Il saggista Luca Nannipieri oggi sul Giornale:”Prendiamone atto: ogni nostra proposta sulla cultura viene totalmente ignorata dai politici
Il saggista Luca Nannipieri oggi sul Giornale:“Prendiamone atto: ogni nostra proposta sulla cultura viene totalmente ignorata dai politici. Il nostro è sempre più il sogno dell’idiota.Occorre un cambio di passo soprattutto tra di noiche ‘viviamo’ di cultura. Possiamo infatti continuare così?”
Oggi sul quotidiano Il Giornale il saggista e critico Luca Nannipieri tende la mano a tutti coloro che vivono “attorno” alla cultura affinché prendano atto della pressoché totale ininfluenza di ogni proposta sulla cultura avanzata a politici e parlamentari e, di fronte a tale inefficacia, muovano ad un’azione concreta e comune. Ecco l’articolo integrale e in allegato il pdf:
<<La peggiore tortura degli etruschi era legare un vivo ad un cadavere. Molto più del ferro rovente o della fustigazione, gli antichi toscani sapevano che il patimento più estremo era vedersi legati per giorni ad un corpo che non ha più vita. Quando una cosa smette di essere viva, noi uomini non la riconosciamo. La isoliamo, la allontaniamo da noi. Seppelliamo i nostri defunti. Abbandoniamo i luoghi in rovina. Ciò che non è sentito vivo, viene emarginato, al punto che esserne legati, per costrizione, diventa la più intollerabile delle torture.
La cultura in Italia non è più sentita come un argomento vivo. Sono sempre più afoni gli editoriali, gli appelli, le interviste sulla necessità di dare priorità assoluta ad una rivisitazione politica, istituzionale e collettiva della cultura e della ricerca. Escono pressoché quotidianamente, ma né la politica nazionale e locale né la maggioranza dei cittadini appare interessata. Nell’indifferenza politica vengono pubblicati e nella stessa indifferenza generale se ne vanno. Non si riesce a fare un passo avanti. Prendiamone atto.
Sono appena usciti due libri, Le pietre e il popolo dello storico dell’arte Tomaso Montanari (Minimum fax, euro 12) eLa cultura si mangia! degli scrittori Bruno Arpaia e Pietro Greco (Guanda, euro 12). Sono gli ultimi volumi di una nutrita schiera di altre opere di riflessione sulla necessità di un ripensamento complessivo della cultura, uscite nei recenti anni e finite anch’esse nella sordità politica: Salviamo Firenze di Luca Doninelli, Il nuovo dell’Italia è nel passato di Andrea Carandini, Azione popolare di Salvatore Settis, Italia reloaded di Caliandro e Sacco, La madre dei Caravaggio è sempre incinta dello stesso Montanari, Humanities e innovazione sociale di Michele Dantini, fino ai libri di Ilaria Borletti Buitoni o Carlo Petrini o Vittorio Sgarbi.
Il punto esiziale è il seguente: il disinteresse a cui vanno incontro questi testi. Ogni discussione sul contenuto di un libro sulla cultura deve essere preceduta dalla chiara consapevolezza che non riceverà rilevanza politica. Questo non accade in altri paesi: in Francia nel 2007 il Louvre stava accordandosi con l’Emirato di Abu Dhabi per aprire laggiù delle sedi distaccate e affittarvi molti quadri; Jean Clair, già direttore del Musée Picasso, e altri cittadini hanno sollevato un ampio dibattito nazionale che ha portato alla provvisoria sospensione del progetto, approvato poi quest’anno. In Italia una simile discussione pubblica è fantascienza.
La tesi di fondo del libro di Montanari è questa: la Costituzione (art.9) ha consegnato il patrimonio storico-artistico ai cittadini sovrani e i cittadini devono far tutelare e gestire questo patrimonio dallo Stato che lo garantisce come bene comune e fonte di educazione e di studio. Dunque occorrono forti investimenti pubblici, anche per inibire le controspinte privatistiche che negano gli interessi della collettività.
La tesi del libro di Arpaia e Greco è sostanzialmente complementare: la cultura è un fattore di sviluppo economico. Con la cultura si mangia e si deve mangiare. Ma per essere competitivi a livello mondiale è necessaria una rapida re-industrializzazione fondata sulla produzione di beni e servizi ad alto tasso di conoscenza e di creatività. Dunque servono investimenti in cultura, ricerca, formazione, arte. E’ lo Stato che detta la partita.
Gli autori dei due volumi sono dunque concordi: il futuro della cultura risiede nelle risorse dello Stato.
Più che contraddire una simile posizione, a mio giudizio poco difendibile, la conduco al suo inevitabile vicolo cieco:Montanari, Arpaia, Greco, che fare se nessuno, anzitutto i politici, vi ascolta? Che fare se anche questi libri finiscono nellirrilevanza come gli altri?
Il problema oggi è l’irrilevanza politica e civile di ogni proposta sulla cultura, più che la giustezza o meno della proposta stessa. Finché non combattiamo questo, anche assieme, riunendosi anche se da opposte visioni, ogni riflessione sulla cultura rimane un fiacco “dover essere” che giace sui libri e che non ha incidenza nella realtà.
Finora ciascuno va per la sua strada come gatti selvatici. Il risultato è tante proposte sul tavolo, e l’ininfluenza più totale. Possiamo continuare così?>>
Francesca Briganti