Francesco Guadagnuolo e la sua arte nella Città natia
Francesco Guadagnuolo ritorna nella sua Città natia dopo tanti anni di assenza. Proprio per questa occasione, la Società Nissena di Storia Patria Caltanissetta, ha voluto organizzare un incontro con il noto artista, “Un pittore nisseno: Francesco Guadagnuolo e la sua arte”, che si è svolto Mercoledì 23 ottobre 2013 alle ore 17,30 presso la sede di Via Xiboli 383 (Santa Barbara), Caltanissetta. Guadagnuolo è stato accolto dai nisseni in maniera calorosa mostrando entusiasmo e interesse per la sua arte. Il Presidente Antonio Vitellaro ha illustrato come l’artista stabilendosi a Roma, partendo da Caltanissetta, ha percorso un’eccellente carriera. Sono stati proiettati dei filmati che hanno fatto vedere l’artista in compagnia di illustri personalità della cultura internazionale e le sue opere; Guadagnuolo parlando del suo cammino artistico ha risposto alle domande dei presenti.
Il critico siciliano Renato Civello ha scritto una biografia dell’artista, riferita agli anni trascorsi in Sicilia, pubblicata nella monografia “Metamorfosi dell’iconografia nell’arte di Francesco Guadagnuolo” (Ed. Angelus Novus -Tra 8 & 9, 2011), presentata nell’occasione dell’incontro dell’artista con la sua Città.
«Ho ritenuto opportuno evidenziare e celebrare la personalità di Francesco Guadagnuolo, un nome che assume un’importanza peculiare nella storia dell’arte italiana.
Partito dalla Sicilia poco più che adolescente, si inserì nell’ambiente artistico di Roma nel quale crebbe e sviluppò il suo lavoro, sperimentando il linguaggio dell’immagine, oggi considerato anche all’estero. Nelle sue opere traspare, tuttavia, il profumo della sua terra, che Guadagnuolo ha sempre riconosciuto come cardine della sua vocazione artistica che gli consentirà di affiancarsi a protagonisti della Sicilia come Ximenes, Trentacoste, Tripisciano, Rutelli, Messina, Greco, Mazzullo, Fiume, Guttuso, Guccione, che hanno prodotto opere di grande valore per l’arte italiana.
Pittore, scultore e incisore, Guadagnuolo è nato a Caltanissetta, l’antica Nissa dei Saraceni, il 30 maggio 1956. Compie gli studi delle elementari e della scuola media nella sua città; ha frequentato l’Istituto d’Arte ‘Filippo Juvara’ di San Cataldo (Caltanissetta); si era iscritto alla Facoltà di Architettura, a Palermo, ma ha preferito convertire l’iscrizione con quella all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove diviene allievo di Alberto Ziveri e di Franco Gentilini e, per l’incisione, di Arnoldo Ciarrocchi, con diploma che ha conseguito con il massimo dei voti.
Nel 1787 Goethe, visitando Caltanisetta, la considerò una città “ben costrutta”. Il poeta tedesco non fu l’unico ad esaltare questa signorile città. Francesco Pulci, Rosso di San Secondo, Leonardo Sciascia, Enzo Falzone ed altri ne misero in risalto le particolarità, quali il patrimonio-artistico, gli antichi palazzi, i riti religiosi (particolarmente suggestivi quelli della Settimana Santa), i concerti musicali e, soprattutto, le qualità degli abitanti, quali la dedizione al lavoro, la nobiltà d’animo, l’amore per la cultura, il rispetto per l’altro, chiunque questi sia.
Le chiese, i conventi, le dimore nobiliari certificano l’antica nascita di questa città che annovera tra i suoi cittadini nomi eccellenti quali: Giuseppe Frattallone (1832-1874), Michele Tripisciano (1860-1913), Calogero Tumminelli (1886-1945), Rosso di San Secondo (1887-1956), Luca Pignato (1892-1955), Luigi Russo (1892-1961), Giuseppe Gabrielli (1903-1987), Rosario Assunto (1915-1994).
