Il Valore dell’Arte
di Tonia Orlando
Di alcune opere d’arte della nostra contemporaneità, in genere, si avverte la difficoltà di capire e quindi di apprezzare quelle dalle pennellate libere, ambigue, di un apparente significato, alle quali ci si arrabatta per dare immagini che solo possano avvicinarsi a quella dell’autore che l’ha prodotta; ci si inquieta se questo non dovesse minimamente accadere e non riuscire a coglierne gli incomprensibili contenuti, che si intersecano in uno strano ordine visivo ed estetico.
Questa arte io mi permetto di chiamarla “disordinata”, ”scombinata”, “sregolata”, “sconclusionata”, ”scarabocchiata”, in quanto non ha nulla di armonico, di composto, di gradevole; si tratta di una riproduzione irriverente della realtà.
In questi casi ci si affatica ad occuparsi, anche solo visivamente, di quelle produzioni artistiche che ”non vogliono comunicare” e che volutamente si ostinano a non avere forma, contenuto e alle quali, l’occhio di chi osserva, è libero di affidare immagini, valutazioni, giudizi strani, bizzarri ed assurdi, certamente lontani dall’idea degli artisti che le avevano prodotte.
Ci si consola, invece, se mai dovesse esserci, con la scelta dei colori, trovandola piacevole, se questa, ad esempio, si avvicini alle tenere sfumature dell’azzurro mare o cielo, fino alla lavanda o alle calde tonalità del marrone terra o sabbia che sfumano verso il bianco conchiglia.
Un’opera d’arte deve poter suscitare un sussulto, trasmettere un significato nel quale riconoscersi, configurare l’immagine rappresentata attraverso squarci di memoria, di vissuto, che in un tempo rapidissimo, colpisce l’attenzione riempiendola di intensità e di calore.
L’arte, in realtà, compie una operazione oltre che soggettiva, in quanto scaturisce e trascrive pensieri fortemente individuali, di interesse comune se preposta alla “offerta” dei pensieri stessi e se con l’impiego di colori e di tecnica pittorica, costruisce immagini, in una esplosione di necessità che l’artista avverte e che vuole “avere in comune” con il mondo. Un’opera “pennellata” rappresenta un “grido” dell’autore stesso, che vuole guadagnarsi il suo spazio nella “vita”, per sentirsi meno solo nel viaggio comunicativo che intraprende con gli “altri”.
“L’opera” diventa, così, fortemente empatica quando riesce ad essere chiara, immediatamente fruibile e si avvicini il più possibile alla realtà che è nelle cose e che, seppur con toni delicati e sfuocati, ne riproduca l’effetto, la magia, l’intensità.
Il linguaggio si fa accessibile, permette una comprensione sociale, universale, vicina al parlato di tutti, perché nasce da uno sguardo incantato delle cose e si presta ad una lettura “universale”.
Forse in questo caso l’artista riproduce le intuizioni della vita, attraverso immagini raffinate ed esclusive che, al tempo stesso, grazie al prestigio del suo talento, può anche avere la forza di rendere migliori coloro che ammirano e richiamarli ai loro sentimenti più puri.