Paolo Moiola, Nelle mani di Golia. I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete), Gabrielli, Verona 2012
Una dettagliata e documentata opera enciclopedica:
Paolo Moiola, Nelle mani di Golia. I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete), Gabrielli, Verona 2012
Introduzione di Paolo Pagliai e Giuliano Pontara.“Il dovere di indignarsi”: Postfazioni di Paolo Farinella e Gianni Minà.
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Paolo Moiola, Nelle mani di Golia. I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete), Gabrielli, Verona 2012
Nelle mani di Golia. I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete).
A cura di Paolo Moiola
Introduzione di Paolo Pagliai e Giuliano Pontara
“Il dovere di indignarsi”
Postfazioni di Paolo Farinella e Gianni Minà
Recensione di Laura Tussi
Editori Gabrielli, Verona 2012
Una dettagliata e documentata opera enciclopedica, a cura di Paolo Moiola, dal titolo “Nelle mani di Golia. I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete)”, coniuga il pensiero di illustri docenti universitari, preti di frontiera, giornalisti e studiosi, per cui “Golia” incarna e rappresenta tutti i poteri forti che impongono ingiustizie, discriminazioni, violenze e razzismo, nell’era della globalizzazione mercantilista, della crisi sistemica e della Rete, con ripercussioni negative devastanti sui diritti della donna e dell’uomo.
La Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’Uomo e la Magnifica Comunità della Valpolicella, di carattere culturale e di promozione sociale, nata dall’idea dell’Editore Emilio Gabrielli, hanno apportato un importante e notevole contributo di pensiero alla realizzazione di questa opera dai caratteri enciclopedici e universalistici. Il libro nasce dall’esperienza diretta della rivista “Missione Consolata” di Torino, il cui redattore responsabile, Paolo Moiola, attraverso i vissuti del mondo della missione, apporta un alto sguardo di insieme, di tipo universalistico, che trasferisce in tutte le personali pubblicazioni, tra cui anche “Donne per un altro mondo”. Infatti le donne dei paesi emergenti valorizzano la storia del proprio territorio, dei luoghi di periferia e di marginalità. E così, da queste attente riflessioni, scaturisce il tema dei diritti umani, i diritti dei più deboli. È necessario aiutare i popoli a prendere coscienza piena e attiva del diritto di non essere impoveriti nei rapporti tra Stati, negli scambi di latrocinio, che indeboliscono la coscienza della dignità delle genti. Dunque è compito di chi ha coscienza difendere i diritti degli ultimi, richiamando il dovere del riconoscimento dell’altro. L’opera “Nelle mani di Golia” rappresenta un’alta ed estrema sintesi rispetto ai temi dei diritti umani, che giunge all’esplosione di invettive nei confronti di chi governa e di chi gestisce e guida l’economia. Dall’analisi di plurime prospettive, particolari visioni e profonde riflessioni, nasce un volume ponderoso, tramite un’aperta e universale panoramica della complessità mondiale dei casi di violazione dei diritti umani, che si compone di precise parti e sezioni:
– Della Storia e dell’Evoluzione: da Locke all’era della globalizzazione neoliberista e della restrizione e precarietà dei diritti.
– Dei Diritti sotto attacco: tortura, terrorismo, donne, minori, acqua, cibo, salute e diritti riproduttivi, diritti economici, terra e proprietà privata, ambiente.
– Dei Diritti nell’Era Digitale
– Dei Continenti e dei Paesi
– Dei Diritti degli “altri”
– Delle Religioni
– Dei Doveri: dei Singoli e degli Stati
– Sul Dovere d’indignarsi
– Materiali di lavoro: dal 1948 (Dichiarazione Universale) al 2012 (Summit di Rio)
I diritti umani purtroppo appaiono come l’emanazione culturale non dell’intera umanità, ma della parte caratterizzata dalla cultura occidentale, per secoli dominante e colonialista, nella mancanza di una cultura di pace, come commenta Paolo Pagliai. Per i poveri è l’indigenza stessa a violare tutti i diritti senza distinzione, nel disprezzo del valore della diversità, nell’indifferenza o nell’odio per il più debole, l’ultimo, l’emarginato, l’escluso, come scrive Giuliano Pontara.