Città vissuta da Leonardo Sciascia negli anni di studio (suo maestro Vitaliano Brancati all’Istituto Magistrale) gli anni vissuti in città saranno ricordati dallo scrittore come tempi indimenticabili per la sua formazione culturale. Infatti, a quel tempo, Caltanissetta è stata riferimento intellettuale e culturale siciliano.
In questa visione storica e artistica della sua città, mediante lo spirito e l’armonia della sua arte, Guadagnuolo evoca l’opera di Pirandello, Brancati, De Roberto, D’Arrigo, Sciascia.
Quando a vent’anni si stabilì definitivamente a Roma, entrò in contatto con molte intelligenze che segneranno per sempre la sua formazione culturale, la sua sensibilità e i suoi approdi tecnico-stilistici nella ricerca della forma, nel colore e nella grafica incisoria, consegnando a poco a poco all’arte la totalità della sua vita che va seguita nel percorso formativo, nei momenti e nei luoghi di demarcazione.
Nel 1979 realizzò la cartella di incisioni su “La Bottega dell’Orefice” di Karol Wojtyla, che gli diede la notorietà nel 1980, al suo esordio pubblico, quando fu presentata a Roma.
La sua precoce maturazione artistica, decollata e vissuta nell’isola gloriosa ed amara, la Sicilia, appartiene a questo periodo in cui Guadagnuolo creerà gran parte dei suoi lavori futuri.
L’ispirazione e il gusto per l’arte furono individuati, durante la frequenza della scuola media Statale “Giovanni Verga” di Caltanissetta, dall’insegnante di Educazione Artistica Letizia Mantia, che ebbe a scrivere: «Ebbi la grande fortuna di avere, in una delle mie classi, l’alunno Francesco Guadagnuolo. Sin dal primo giorno di scuola notai il suo talento e la sua sensibilità artistica. Il suo primo lavoro, appena undicenne, fu un Cristo in croce, dove si coglie il dramma, la sofferenza, il dolore e dove l’armonia dei colori completa la delicata opera. La sua produzione fu sempre ricca di forza e molta espressività. Anche il Preside e tutti gli altri della stessa scuola eravamo orgogliosi, di avere, tra gli alunni, un piccolo genio quale Francesco Guadagnuolo… L’arte di questo ragazzo, anche giovanissimo, toccava il più profondo dell’anima… ».
Cosí Guadagnuolo scoprì il suo profondo interesse per la pittura già all’età di undici anni, quando si accorse che disegnare e dipingere erano gli strumenti più adatti a descrivere le sue idee. I temi allora affrontati erano i pescatori, i porti (memoria diretta delle gite e dei soggiorni con la famiglia nel litorale di Porto Empedocle), donne anziane, paesaggi siciliani abitati da contadini. Dipinge “Ponte Capodarso – veduta del Salso”, prendendo spunti al seguito del padre geometra che si recava in quei posti per motivi di lavoro; ma anche nature morte e figure di religiosi. Efficaci e corretti i dipinti: “Cristo in Croce”, prima citato, la “Cattedrale” e la “Chiesa di San Sebastiano” di Caltanissetta.
È attratto dall’arte di Umberto Boccioni, di Picasso, di Braque. Si racconta che nel ’68, frequentando la Libreria-Galleria d’arte Cavallotto, affascinato da un libro su Boccioni, non riusciva più a staccarsene; gli venne in soccorso lo stesso Cavallotto, che gli chiese come potesse interessarsi di un artista cosí difficile un ragazzino dodicenne. Gli rispose che aveva visto un quadro di Boccioni, Materia, che lo aveva profondamente colpito, e che scoprire tutti quei dipinti boccioniani su quel libro era stato per lui una meraviglia. A questo punto il libraio-gallerista, Vito Cavallotto, esclamò: «Ma allora tu sei un pittore!»; e pensando che volesse acquistarlo (il costo, in £ 25.000, era elevato a quell’epoca), gli propose – e l’accordo fu concluso in questi termini – una rateazione di 3.000 lire mensili. Guadagnuolo racconterà la storia di quel libro edito dal “Saggiatore” dopo tanti anni, nel 1995, a Milano, proprio al suo autore, Guido Ballo, e tra loro s’instaurerà un amichevole rapporto di stima.
