Ruggero Morghen
GABRIELE D’ANNUNZIO NELLE LETTERE A GIANCARLO MARONI (1936)
Edizioni Solfanelli
Gabriele D’Annunzio nelle lettere a GianCarlo Maroni (1936)
1936. È l’anno della guerra d’Africa, dell’Agro redento, dei
Littoriali e degli Agonali, mentre si celebra il decennale dell’Opera
Barilla e il 13° della costituzione della Regia aeronautica. Due premi
Nobel Pirandello e la Deledda muoiono; ad Arequipa in Perù nasce
Vargas Llosa, che riceverà il Nobel nel 2010.
Mussolini annuncia il piano regolatore dell’economia e la riforma
costituzionale. Galeazzo Ciano è ministro degli esteri, Lessona delle
colonie, Lantini delle corporazioni. Alla stampa e propaganda va Dino
Alfieri, cui d’Annunzio invia tramite il fidato Maroni alcuni
messaggi.
Un altro messaggio il fante carsico pescarese invia proprio al fante rivano
GianCarlo Maroni, magister de vivis lapidibus, collaboratore e fratelmo,
il custode del fuoco in grado di parlargli delle vie terrestri e di
quelle celate.
A maggio, tramite un medium, la Duse rassicura il poeta dall’aldilà:
gli spiriti non soffrono la gelosia. Il Giro d’Italia fa tappa a
Gardone. Vince Bartali, premiato da d’Annunzio senza entusiasmo. «Io
stimo questa pubblicità scrive una Calamità.»
Prosegue frattanto la sua fitta corrispondenza con l’architetto Maroni.
Ecco, nelle lettere, la costruzione di Schifamondo, il laborioso restauro
della casa natale di Pescara, il dolce parrozzo di Luigi D’Amico
offerto ai familiari di GianCarlo. Ecco i pellegrinaggi al Vittoriale.
Dentro la cerchia triplice di mura, dove come scrisse il poeta
«tradotto è in pietre vive quel libro religioso ch’io mi pensai
preposto ai riti della Patria.»
Ruggero Morghen
GABRIELE D’ANNUNZIO NELLE LETTERE A GIANCARLO MARONI (1936)
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-7497-795-6]
Pagg. 120 – 10,00