Abruzzo

Politica. Mi addolora il grido d’allarme di Flavia Perina, direttore del Secolo d’Italia, che paventa il rischio di chiusura del quotidiano dopo circa sessant’anni di vita

Chieti, 31 Ottobre ’10, Domenica, S. Lucilla – Anno XXXI n. 412 – www.abruzzopress.infoabruzzopress@yahoo.it – Tr. Ch 1/81


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Ap – Nemesi

La fine del Secolo

Mi addolora il grido d’allarme di Flavia Perina, direttore del Secolo d’Italia, che paventa il rischio di chiusura del quotidiano dopo circa sessant’anni di vita. “Ci vogliono cancellare”, è il grido d’allarme della direttora finiana, per nulla sfiorata dal sospetto che il declino del giornale possa essere stato determinato da una cattiva conduzione e dalle giravolte di chi dirige quello che fu un glorioso movimento, di cui il giornale era l’espressione.

Dunque, un altro pezzo del MSI corre il rischio di dissolversi, inesorabilmente, in epoca finiana. Sembra l’ineluttabile nemesi di un disegno distruttivo abilmente programmato e messo in opera da chi, privo di ideali, sembra voglia distruggere ogni testimonianza di un passato di autentici ideali, di dedizioni e di sacrifici.

Considero grave iattura la eventualità della chiusura del Secolo, non solo e non già perché triste evento è sempre da considerare lo spegnersi di ogni voce rappresentativa di un pensiero, di una ideale, qualunque essa sia, ma soprattutto perché di quella “testata” fui, giovanissimo, collaboratore fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1952 per opera di tre colossi del pensiero nazionale: Giorgio Almirante, Filippo Anfuso, Franz Turchi.

Del giornale – che contribuì alla formazione politica di tanti giovani – seguii le vicende, contribuii alla distribuzione anche militante, partecipai con entusiasmo alle sue iniziative, come il grande raduno a Predappio, promosso quando, entro una misera cassa di legno, già usata per il trasporto di sapone, furono restituiti i resti mortali di Benito Mussolini, dal cimitero di Musocco, Milano, a quello di Predappio. Un avvenimento memorabile, con la partecipazione di immenso popolo convenuto da ogni parte d’Italia, per onorare i resti di un Uomo che aveva amato il suo popolo, costruito città ove era malaria e morte, promulgando una monumentale legislazione sociale.

In quell’avvenimento, sul mio tesserino di collaboratore del Secolo, feci apporre le firme autografe dei tre direttori del quotidiano. Una testimonianza che conservo gelosamente, a ricordo di un’epoca che non è più, dissolta da personaggi che calpestano gli altrui ideali, rinnegano il passato, per la propria opportunistica ambizione personale.

Che hanno persino reso inutile l’esistenza di quello che fu un importante e glorioso quotidiano, ora non più rappresentativo di quegli ideali per la difesa dei quali fu fondato…

Marino Solfanelli

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