Nel 1971 partecipa, in concorso, ad una Rassegna d’arte nissena. Nell’olio su tela premiato “Via Redentore all’alba” (dove si scorge la casa natia dell’artista), è trasfusa tanta poesia e tanta malinconia, con modulate cadenze cromatiche che facevano pensare ad Utrillo e al primo Van Gogh.
Seguendo l’esempio di Stendhal (“bisogna sentire”) l’opera di Guadagnuolo si arricchisce di una figurazione estetica che ben sintetizza il mondo reale ed in particolare quel mondo legato alla campagna centromeridionale nutrita di quella fatalistica glorificazione che ne sottolinea la sotterranea ancestrale tipologia. E proprio in questa tematica l’artista ha testimoniato una specifica attenzione per la cromia vigorosa, smagliante, mediterranea. L’atmosfera che si percepiva era tipica della gente umile e si rifaceva all’epica del Verga. Il folklore, la tradizione sono ben rappresentati nelle linee e nei tratti che descrivono scenari bucolici e dal sapore antico. Ben interpretati dall’artista sono gli sguardi e i volti della popolazione siciliana incavati dallo sforzo dei lavori nei campi e dalla morsa del dio Sole.
Il lavoro precario degli operai, la solitudine nelle fabbriche, non possono passare inosservati all’occhio dell’artista, che tende a costruire una pittura dai risvolti etici, che rispecchiano realtà legate a Pavese, Levi, Vittorini.
Tra il 1970 e il ’72 i temi trattati sono di impronta etico sociale e familiare: popolani, ritratti di parenti che giocano a carte durante le feste natalizie, il ritratto della nonna “Donna che cuce”, “Riposo dei cacciatori nelle campagne siciliane”, “Ritorno del pescatore”, “Povertà”, “Disastro in miniera”, ma anche tragedie marinare come l’affondamento di una nave (Heleanna).
Visita in quegli anni l’antologica di Renato Guttuso a Palazzo dei Normanni di Palermo e ne consegue l’omaggio al conclamato Maestro con l’olio, di notevoli dimensioni, “Burocrazia”.
Nel 1971 è per la prima volta a Roma: conosce il pittore poeta Sebastiano Carta alla Galleria ‘Battaggia’ all’Eliseo, tramite il quale ha l’opportunità di conoscere altri artisti. Nel 1972 diventa amico di Nino Di Maria, l’autore del libro da cui è stato tratto il film “Il cammino della speranza”, che lo aveva tanto colpito e gli aveva suggerito, a soli 15 anni, il grande altorilievo “Emigranti siciliani”. Di Maria scrive in proposito: ‹‹Non posso fare a meno di ringraziare l’artista per avermi sorpreso e commosso con una scultura di grande valore plastico, un bellissimo altorilievo che rappresenta una scena fra le più commoventi del film, che mi ha dato la gioia di rivedere immagini care››.
La cronaca prende, così, i connotati della storia nel descrivere realtà ferme nel tempo, nelle tragedie e nei dolori di una Sicilia che egli si sente in dovere di conoscere, come la dolorosa sofferenza vissuta nelle miniere della provincia della sua Città e Portella della Ginestra, dove si era consumata quella drammatica sparatoria di quel primo maggio del 1947, oppure ai tanti servitori dello Stato uccisi dalla Mafia per aver difeso giustizia e libertà. Rivelatrici di un eloquente consenso sono le opere-denucia riferibili all’attività letteraria di Moravia, Pasolini, Sciascia, Calvino.
Comincia a scolpire il legno: delle maternità, figure di contadini, nudi, comizi. Per la società telefonica SIP realizza un’opera pittorica “Telecomunicazioni in Sicilia” che viene collocata nel ‘Punto Sip’ Telecomunicazioni’ di Caltanissetta.
Frequenta artisti, poeti, musicisti, scrittori, critici, giornalisti. Ricorderò fra i tanti, Alfredo Bovio Di Giovanni, Giuseppe Mazzullo, Giuseppe Candurra, Alfredo Entità, Franco Russo, Salvatore Ragusa, Luigi Scivoli, Placido D’Orto, Nuccia Grosso, Marisa Sedita Migliore, il tenore Giuseppe Pastorello e l’editore Salvatore Sciascia.
