Ap – Interventi
I taciuti/vietati dubbi
sulla perfetta e adorabile costituzione italiana
di Piero Vassallo
Perché un numero in continua crescita di italiani si astiene dal voto? Perché l’uomo della strada manifesta sfiducia, disprezzo e persino odio nei confronti dei politicanti? Perché il discorso dei membri del parlamento è sempre più intonato al politichese e sempre più lontano dai reali, urgenti problemi dell’uomo della strada? Perché i governanti obbediscono servilmente alle continue intimazioni dei banchieri apolidi e dei fantocci insediati a Bruxelles, piuttosto che soddisfare le legittime esigenze del popolo italiano? Donde la sicumera e la spocchia di una categoria di potenti, ricchi ma poveri di idee, ruggenti ma di eloquio sgangherato e irritante, superbi ma di aspetto meschino e antipatico?
In altre parole, come è possibile che gli eredi di Antonio Gramsci e di De Gasperi si riconoscano nel muggito collerico di una Rosy Bindi, nelle zingarate abbaianti del sindaco di Firenze Matteo Renzi o nei serpentini sospiri di Enrico Letta? E perché, nella gora destra, gli eredi dei boccacceschi Guido e Buffalmacco e i nipoti di personalità capaci di ironia e di dileggio, quali Pirandello, Marinetti, Pitigrilli e Bottai, prestano ascolto, senza ridere e senza dar segno d’imbarazzo, alla gracidante Carla Meloni e/o al ringhiante Ignazio La Russa?
Quale disgraziato meccanismo ha prodotto una classe che riproduce le figure di un umiliante e risibile bestiario?
Scartata l’ipotesi che nel parlamento siano rappresentati il passato e il presente della nazione italiana, si pone una domanda: è possibile che il bestiario sia generato da uno strutturale difetto della macchina che produce la classe politica?
I politicanti, imperterriti, infatti, lanciano reciproci anatemi e producono autistici sussurri davanti a un pubblico sempre più irritato, ma non sanno giustificare razionalmente la legittimità del loro potere.
L’avversione popolare ai protagonisti della commedia politica è segnale inconfondibile di un malessere che ha sede nella radice assolutista della democrazia italiana. E’ chiara indicazione della causa profonda della disfunzione strutturale del sistema.
In altre parole: è finalmente lecito ritenere che la costituzione della repubblica non discende da quella perfetta, limpida, fonte della civile felicità, che è lodata e adorata continuamente dalla classe politica e dai reggi coda festanti nelle sedi dei giornali allineati e delle furenti reti televisive.
Chi rammenta la storia della nascente repubblica sa che una costituzione conforme ai princìpi viventi nella coscienza e nella storia del popolo italiano fu scritta da un illustre filosofo giusnaturalista, Guido Gonella, e bocciata da Alcide De Gasperi perché giudicata non accettabile dagli alleati laici/atei della Dc.
Implacabile critico della politologia hegeliana, Guido Gonella si era laureato in filosofia nel 1928, discutendo una tesi sul pensiero di Charles Maurras e sulla critica dell’individualismo. In seguito Gonella si laureò in giurisprudenza e fu collaboratore di un insigne maestro quale Giorgio Del Vecchio.
Gli italiani non rassegnati alla sistematica censura e falsificazione della memoria storica sanno che la costituzione è stata concepita come alternativa al progetto di Gonella, nel quale era contemplata la fedeltà ai principi del diritto naturale.
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ABRUZZOpress – N. 199 del 19 settembre ’13 Pag 2
La vigente costituzione è il risultato di un compromesso sottoscritto, contro l’opinione di Gonella, nel nome della laicità e della timidezza. Un patto infelice, che introduceva nella costituzione un errore generato dall’illuminismo, la sovranità popolare.
Ora il concetto di sovranità popolare, in quanto attribuisce alla massa anonima il potere assoluto di decidere sulle leggi e sulle finalità dello stato, è irriducibile alla dottrina politica della Chiesa cattolica.
Scritta nel cuore di ogni uomo, l’esigenza di fondare un ordine civile, infatti, “non può avere altra origine che da un Dio personale, nostro Creatore” (Pio XII, Radiomessaggio nel Natale del 1944).
Secondo l’insegnamento di Pio XII “lo Stato non contiene in sé e non aduna meccanicamente in un dato territorio un’agglomerazione amorfa di individui. Esso è, e deve essere in realtà, l’unità organica e organizzatrice di un vero popolo”.
Prima della politica esistono le società, naturali, la famiglia, le tribù i villaggi. Giorgio Del Vecchio ha dimostrato che lo stato è un potere inteso al coordinamento di società pre-esistenti. Pertanto Pio XII escluse tassativamente “la legittimità di uno stato democratico lasciato all’arbitrio della massa”.
L’auspicato movimento dei moderati non può avere altro inizio che la seria ricerca di una percorribile via d’uscita dal vicolo cieco nel quale si agita la politica conforme al mito della sovranità popolare. Mito che è in potenza capace di giustificare e promuovere le perversioni e i delitti che hanno tormentato i popoli soggetti all’assolutismo realizzato da Robespierre, da Stalin, da Hitler e da Pol-pot.
La difficoltà di un tale impegno critico non autorizza l’allineamento con il partito della resa cattolica al mondo moderno. Obbliga tuttavia a respingere le facili occasioni della protesta non sostenuta dalla critica filosofica e teologica e non indirizzata a un serio progetto alternativo.
Il passaggio dalla protesta alla proposta non è un abusato gioco di parole ma un obbligo incombente sui cattolici che resistono alla potente tirannia dell’assurdo ideologico e del malcostume.
P. V.