Teramo e Provincia

Teramo. Discorso del Sindaco di Teramo Maurizio Brucchi per le celebrazioni della Festa della Liberazione – 25 Aprile 2013

Discorso del Sindaco di Teramo Maurizio Brucchi per le celebrazioni della

Festa della Liberazione – 25 Aprile 2013

Autorità civili, militari, religiose, associazioni dei combattenti e dei reduci di guerra, associazioni partigiane,  cittadini tutti,

il primo saluto che intendo porgere oggi, in coincidenza con una cerimonia così solenne e significativa, è rivolto – a nome di tutti i presenti –  al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da pochi giorni di nuovo eletto alla più alta carica dello Stato, con una votazione che ha fatto registrare la convergenza delle maggiori forze politiche rappresentate dai Grandi Elettori.

Le attese, le speranze, la fiducia di tutti gli italiani sono riposte in una personalità che torna ad assumere un ruolo che è alle fondamenta della nostra convivenza civile e che rappresenta, anche dal punto di vista simbolico, l’unità del Paese, la sua capacità di procedere, nonostante le difficoltà che in questo eccezionale periodo storico stiamo attraversando.

Formuliamo, allora, anche da qui e con la felice circostanza odierna, gli auguri più profondi e partecipati al Presidente della Repubblica.

La Sua elezione, per le modalità e le ragioni con le quali è avvenuta, può essere presa a spunto anche per le riflessioni che le celebrazioni del 25 Aprile dettano.

Giorgio Napolitano ha compiuto la propria formazione politica ed umana, militando tra i Partigiani, mossi dalla volontà di liberare l’Italia dalla dittatura. Una formazione, quella del Presidente, che ha avuto come cardini alcuni princìpi, dei quali ancora Giorgio Napolitano si è fatto interprete e portatore nel suo settennato da poco scaduto e nella decisione, sofferta, di tornare di nuovo a guidare il Paese.

Tali principi, tali valori, sono stati sottolineati, nei giorni scorsi, da tutti i commentatori, dai principali esponenti politici, dagli intellettuali, perché su di essi si sostanzia – come monito esemplare e come punto basilare – la vita democratica e libera di un Paese.

Essi sono la concezione della democrazia come istituzione che tutela e valorizza cittadini e ruoli sociali; la salvaguardia del diritto al perseguimento degli obiettivi personali e sociali nell’uguaglianza delle opportunità; la tutela dei diritti, privati e di cittadinanza; e, naturalmente, il rifiuto del totalitarismo.

A questi credo sia opportuno aggiungere altri elementi, che proprio la natura dei tempi che viviamo suggerisce con forza, sebbene nella loro definizione sfuggano ad una sintetica rappresentazione: la speranza e fiducia nelle risorse d’intelligenza e di lavoro di cui il nostro Paese dispone.

Ecco, allora, che si compie qui una speciale sintesi tra i valori che si perpetuano da quel 1945 e

le speranze che sostanziano la nostra volontà di ripresa, per fortuna mai vinta – sebbene in questi periodi messa a dura prova

Nell’aprile del 1945  si giunse all’epilogo di un periodo cruento, amaro, terribile, ma la lotta di Liberazione che sancì la conclusione dell’occupazione nazista e la fine del regime dittatoriale fascista, aprì orizzonti entusiasmanti e promettenti. Nacque allora, un nuovo Paese, le cui parole unificanti divennero l’uguaglianza delle persone, la libertà in ogni sua forma, la solidarietà, l’equilibrio dei poteri nella rispettiva autonomia. La democrazia divenne un assoluto valore, un patrimonio collettivo e un bene per ciascun cittadino.

Per arrivare a ciò, si sommò il contributo di uomini di differenti orientamenti: cattoliciliberalisocialisticomunisti,azionistimonarchici.

Quante analogie, con l’attualità!

Anche oggi, per guardare con fiducia al domani, e per porre le basi della sua costruzione, abbiamo dovuto ritrovare le ragioni dell’unità, abbiamo dovuto far appello al senso di responsabilità, che non è mancato, abbiamo dovuto ritrovare i capisaldi del nostro agire. Si è così evitata la deriva dell’inconcludenza,  il rischio del disincanto, la paralisi dell’impotenza.

Quel 25 Aprile di 68 anni fa, non ancora usciti dall’eco della guerra, dal riverbero dell’odio, dalla ripercussione delle divisioni, i nostri padri seppero trovare le ragioni per tornare a chiamarci Nazione, seppero individuare la strada da percorrere, senza nascondere difficoltà e fatiche.

Oggi possiamo tornare a fare come allora, vivere il contingente con lo stesso atteggiamento e fare della rievocazione non una operazione di puro idealismo ma un atto per mezzo del quale mettere a fuoco ragioni, prospettive, punti di forza.

Sia chiaro che, come il Presidente ha sottolineato nel suo discorso di insediamento, è ora più che mai necessario far ammenda delle responsabilità – non quelle delle persone ma dei comportamenti, delle scelte fatte o mancate – che hanno condotto ad una situazione tanto grave quanto pericolosa. E allora, proprio nella consapevolezza di tali responsabilità, appare oggi ineluttabile procedere verso il percorso che, paradossalmente, fu indicato 68 anni fa: la fiducia nei partiti e nella rappresentanza politica e parlamentare, la necessità di affrontare le questioni sociali aperte, innanzitutto attorno al tema del lavoro e del futuro.

Ritengo che ora sia giunto il momento di tornare a parlare, a confrontarsi; è indispensabile tornare a condurre l’opinione pubblica verso la fiducia nei propri rappresentanti; è improcrastinabile recuperare il valore formale e sostanziale delle istituzioni, che sono non un apparato esterno al corpo sociale e mal digeribile ma invece ne costituiscono l’ossatura, l’impalcatura che tutto lo sostiene.

La democrazia è lavoro, famiglia, libertà; è diritto di pensiero e di credo religioso, è diritto all’affermazione professionale e personale. La democrazia è l’anelito alla libertà e all’unità.

In una giornata come l’odierna, bisogna tornare a dire  che tutti dobbiamo impegnarci a tenere salda, giorno dopo giorno, la democrazia. Ciò significa esser capaci di nuove aperture e di irrinunciabile dinamismo. Basati sugli insegnamenti della storia, sui sacrifici dei nostri padri e sulle nostre capacità di costruire un Paese migliore.

Grazie

Viva il 25 aprile ! Viva l’Italia unita!

Maurizio Brucchi, Sindaco di Teramo

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