S’interessano con sincero trasporto al suo lavoro, tra i poeti, Bernardino Giuliana, Ignazio Buttitta e il futurista Giacomo Giardina, al quale dedica un ritratto con i versi autografi dello stesso poeta; e inoltre il musicista italo-americano Vittorio Trieste Giarratana, il giornalista Placido Cesareo, il critico giornalista Giuseppe Quatriglio; tra gli scrittori Nino Di Maria e Fortunato Pasqualino; e tra coloro che sono noti anche per una parallela attività critica Enzo Leopardi, Enzo Falzone; molti di questi li coinvolge nelle sue iniziative culturali, un originale cenacolo siciliano aperto a nuove comunicazioni artistiche. È giusto segnalare, tra i galleristi, Antonio Collisani, Direttore della panormita “Persiana”.
Per il 4° Festival Nazionale del Folklore, che si tenne nel ’79 a Caltanissetta, ha organizzato la mostra “Itinerari nell’arte e nella cultura del popolo di Sicilia”, nella quale è anche esposto un ‘separè’ ligneo, struttura modulare a visione multipla, dipinto in tutta la superficie di 185×240 cm. Il critico-poeta Bernardino Giuliana, che lo presentò con entusiasmo, ritenne che l’artista nisseno abbia aperto “un discorso polemico con chi, sino ad ora, ha operato sulla stessa tematica stigmatizzandone solamente gli aspetti visivi e decorativi. Guadagnuolo tenta una strada più difficile, ma più onesta, quella di ricondurre il folklore a dignità storica”. Con questa illuminante esposizione il pittore chiariva che le tradizioni radicate su uno specifico territorio possono essere ad un tempo tramite gnoseologico e conquista morale.
Analisi culturale di un cammino di crescita
Diverse sono le letture dei libri sugli artisti che hanno fatto da avvio alla formazione e all’attività creativa di Guadagnuolo: tra questi ricordiamo Mantegna, Leonardo, Michelangelo, Antonello da Messina, Caravaggio, Tiziano, El Greco, Goya, Canova, Seurat; e poi Van Gogh, Cézanne, Courbé, Mafai, Scipione, Kokoschka, Picasso, Boccioni.
Fin dalla giovinezza l’artista mantenne una sua coerenza nel linguaggio pittorico che gli permette di affrontare e analizzare con decisione il suo tempo. Le sue opere sono lo specchio del suo carattere e della sua sensibilità indirizzata alla comprensione dell’uomo attraverso lo sguardo di giovane siciliano.
Ogni segno dell’artista è impregnato di pensiero, ogni tratto rivela profonda riflessione. La crosta del tempo viene superata dall’evento-immagine per consegnare all’osservatore l’umanità dell’artista che guarda nel profondo l’Essere.
Guadagnuolo accende i riflettori sulla quotidianità, che diventa oggetto straordinario della conoscenza e del rapporto di ogni uomo con i suoi simili. La Sicilia offre un vasto campionario delle vicende umane e sociali, spesso atroci, come le stragi, i massacri, ma anche di vita partecipata, come un comizio politico oppure un evento religioso.
Radicato nei nostri giorni Guadagnuolo riesce non soltanto a giudicare il suo tempo, ma traghettando un certo ungarettiano “male di vivere” (espresso in modi diversi, tipico anche di Montale), sostiene nuovi approdi di salvezza, legati all’impegno civile, che si pone come unico mezzo per sezionare ed analizzare con spirito critico e attento il brutto imperante nella nostra società, e riconsegnare all’immagine la speranza di spazi privi di confusioni, falsità e sopraffazioni.
Da sottolineare, poi, che la generosa crociata del sensibilissimo pittore non si circoscrive a quanto avviene in Sicilia, egli non resta indifferente: sulla base dell’informazione esterna esprime la sua ripugnanza, il suo profondo rifiuto ben al di là di qualsiasi segnatura territoriale.
