LA PICCOLA CHIESA DI GIACINTO AURITI di Tonia Orlando
Una missiva tutta speciale all’interno di una raffinata busta color panna. Dalla finezza dell’involucro e l’armonia della grafia, intuisco che debba trattarsi di una lettera inviatami dall’amico Avvocato Quinzio da Guardiagrele. All’interno, tra le pieghe di un cartoncino, custodita in una copertina cellofanata, una foto di quella che io chiamo “la chiesetta”, in Località Brecciaro di Sant’Eusanio del Sangro, che il Professor Auriti volle, con ardore di figlio devoto, dedicare a Maria Santissima di Fatima. Una istantanea, mi scrive l’Avvocato, scattata durante una visita che insieme con il Professore egli fece in quel luogo, nel marzo 1980, accompagnati entrambi dall’amico comune Ing. Nicola Cristini che di quella chiesa aveva seguito i lavori. Sempre l’Avvocato, con la dolcezza e la sensibilità che lo contraddistinguono, descrive la neonata struttura: “Di linea semplice e pura, che appare deposta quasi a mitigare la nudità del luogo, che concorre a conferirle dignità francescana”. E ancora: ” La chiesa eretta per volontà di Giacinto Auriti quale atto di devozione e di liberalità della Famiglia, è dedicata alla Madonna di Fatima per il compimento di un Suo sogno concepito in virtù della Fortezza di Fede, lievito morale alla sua sagace rivolta ideale”.
Era stata surreale la determinazione con la quale il Prof. Auriti aveva desiderato che su una sua proprietà al Brecciaro di Sant’Eusanio del Sangro, nascesse quella piccola chiesa; il fondo di una bottiglia stranamente rinvenuto durante una passeggiata con la consorte signora Rachele sulla spiaggia di Casalbordino, dove la famiglia Auriti trascorreva le sue vacanze estive, con dentro i numeri 13, 5 e 17 che il Professore giocherà al lotto e che risulteranno vincenti. Più tardi, la seconda, strana vicenda quando Auriti incontrerà una vecchia contadina che gli parlerà di un sogno nel quale la Vergine Maria le chiedeva di riferire al Professore che i danari vinti in quella strana giocata sarebbero serviti per costruire una chiesa dedicata a Lei.
Fu soltanto allora che il Professore razionalizzò l’entità di quei numeri e risalì all’evento storico della prima apparizione della Vergine ai tre pastorelli nella Cova Da Iria presso Fatima.
Da testimonianze raccolte, pare che Auriti, nella comprensione dei fatti, fosse sbiancato in volto ed ammutolito per alcune ore ma, da quel momento, fu certo che la chiesa dovesse essere eretta, che sarebbe stata dedicata alla Madonna di Fatima alla quale appartenevano i tre numeri rinvenuti e che i soldi mancanti, per l’opera di costruzione, li avrebbe guadagnati con il gioco del poker al quale amava dedicarsi nelle fredde serate di festività natalizie insieme con i cari amici guardiesi. Sarà così che Auriti parlerà più tardi e con orgoglio di “una chiesa vinta al gioco”, al cui tavolo, una volta realizzato il progetto, non si sarebbe mai più avvicinato.
Una storia semplice ma altrettanto forte quella della chiesetta del Brecciaro, che volevo raccontare, nata con l’umiltà di quel giovane pioppo bianco che appare sulla foto, privo di foglie, con un tronco contorto e sbilenco che con gli anni si sarebbe irrobustito fino a diventare un grosso albero, dal tronco robusto e la chioma vigorosa. Anche le idee di Auriti sarebbero cresciute come quel pioppo e avrebbero fatto il giro del mondo. Il Professore era abituato a vivere storie altamente edificanti come quella della quale stiamo riferendo e a queste egli si abbandonava con il coraggio e l’incoscienza di una fede cieca.
La guardavo con intensità quella chiesetta con lo sfondo dell’argilla rossa dei calanchi, simili a pieghe di una tela di lino grezzo; era particolarmente bella il tredici maggio scorso, nella semplicità dei suoi tettucci lunghi e spioventi, il suo mattoncino caldo come lo splendido paesaggio circostante, la sua gente devota e al suo interno l’intreccio di una volta a capriata. Ho voluto partecipare all’incontro che ogni anno tante persone vicine al compianto Professore gli dedicano in occasione della ricorrenza Mariana. Con tristezza, però, non trovavo alcun segno che ricordasse l’impegno di Giacinto Auriti in questa grande opera di divulgazione della sua “teoria”. Tuttavia, alla Madonna di Fatima il Professore aveva affidato il suo sogno che era quello di una “guerra” , come la chiamava lui, leale e coraggiosa, combattuta contro un sistema oscuro che chiude il mondo nelle maglie perverse dello sfruttamento, del ricatto e del potere e questa missione volle fosse affidata a quanti hanno creduto, credono e crederanno nel suo pensiero ed intendono, con passione, portarlo avanti.
(C) Tonia Orlando