Italiani all'Estero

USA. Quando Forsythe e Fabi fecero tremare Indy di Lino Manocchia

Quando Forsythe e Fabi fecero tremare Indy di Lino Manocchia

INDIANAPOLIS, 17 Maggio ’10 – Il colosseo d’acciaio ha spalancato i cancelli del campo di battaglia motoristi-ca e già i concorrenti della “corsa più bella del mondo”, hanno lanciato i loro bolidi sull’ovale di 2 miglia e mezzo. Allo scadere della giornata il brasiliano  Helio Castrone-se – che  ha conquistato tre allori nel passato – si è subito piazzato in testa al gruppo col miglior risultato.

Il mulino a vento della memoria non ha resistito dal rimuginare tante memorie del passato. Corsa o spettacolo? Qualche purista dell’auto storce il naso, ma se è vero che la parte spettacolare può apparire predominante, è altrettanto vero che la perizia e la potenza delle auto garantiscono un elevato  contenuto tecnico. Il libro d’oro di Indy annovera una cornucopia di patron, organizzatori, concorrenti, ognuno ricco di episodi che il tempo non riesce a cancellare.

Prendiamo ad esempio Teodoro “Teo” Fabi (foto) – nato il 1955 – e il suo primo patron della serie Cart, Gerald “Jerry” Forsythe. Il pilota milanese, sposato con Gloria, madre di Stefano e Marina, offre una panoramica ricca di avvenimenti che vanno dalla Cart.PPG Indycar, alla Can Am e alla Formula Uno.

Il giovane ingegnere di aeronautica, “auto-pensionatosi” dallo sport sciistico, nel 1983 entrato nello speedway di Indy emise subito un giudizio molto critico: «Questo posto non è per me. Le macchina girano troppo velocemente.» Ma il “minuscolo di statura” dopo un po’ di prove fermò il tachimetro sulle 203 miglia, sbalordendo la stampa e impressionando gli avversari. Ironia della sorte il magnate Jerry Forsythe aveva deciso di far correre con la sua March-Cosworth  il famoso Johnny Ruterford, se non che un patron offrì una borsa più ricca al texano lasciando di stucco Forsythe il quale, per tutta risposta ingaggiò Teo Fabi.

Durante le qualifiche, l’americano Mike Mosley schiacciava 205 miglia che ben presto salivano a 207.2273, ma un’ora dopo lo speaker annunciava che un “atalian of Milan” aveva registrato 208.049 miglia (record sul giro) conquistando la pole position. Vi  lascio interpretare il maremoto morale in seno allo speedway!… E sopraggiunse la corsa. Grande tensione nei pit per il fatto che Teo per circa una quarantina di giri  (dei 200 in programma) guidava con disinvoltura e decisione, tanto da meritarsi il nomignolo di “Terror of the track”.

Ma, yella cattiva!, una valvola difettosa del bocchettone, alla 44.ma passata, troncava “il sogno nell’ovale” di uno dei più brillanti personaggi dell’auto italiana.

JERRY FORSYTHE

Il magnate di Wheeling è affabile, premuroso, cortese, dal tono didattico, instillato dalla esperienza. Ha lo stile, compunto e distaccato del signore. Gli amici lo definiscono un Concord.

Il malaugurato dettaglio del bocchettone non  riuscì a frenare la passione e la decisione del ricco industriale. Tornato alle piste, fa lega col noto tecnico Barry Green – del quale ci siamo interessati di recente – e comincia a puntare il dito su alcune operazioni di sviluppo sportivo. Crea la Formula Atlantic, nel 1994 entra a gareggiare nella Cart PPG con Jaques Villeneuve che vince il titolo di “Rookie of the year.” Nel 1995 decide di partecipare nella  serie CART (Championship Auto Racing Team), in netto contrasto con Tony George, nipote del grande Tony Hulman fondatore dello speedway di Indianapolis, che aveva  “creato” la Indycar, di valore al di sotto della rivale serie  CART.

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ABRUZZOpress – N. 174 del 17 maggio ’10                                                                                                                            Pag 2

Dal Canadà giungono drivers come Greg Moore, Patrick Carpentier Alex Tagliani, Paul Tracy, i quali difendono i colori bianco blu delle vetture di Forsythe (nella foto con Paul Tracy).

Numerose, eccitanti e meritate le vittorie di Paul Tracy che lo premiarono col  titolo di campione della serie. Intanto i regolamenti anti tabacco assotti-gliano la serie e gli sponsors, e Forsythe, con i partner Kalkhoven e Gentilozzi decidono di acquistare tutti i motori Cosworth della serie mentre pone il controllo della gara Molson Indy di Toronto e del G.P. di Long Beach, tutt’ora in vigore.

Nel 1995 Jerry amplia il suo potere d’acquisto incamerando la pista di Monterrey e Mexico City.

Qualche anno dopo la scarsità di sponsors, la guerra fredda con Tony George, in cerca di “assoluto comando” pur non essendo all’altezza della situazione, non accetta di collaborare con la Irl e abbandona il campo motorizzato.

Nel settore commerciale le attività del magnate di Wheelings, alla periferia di Chicago, avrebbero ovviamente, bisogno di un libro.

Jerry Forsythe è Chairman e CEO della ditta INDECK che produce, vende e affitta in tutto il mondo, gigantesche caldaie che scaldano l’acqua producendo vapore, al 90% “asciutto,” ad alta pressione. La ditta si avvale di 75 ingegneri, tecnici e finanzieri, ed un centinaio di addetti alle operazioni giornaliere. La Indeck qualche anno fa fu inclusa al settimo posto tra le numerose compagnie  americane, private, di rapido sviluppo.

Come noto Indeck era il familiare logo che appariva sulle vetture bianco blu (foto) di Jerry. 

Proprietario di vasti ranch e immense estensioni di terreno, nella natia Marshall (Illinois), un anno fa acquistò il Garland Resorts in Lewiston (Michigan), fornito tra l’altro di 4 golf course (campi da gioco di 18 buche) e di tutte le comodità per tutte le stagioni. E chiudiamo qui, senza prima chiedere:

Jerry, quellapassionaccia” per le corse, dove èandata a finire?

«Come sai ho partecipato anche al campionato Atlantic con piloti capaci di concludere in testa alla classifica, ma ormai, cercare di rinverdire un  campionato monoposto appassito, è pressoché sciocco.  Se si osservano gli ostacoli che, quotidianamente, la Irl deve superare,» prosegue Forsythe, «la mancanza assoluta di sponsors che spesso lasciano sul lastrico ottimi piloti (come  il figlio di Bobby Rahal – n.d.r), la mancanza di decisioni in seno al quartier generale della serie, i costi  in continua avanzata, e tanti altri dettagli di vasta portata, vien fatto di dire: Buona fortuna!…»

E chi vincerà quest’anno la 500 miglia?

«Indianapolis è  come una roulette, quando la bandiera a scacchi si abbasserà di sicuro offrirà qualche grande sorpresa. Del resto Indy è fatta così.»

LINO MANOCCHIA

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