Abruzzo

Abruzzo. Dalle Comunità Montane alla Fusione passando per le Unioni di Comuni Un’occasione storica per recuperare l’attenzione dei cittadini e costruire un territorio competitivo

Dalle Comunità Montane alla Fusione passando per le Unioni di Comuni

Un’occasione storica per recuperare l’attenzione dei cittadini e costruire un territorio competitivo

Sono scomparse le Comunità Montane, riassorbite dalle Unioni di Comuni, quelle che si prospettano come l’autoriforma che riformerà il Paese per via diretta. Un’occasione storica perché con le Unioni  – e certamente ancor di più con le Fusioni – si riesce a mettere mano alla riorganizzazione dei servizi, cioè alla parte più importante dell’architettura dello Stato.

Una cosa che va capita subito è che la riorganizzazione dei servizi, per definizione stessa di servizio pubblico, necessita di un significativo bacino di utenza, per cui, esempi di ben 2 Unioni (anziché una soltanto) in sostituzione della vecchia comunità montana – come accade in Valle Peligna con esclusione della città di Sulmona, e nell’Alto Sangro – sono assolutamente da evitare in quanto il numero di abitanti di ciascuna Unificazione è fondamentale per la riuscita stessa della riorganizzazione/fornitura del servizio: una massa critica di abitanti che sia poco consistente (per es. 4000) non consentirebbe la creazione di servizi economici, efficienti ed efficaci, con il risultato … che non avremmo conseguito alcun risultato, ma solo perso una importante occasione.

Certo le Unioni rappresentano solo l’hardware, e questo necessita di software, di programmi, intelligenze, di progettualità, di imprenditoria: siamo in un mondo nuovo nel quale le imprese possono sicuramente creare lavoro ma solo se sono parte di un disegno ampio che spetta alle Istituzioni.

E’ vero che la legge sulle Unificazioni non ci dà numeri né sugli abitanti né sui Comuni, ma anche le pietre della Maiella sanno che la competizione nell’anno del Signore 2013 d.c. si concretizza facendo sistema, e che vinceranno quelle comunità nelle quali riusciremo a creare modelli virtuosi tra la P.A., il sistema delle Imprese ed il non profit.

L’obiettivo è quello di fare massa critica, di erogare ai cittadini e alle imprese servizi veloci, di alta qualità, di uniformare  lo standard dei servizi ed evitare che a pochi km di distanza ci siano procedure, regolamenti e  tariffe diverse. Le zone interne e periferiche, nonostante il web che potenzialmente restituirebbe loro un’opportunità, sono sotto attacco in tutta Europa – come ci ha fatto notare l’economista Calafati del gruppo di lavoro dell’ex Ministro Barca – laddove le grandi città diventano ancora più grandi. E allora dobbiamo essere maledettamente virtuosi. Dobbiamo rilanciare. Altrimenti con il dimagrimento della P.A. rischieremmo seriamente di essere ancora più emarginati.

La vera svolta che ci prospetta questa nuova stagione delle autonomie – perché è così che deve essere letto il momento storico in corso, giammai come una imposizione venuta dall’alto – è quella della partecipazione delle comunità alla loro stessa vita, cioè della democrazia: una comunità che matura consapevolezza dei propri problemi non si paralizza per qualsiasi decisione, diversamente anche la collocazione di denaro pubblico a fondo perduto o quella di un’edicola diventa una questione insormontabile. Lo vediamo quotidianamente.

Siamo al cospetto di imprese che chiudono quotidianamente, della scomparsa del lavoro, del salario o della pensione che finiscono a metà mese, del 40% di disoccupazione giovanile, del suicidio di chi prima produceva ricchezza: ebbene, tutto questo inesorabilmente porta ad una percezione di inutilità e incapacità del comune che ci sta piegando ad una partita giocata in difesa. La reazione da innescare è recuperare l’attenzione dei cittadini, del mondo imprenditoriale, delle competenze in luogo degli “amici degli amici”, con l’obiettivo dichiarato di attaccare l’immobilismo che ci sta divorando come un cancro, di contaminare la politica con le competenze.

Fabio Spinosa Pingue, Presidente Confindustria L’Aquila, 4 ottobre 2013

AGEA

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