Il vento del cambiamento
SI COMINCI DAL TERRITORIO:
VIA LA CASTA
di Eden Cibej
Il forte vento di cambiamento che soffia sull’Italia – le cui prime correnti non comiche ma a ragion veduta si erano già avvertite con Matteo Renzi nelle primarie del Pd – sembra essere stato interpretato dai Partiti storici come la necessità di modificare i loro vertici nazionali sostanzialmente trascurando le loro strutture esistenti sul territorio. E’ da queste, invece, che deve partire il cambiamento perché è sul territorio che si conservano da tempo immemorabile vere e proprie “monarchie” di piccoli e medi personaggi che negli anni hanno creato una rete di compiacenze e di favori attraverso i quali hanno potuto costituire autentici protettorati, baronie, marchesati, onde garantirsi un potere inalterabile nel tempo.
Gli uomini sono sempre gli stessi: a rotazione si spartiscono incarichi pubblici su scala sempre a salire: dal Comune alla Provincia, da questa alla Regione, dalla Regione al Parlamento. Poi spesso c’è la carriera di ritorno: dal Parlamento alla presidenza di un ente pubblico, naturalmente con ottima retribuzione. Non hanno mai lasciato niente agli altri, come se oltre a loro tutti fossero incapaci di intendere e di volere. Eppure in molti casi si tratta di persone assolutamente mediocri, prive di talento e di cultura; pronte solo a sfruttare la fedeltà al colore del Partito in nome del quale tanti elettori, come si sa, voterebbero chiunque venisse candidato.
Adesso però la rivolta popolare è divenuta incontenibile: se nel recente passato sono emerse figure come Berlusconi e Bossi; se oggi il legittimo “basta, non ne possiamo più” urlato da molti cittadini porta a votare persino un comico che appena parla di politica economica dice castronerie come l’uscita dall’euro ed il non pagamento del debito pubblico, la colpa è solo della immutabilità dei partiti politici pronti, sempre, a circondarsi di mezze figure utili a farli emergere che a setacciare la società in cerca di persone serie e capaci per la migliore gestione della cosa pubblica nella tutela dei legittimi interessi del cittadino.
Tutta questa gente – amministratori incapaci e dirigenti di partito che li hanno protetti con colpevoli silenzi – adesso deve andare a casa; ne va del futuro di tante famiglie e delle prospettive per i giovani che non trovano sbocchi nella società italiana anche quando possiedono titoli e talento.
Non sarà la comicità di piazza a dare lavoro a chi non ce l’ha: non è materia per improvvisatori alla Grillo il quale dichiara di aspirare al cento per cento dei voti evidentemente senza accorgersi che ciò porterebbe a un Parlamento con Partito Unico, esattamente come era nella fradicia Unione Sovietica: è questa la grande rivoluzione di Grillo? Piuttosto si metta a studiare!
E’ urgente cambiare: ad esempio, quando un sindaco non è andato bene non ci si libera di lui promuovendolo alla carica superiore ma semplicemente rimandandolo a casa. E quando si fanno le primarie non si dissotterrano vecchi limoni spremuti ma si aprono le finestre e si guarda cosa c’è nella società civile.
Nelle piccole realtà locali non è raro il caso di politici di professione che non paghi del benessere raggiunto con i lauti stipendi delle Istituzioni italiane mantengano le mani sulla città non esponendosi mai ma lavorando sottotraccia nei corridoi del Partito allo scopo di mantenere in essere una monarchia di nessuna utilità per i cittadini.
Nel prossimo futuro dipenderà dalla loro saggezza arretrare nel silenzio o preferire il ritorno alla notorietà nel confronto tra quello che essi hanno ricevuto dalla politica e quello che è stato concesso a quei lavoratori sulle cui sofferenze altri hanno edificato una carriera politica.