Allo Stato, inteso come comunità politica, spetta il compito di garantire la qualità della vita delle persone, (sostiene Alessandra Algostino), in quanto il cammino dei diritti ha l’obiettivo di coniugare libertà individuale e giustizia sociale, l’”io” e gli “altri”, soprattutto in un’epoca in cui la crisi economica, la paura del “terrorismo” e la mancanza di efficaci politiche globali hanno fatto riemergere pulsioni e paure razziste e xenofobe. Maria Romero denuncia quanto la violenza contro le donne sia un’evidenza quotidiana, dove appunto la “povertà è donna”, e invece “senza distinzione di sesso” recita l’articolo 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Come espone Chiara Blengino, sono milioni i minori impiegati in lavori pericolosi: restituire i bambini alla scuola e ai sogni propri della loro età non è facile, ma è possibile: per convincere i soggetti avversi, le multinazionali, occorre la spinta della società civile. Nella Dichiarazione del 1948 e nella maggior parte delle Costituzioni nazionali, i diritti dei lavoratori sono ampiamente tutelati. Ma la realtà è diversa, come dimostrano le cifre degli incidenti sul lavoro e le malattie professionali, per non parlare dello sfruttamento del lavoro minorile e femminile. L’amianto uccide tuttora, dall’Eternit all’Ilva per fare profitti sulla vita delle persone, come approfondiscono Roberto Topino e a Rosanna Novara. Il profitto è tutto e il lavoro non conta niente, perché il capitalismo iperliberista impone la tragica lacerazione di una “vita senza lavoro o di un lavoro senza dignità”, nel difficile paradosso, nel becero ricatto capitalista tra vita e salute o lavoro e morte, dove lo stato sociale è assente nell’emancipazione dal bisogno, per cui l’ambiente, l’assetto e l’equilibrio ecologici dovrebbero essere considerati un “Bene Comune”, un diritto da difendere e da tutelare per la collettività presente e per le generazioni future. Ma non è così. Siamo fagocitati dal capitalismo dei consumi e dalla moltiplicazione dei bisogni, nell’attivazione di uno spasmodico “sviluppo” che esclude orizzonti di decrescita e nuove prospettive e innovativi modelli di crescita ecostenibili ed equosolidali, anche attraverso l’estensione dei “diritti digitali” e della Rete quale strumento economico, educativo e partecipativo, ossia con maggiore trasparenza nella Rete e la diminuzione degli oligopoli, dove la crescita uccide i diritti, perché chi pensa diversamente dal sistema globale è in pericolo, tramite il “modus operandi” della repressione, per cui il potere decide chi merita di vivere e chi di morire. Con la polizia e i militari gli abusi diventano legge, tramite l’imprimatur della violenza. Lo sviluppo neoliberista e i diritti umani risultano incompatibili, dove il diritto alla libertà di espressione è fortemente minato come quello alla libertà di religione e di opinione, mentre imperversa la minaccia all’eguaglianza di genere e si impone spietatamente il razzismo, per cui l’omosessualità viene punita e l’omofobia è viva, presente e tollerata, calpestando il limite invalicabile dell’altro. Dunque sui diritti umani sussiste molta ipocrisia e noi tutti dovremmo sentire “il dovere di indignarci”, come sostiene Gianni Minà. L’ortodossia neoliberista ha fatto strame dei diritti, denuncia Paolo Farinella, e la sentinella dell’etica e del bene comune, la Chiesa, è colpevole di latitanza e mancanza di presa di posizione etica e morale rispetto al regime di corruzione, di illegalità, di sfruttamento e ingiustizia sociale che imperversa non solo a livello globale, ma anche nel nostro Paese.
Note:
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cultura/Recensioni_1368129236.htm