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Rievocazione di un Incontro storico al Medison Square Garden “Quando Nino Benvenuti battè Emil Griffith” di Lino Manocchia
NEW YORK, 5 Maggio ’10 – Il 17 aprile scorso è ricorso il 43° anniversario di un evento storico-sportivo che un atleta, ventinovenne, conquistò sul palco cordato del mitico Madison Square Garden.
L’incontro col titolo mondiale dei medi sul piatto d’oro vedeva di fronte la “speranza” dell’Italia pugili-stica, Fighter of the year 1968 ed il boxeur, campio-ne dei medi, definito il più forte e tecnico dell’epoca. Giovanni (Nino) Benvenuti (foto), nato ad Isola d’Istria, “osava” sfidare il nero Emil Griffith nella Mecca del Pugilato, seguito da una carovana di 500 tifosi i quali tornarono a casa senza voce per le grida di “Nino Nino”. Il Garden, in quel tempo, stava esalando gli ultimi aneliti prima di essere abbattuto per far posto al nuovo mastodontico impianto circo-lare, che tutt’ora domina, ma che non offre più gli incontri storici di Muhammad Ali (Cassius Clay) e Joe Frazier, o Marciano e Jersey Joe Walcott.
Le vie che circondavano il Garden erano quasi impraticabili, zeppe di macchine parcheggiate e gli organizzatori dell’evento non avrebbero potuto accogliere le centinaia di vetture per l’evento del secolo. Ma dopo pochi giorni, un signore dal cappello nero ed un enorme diamante al mignolo sinistro, disse a John Condon (P. R. del Garden) di non preoccuparsi, per il match Benvenuti-Griffith, “le strade saranno libere e pulite.” E tanto fu.
Ripensando a questi episodi, abbiamo estratto una video cassetta dell’incontro rinfrescando così la memoria di di avvenimenti di 43 anni fa.
Il cronista per l’occasione si trovò a bordo ring insieme ad un collega Rai di Roma, col quale condivise pareri, dati ed impressioni. La Rai, per preservare il sonno degli italiani, non trasmise il match alla Tv ma scelse di farlo via radio, con un ascolto di 16-18 milioni di radioascoltatori. Bastarono 2 riprese e il nero saggiò il duro del canavaccio, per un destro al mento, piazzato da Nino. Ma a congelare la speranza italiana giunse un KD. alla quarta ripresa, di Benvenuti che si fece contare 8 volte per riprendersi con vigore. Qualche goccia di sangue sgorgò dal naso del campione italiano all’ottava ripresa, e lo seguì sino alla fine senza troppe noie.
Sino al dodicesimo round la cronaca registrò scambi di colpi, “abbracci” e spinte, nonché qualche testata del torello nero Griffith (foto), prontamente richiamato dal referee Mac Con.
Abbiamo rivisto con serenità quel pugile temuto da avversari e stimato da scrittori, ed abbiamo riacceso un’altra nostra convinzione: lo stile di Emile non aveva nulla di entusiasmante ed interesse. Saltellava, tentava il colpo, che Nino evitava, ricambiando la dose.
Dove erano gli attacchi micidiali di Rocky Marciano, la potenza di Walcott, la classe di Charles Ezzard?
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E sino alla 12ma ripresa, si può dire francamente che ambedue i pugili non avevano offerto gran che di concreto.
La “marea italiana” aumentava di clamore e “Nino… Nino” era una sola voce, mentre Griffith cercava di piazzare qualche colpo, alla cieca, a testa bassa, Nino Benvenuti impiegava i sei minuti finali per “distruggere” la nomea, l’esperienza, il coraggio di Emil Griffith, meritando il verdetto di 10-5 dal primo giudice di bordo e 9-6 dal referee ed un altro giudice.
Il Madison Square Garden impazziva. Nino Benvenuti aveva conquistato per l’Italia uno dei più prestigiosi titoli del pugilato.
Il manager, l’amico Bruno Amaduzzi, che durante gli allenamenti di Grossinger (Stato di New York). cercava di tener nascosto il suo “poulain” (non lo abbiamo mai compreso) sul ring, mentre i secondi asciugavano il sudore a Nino, si scalmanava, come fosse aggredito da tante zanzare, mentre il neo campione salutava tutti con un sorriso grande così, e le braccia in alto, in segno di vittoria, mentre i più fervorosi lo alzavano sulle spalle.
Tante memorie, tanti dettagli tornano alla mente anche con i nostri servizi per Stadio (divenuto Stadio Corriere dello sport – n.d.r.). Alla vigilia la maggioranza criticava il match che “non avrebbe dovuto aver luogo”, ma dopo 30 minuti di sangue e sudore, si son convinti, ed hanno ammesso, che Nino era il degno rappresentante della classe mondiale.
La sorte volle Griffith di nuovo di fronte all’italiano, e un’altra volta ancora nel rinnovato Madison Square Garden, che Benvenuti tenne a battesimo con la terza vittoria sul nero delle Isole Vergini. Quello fu il principio della fine di altri 48 incontri della sua carriera. Nino era entrato nel tempio dei grandi con Tiberio Mitri – triestino- che purtroppo concluse la sua carriera sotto le mazzate del Toro del Bronx Jacke La Motta.
Tutto appartiene al passato che ritorna vivido alla memoria. Momenti
indimenticabili senza dubbio.
LINO MANOCCHIA