Italiani all'Estero

Usa. Mario Andretti con gli assi del volante visita le truppe USA

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Ap – Campioni fra i soldati

Mario Andretti

con gli assi del volante

visita le truppe USA

di Lino Manocchia

INDIANAPOLIS, 17 Novembre ’10 – Con l’ausilio coordinativo della Morale Entertaniment, Il 12  gennaio prossimo, la IRL darà il via ad un “Tour di dieci giorni” di importanti  personaggi dell’automobilismo, che visiteranno le Truppe americane stanziate in Europa ed nel Medio Oriente. L’evento ha luogo in concomitanza delle celebrazioni per il centenario della mitica Indianapolis 500.


Mario Andretti sarà il caposquadra di ex celebri assi delle quattro ruote: RutherfordRahal, Foyth, Davey Hamilton, Al Unser e la “Trophy girl” della Irl, Cameron Haven (foto), nonché Terry Angstadt, del direttivo Irl. Possiamo immaginare l’atmosfera che regna tra i soldati  avidi di possede-re un autografo del grande “Piedone”. Si prevede che il “tour” incontrerà da 10 a 15 mila soldati.

Fa parte del programma anche la visita ad una portaerei Usa stanziata nel Golfo persico.

«Porteremo un pezzo dell’America alle Truppe onde dar loro una iniezione di fiducia,» afferma Mario, «e per l’occa-sione farò provare l’ebbrezza della velocità a bordo della “due posti” Indycar, che il pilota di Nazareth guida prima di

una gara Irl, con a bordo  persone di riguardo. Chissà l’emozione che proverò nel  guidare con alle mie spalle un generale,» commenta ridendo Mario, l’Uomo che non invecchia mai.

A 63 anni l’oriundo istriano (nella foto intervistato dal nostro lino Manocchia) incappò in un incidente durante le prove ad Indfianapolis, a rischio di morire. Provava una Dallara-Honda del team Michael Andretti (patron della “Andretti-autosport”  ad una media intorno ai 350 km, quando  lo svedese Kenny Brack sbatté dinanzi a lui. Mario che non evitò i detriti, compì un  volo  terribile uscendone fortunatamente incolume.

«Forse a 63 anni è giunto il momento di… rilasciarsi,» sentenziò l’oriundo. «Uomo coraggioso e generoso,» disse di lui Enzo Ferrari, «serio profes-sionista, idolo d’America, salito alla gloria di Indianapolis, è diventato campione del mondo di F.1,

ma non con una Ferrari. E’ sospinto da una voglia straripante di vittoria, una volontà assoluta, cocciuta,di arrivare al vertice.»

E  la icona della velocità che  ha raggiunto il  vertice, ora assapora il valore di una simile conquista.

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ABRUZZOpress – N. 435 del 17 novembre ’10                                                                                                                        Pag 2

Mario ci spieghi il tuo pensiero sull’American dream?

«Senza  esagerare debbo riconoscere di essere fortunato ed in grado di poter parlare del “sogno americano”. Io, giovane emigrante, e la mia famiglia, approdammo a Nazareth (che tutt’ora vive li) ed ho raggiunto l’apice delle opportunità che mi hanno creato tra l’altro l’alone di “bravo pilota.”»

Sempre modesto il Commendatore, sindaco del libero Comune di Montona in esilio (Istria).

Mario, si registra un calo di spettatori nelle gare Nascar, A cosa  lo attribuisci?

«Col tempo, anche per i piloti, sopraggiunge l’effetto “cycle”. L’età, la mancanza di sponsor, e altri dettagli impongono l’addio alle armi. Come i piloti anche i fans attraversano l’effetto “ciclo”. Il costo dei biglietti, la spesa per andare alle corse con la famiglia, il sistema adottato dalla serie, il cambio dei piloti, tutto contribuisce  ad abbassare il prestigio – e di rimando l’importanza di una corsa – abbinato al calo dei fans. E la Nascar, per quanto si possa definirla “sovrana”, sta attraversando un periodo non certo aureo.»

Della Irl puoi fare un commento?

«Non  si accusi di partigianeria per il fatto che mio figlio Michael e patron di quattro vetture con piloti validi – e mio nipote Marco ne guida una. Ma la verità è che la situazione attuale potremmo definirla “di mezzo”. Il nuovo Presidente Bernard – Mario prosegue Mario – sta apportando diverse novità, molte delle quali  si concretizzeranno nel 2012, quando avremo la nuova vettura e  i nuovi motori. Per l’anno prossimo scompare qualche pista non redditizia ed in contrasto con la Nascar, per il resto guardiamo fiduciosi al futuro. Qualche pilota Irl  parla di passaggio dalla monosposto alle rombanti vetture stock, ma saggiamente applicano la tradizionale sentenza: ”Chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quel lascia non sa  quel che trova.” Per adesso solo la Danica Patrick sembra ambientarsi, ma non  favorevolmente, in quanto i risultati ottenuti in una diecina di gare appaiono deboli e spesso incalcolabili.»

Come facevi a spingerti sempre al limite?

«Negli anni Settanta guidavo tutto quello che mi capitava tra le mani, dalla F.1 alle Midget. Spesso mi chiedo: Qual è il punto estremo per un pilota. Esiste? O è il frutto dell’immaginazione di ogni pilota, come io penso. Il limite è determinato dal feeling che si misura con il proprio mezzo e siamo noi che lo definiamo. Chi può dire – conclude Mario –  che non potrebbe essere altro al punto che noi riteniamo insuperabile.»

Già, chi lo può dire?

L. M.

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