Lettere

Lettere. Antimafia e Festa Repubblica: la fiera della (vuota) retorica di Napolitano e Co.

Spett.le Redazione,

A parole vengono declamati i più grandi ideali democratici e s’invoca
la lotta civile contro le mafie. E nei fatti si chiude TeleJato, la Tv
di Pino Maniaci, unica d’antimafia d’Italia e si esegue
un’incostituzionale parata militare

“Retorica, retorica, retorica a buon mercato!”. Sembrano voci di uno
dei tantissimi mercati rionali che animano le piazze di tante parti
d’Italia. E invece è la cronaca politica e sociale delle ultime
settimane. Il ventennale della strage di Capaci, i funerali del
sindacalista Placido Rizzotto (il cui corpo han finalmente trovato
degna sepoltura dopo decenni) e, fra pochi giorni, la Festa della
Repubblica stanno offrendo occasioni per altissimi discorsi
celebrativi e un immenso mare di retorica. Napolitano, addirittura
commosso nel giorno del funerale di Placido Rizzotto, ha ripetuto le
parole di Giovanni Falcone sulla mafia che prima o poi troverà una
fine come ogni “fenomeno umano” e invocato l’opposizione sociale e
civile contro ogni mafia della società civile.

E’ la stessa invocazione che fece il 16 Novembre 2006 davanti a don
Ciotti e all’associazione Libera, riuniti a Roma per la prima edizione
di Contromafie. Ricordammo in quell’occasione che Napolitano era (ed
è) rappresentante delle stesse istituzioni che, mentre “la società
civile si è sempre impegnata nel fronte antimafia. In questi anni è
proprio la politica, ufficiale, di palazzo, che è stata latitante,
pesantemente assente (tranne quando era in manette)” chiudendo
affermando che “l’antimafia sociale ogni giorno innerva il tessuto
civile italiano alle frontiere della legalità, nei luoghi dove più il
peso mafioso e camorristico è imperante” ma ha bisogno di “un serio e
profondo impegno della politica” e non di appelli e retorici discorsi
che rimandano sempre ad altrui responsabilità.

Il 14 luglio 2009 si denunciava che “Pino Maniaci ha rischiato otto
anni di carcere, strumentalmente trascinato in tribunale dai poteri
forti che lui quotidianamente denuncia. E, in questa vicenda, l’Ordine
dei Giornalisti Siciliano (quello di cui, da anni, Riccardo Orioles
denuncia la latitanza e la connivenza con Mario Ciancio Sanfilippo) è
stato protagonista fino alla fine. Costituendosi parte civile e
accusando Pino di ‘abuso dell’esercizio della professione di
giornalista’ in quanto non iscritto all’ordine (in realtà gli è stato
impedito …)”, una vicenda che evocava pesantemente il ricordo di
Antonio Russo, che ebbe identica sorte prima di essere ucciso sulle
alture del Caucaso. E mentre accadeva questo le decine di quotidiane
denunce di Pino e le intimidazioni, le minacce che quotidianamente
subiva(e subisce) cadevano nell’indifferenza istituzionale.

Oggi la situazione è ancora peggiore. La rivista Casablanca, fondata
proprio in quegli anni da alcuni dei collaboratori storici di Pippo
Fava (giornalista assassinato dalla mafia nel 1984) sopravvive, ma
solo sul web. Da anni ormai non è più possibile stampare il periodico,
che viene diffuso solo sul sito http://www.lesiciliane.org/casablanca.
TeleJato, la televisione antimafia di Pino Maniaci di San Giuseppe
Jato, sta per chiudere per “ordine di Stato”. Fra pochi giorni in
Sicilia avrà inizio lo switch-off, il passaggio al digitale terrestre.
E TeleJato sarà costretta a chiudere, non più autorizzata. Per la
legge Mammì TeleJato, in quanto televisione comunitaria, è una onlus
che non ha un bilancio che consente di partecipare all’asta per le
frequenze del digitale terrestre. Se non si è una grande impresa
commerciale e non si è dotati di enormi capitali non si può più
trasmettere…

“L’Italia è una Repubblica democratica” recita il primo articolo della
Costituzione. Quella Costituzione invocata ad ogni occasione e ai cui
altissimi ideali civili dicono tutti di ispirare e uniformare la
propria azione politica, da Napolitano in giù. Repubblica viene dal
latino res-pubblica, cosa pubblica. Ma loro al bene della “cosa
pubblica”, alla democrazia, alla libertà di espressione (art. 21 della
Costituzione) hanno preferito, stanno nettamente ponendo avanti
l’economia più spicciola, la forza del denaro e delle lobby
mercantili. Se non si è una grande impresa commerciale e non si è
dotati di enormi capitali l’articolo 21 non conta e la denuncia delle
mafie e dell’illegalità diventa solo un insignificante dettaglio.

La Repubblica è democratica. E se c’è un qualcosa che democratico non
è e, anzi, ne rappresenta la totale negazione, è l’uso delle armi,
l’esistenza degli eserciti e l’esercizio della guerra. Gli eserciti
fanno guerre, e le guerre uccidono, non costruiscono ma distruggono.
La guerra è morte, dalla guerra nasce solo altra guerra. La forza
militare è l’esatto opposto, il contrario più totale della democrazia.
Essa è depositaria della violenza più bruta, che cancella ogni ratio e
dove prevale solo l’arroganza e il ferro. Una democrazia non può
quindi mai e poi mai esaltare la violenza delle armi, la potenza del
proprio apparato bellico. Essa dovrebbe invece addirittura averne
vergogna, in quanto la “necessità” delle armi è una sua sconfitta, una
sua resa. Eppure, ancora una volta, anche quest’anno fra pochi giorni
“celebreranno” la Repubblica con una tronfia e dispendiosissima parata
militare a Roma.

Passano gli anni ma si sente sempre quel grido “Retorica, retorica,
retorica a buon mercato!”…

Alessio Di Florio
Ass. Antimafie Rita Atria
PeaceLink – telematica per la Pace
http://www.ritaatria.it
http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=74&p=3


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