancabile dose di esagerazione, frutto del piacere perverso che solo la maldicenza sa dare. Quest’ultima, insieme al turpiloquio ed alla calunnia, trovò terreno fertile nel “modus vivendi” della comunità aquilana, presso tutti i ceti sociali.

Era il 1874, quando il Monastero fu inglobato nelle strutture del vecchio Ospedale “S. Salvatore” dove, ancor oggi, possono essere ammirati gli ambienti monastici e la bella chiesa di S. Agnese.    

Come per negare quanto storicamente documentato, la festività di S. Agnese, negli ultimi sei anni, ha tentato di indossare vesti non proprie, promuovendo Convegni Nazionali ed internazionali, nell’ambito della manifestazione:: “IL PIANETA MALDICENZA”. I Simposi hanno visto, quali ospiti d’eccezione, l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, chiamato scherzosamente “IL PICCONATORE”, grazie alle sue facili “esternazioni” e l’On. Giulio Andreotti,  A fianco di tanta Autorità si sono ritrovati il famoso giornalista Bruno Vespa ed il Reverendissimo Padre Francesco Compagnoni, Rettore dell’Università “S. Tommaso Angelicum” di Roma, il giornalista Antonio Caprarica, le massime autorità abruzzesi e tante altre personalità

All’interno delle manifestazioni, concorsi sul tema della maldicenza hanno richiamato un gran numero di artisti o aspiranti tali, dando vita  a kermesse di lavori in prosa, poesia, recitazione, musica e folklore. “Tre-giorni” dedicati allo spettacolo e al divertimento, nella suggestiva atmosfera del Teatro Comunale della città, che ogni anno diventa “Capitale della maldicenza”.

Gli eventi intendevano spiegare correttamente le ragioni di tanta devozione nei confronti di S. Agnese tra gli aquilani, conferendo alla maldicenza peculiarità specifiche come quella di “valenza sociale” e “leale antagonismo”.

L’ironia e la satira, però, hanno contrastato il goffo, quanto vano intento degli organizzatori del Convegno di edulcorare o meglio travisare quello spirito critico, volgare e trasgressivo, coltivato da secoli e rimasto invariato nella tradizione agnesina e non. I perbenisti e i politicanti sono stati sconfitti dalla loro presunzione che li aveva indotti a credere di poter cambiare la storia, la leggenda ed il mito intramontabile di S. Agnese.

Sacro e profano amano da sempre scambiarsi la maschera, riuscendo a stupire chi pensa di distinguere la sottile, ma sostanziale differenza che, dividendoli, li unisce in un’entità bizzarra e poliedrica.                                                                                                  

Il poeta Alarico Bernardi ed il musicista Camillo Berardi- hanno deciso di unirsi al coro dei sostenitori del vero ed unico significato della parola maldicenza, componendo il primo Inno ufficiale dedicato alla Sant’ Agnese laica aquilana, dal titolo: “Sant’Agnese jugulata”.             

                                                                                                                               Camillo Berardi

                                                                                                                                  Alarico Bernardi

SANT’AGNESE JUGULATA

               

Sant’Agnese jugulata

la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.

Sant’Agnese reprecata

‘na pipìzzela che non se’ po’ frena’.

 

A mezza strai, fra storia e tradizio’,

a L’Aquila te ‘nfrocio Sant’Agnese

che se rencora pe’ lla deozio’,

sintita da lla gente ‘e ‘stu paese!

“Quistu che pare propriu ‘nu borghittu,

è ‘na città borghese da ‘na freca!”

So’ pricisatu co’ ‘nu sorrisittu,

tantu ‘nguastita da non fa’ ‘na piega!

 

Sant’Agnese jugulata

la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.

Sant’Agnese reprecata

‘na pipìzzela che non se’ po’ frena’.

 

“Girenno pe’ ‘ste rue, mopa e rattusa,

me so’ ‘ncontrata co’ lla Maldicenza

che, pirchipètela, striscea sgaliusa

e tutti ji faceano riverenza!”

Pocu cchiù abballe, pe’ lla stessa via,

Pettegolezzo ‘icea ‘na fessaria:

“Fasse ji fatti se’! Non esse’ spia!”

Ma è chiacchiara’ che provoca gulìa!

 

Sant’Agnese jugulata

la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.

Sant’Agnese reprecata

‘na pipìzzela che non se’ po’ frena’.

 

 

S’attecchia co’ rapìa ‘na mala lencua zozza,

ironizzènno sempre su chi lla tene mozza!

 

 

Sant’Agnese jugulata

la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.

Sant’Agnese reprecata

‘na pipìzzela che non se’ po’frena’.

 

 

 

                                   Versi di Alarico Bernardi

                                   Musica,  armonizzazione ed  elaborazione corale  di Camillo Berardi

 In Lingua:

SANT’AGNESE SGOZZATA

 

 

Sant’Agnese sgozzata

La regina della lingua e dello sfottò.

Sant’Agnese ripregata

Una favella che frenare non si può.

 

 

A mezza strada, fra storia e tradizione,

a L’Aquila t’incontro Sant’Agnese

che si rincuora per la devozione,

sentita dalla gente di questo paese!

“Questo che sembra proprio un borghetto,

è una città borghese da molto tempo!”

Ho precisato con un sorrisetto,

tanto arrabbiata da non fare una piega!

 

 

Sant’Agnese sgozzata

la regina della lingua e dello sfottò.

Sant’Agnese ripregata

Una favella che frenare non si può.

 

 

“Girando per queste stradine, rattristata e libidinosa,

mi sono incontrata con la Maldicenza

che, pettegola, strisciava sgallettata

e tutti le facevano riverenza!”

Poco più avanti, per la stessa via,

Pettegolezzo diceva una fesseria:

“Farsi i fatti propri! Non essere spia!”

Ma è chiacchierare che provoca golosità!

 

Sant’Agnese sgozzata

la regina della lingua e dello sfottò.

Sant’Agnese ripregata

una favella che frenare non si può.

 

 

Si ascolta con desiderio irrefrenabile una mala lingua sozza,

ironizzando sempre su chi la tiene mozza!

 

Sant’Agnese sgozzata

la regina della lingua e dello sfottò.

Sant’Agnese ripregata

una favella che frenare non si può.

 

                                                                                                              Versi di Alarico Bernardi

                                                                                                              Musica di Camillo Berardi

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