Nel 1974 la tavolozza si schiarisce: si nota nell’arioso contrappunto tematico di discoteche, piscine, nudi, donne al sole, boschi, laghi, autoritratti, animali. Con un gruppo di opere pittoriche di calda ispirazione figura la “Settimana Santa” di Caltanissetta, che rievoca la Via Crucis con i noti gruppi scultorei portate in processione per le vie della città.
Guadagnuolo viaggia in Italia: in Liguria, nelle Cinque Terre, Bologna, Torino, Milano e Venezia. Egli, visitando la Collezione Guggenhein ha avuto la fortuna di incontrare la grande mecenate Peggy Guggenhein, la quale, mostrando simpatia incoraggiò il giovane artista a proseguire nel suo lavoro suggerendogli di realizzare delle opere dedicate alla città lagunare tanto amata dalla Signora dell’arte.
S’interessa ai murales messicani, ad artisti come Orozco, Rivera e soprattutto Siqueiros. L’incontro con l’opera di quest’ultimo, che affianca alla teoresi un pragmatismo rivoluzionario, nasce il ciclo “Omaggio a Siqueiros”; in uno dei dipinti è inserita una poesia di Pablo Neruda. L’ammirazione per il grande poeta cileno è in linea con la volontà di leggere il reale a 360 gradi, con tutte le implicazioni d’ordine conoscitivo ed etico che lo riguardano. Nel ’76 visita a Firenze la mostra organizzata in onore del Maestro messicano Siqueiros. Ma il realismo di Guadagnuolo non è mai disgiunto da una sorta di mistica contemplatività. Lo dichiarano le esposizioni tenute in varie città siciliane, una ventina, dalla Galleria ‘Il Grifone’ di Caltanissetta, a Catania, Taormina, Agrigento, Palma di Montechiaro, Ragusa, Montedoro, Mussomeli, Campofranco, Sutera, San Cataldo, alla citata Galleria ‘Cavallotto’ nissena, a ‘La Persiana’ di Palermo dove espone in una collettiva d’alto livello con Carlo Levi, Bruno Caruso, Tono Zancanaro ed altre autorevoli presenze contemporanee. Quando nel ’74 s’inaugura alla Galleria ‘La Tavolozza’ del capoluogo regionale l’antologica di Giorgio de Chirico incontra il pictor optimus e la moglie Isabella Far, Renato Guttuso e Corrado Cagli.
È dello stesso anno l’olio di vasta superficie “Verga e le sue novelle”, dove risalta, fra le figure rappresentate a glorificazione degli umili –condivisione accorata ed accusa frontale-, quella di Nedda. Enzo Leopardi, poeta e critico del ragusano, attratto dai contenuti e dagli esiti formali, scrisse: «…Guadagnuolo punta su un deciso tono figurativo, ma che non esclude, per certi elementi, in contrappunto con la figura, vaghi riferimenti all’arte astratta. E sono i tagli, le linee di fondo a nobilitare il dettato pittorico, con le loro severe architetture condotte con un colore denso ma sfumato…».
Viene invitato alla Rassegna Internazionale Contemporanea presso la Galleria dei Portici a Palermo organizzata dalla ‘Modern Art’. Vi partecipa assieme alle opere di grandi artisti quali: Siqueiros, Dalì, Guttuso, Migneco, Levi, Maccari, Treccani, Manzù, Omiccioli, Vacchi, Lilloni, Brindisi, Vespignani, Zancanaro, ecc., suscitando stupore per la sua giovane età e l’interesse della critica palermitana per una pittura già cosí robusta. Franco Grasso dichiarava nel Giornale “L’Ora” del 30-4-75: «…Francesco Guadagnuolo, un giovanissimo nisseno che dimostra indubbie qualità di colore e di composizione…», e Sebastiano Lanteri nell’“Avvisatore” del 7-5-1975: «…Nelle tele di Guadagnuolo la felicità degli accordi cromatici in un contesto figurativo di una certa modernità è indice di sicura promessa…».
In alberghi di prima categoria ha allestito personali patrocinate dagli Enti Provinciali per il Turismo. Un grande studio di anatomia è rappresentato nella tela di 220×220 cm, intitolata “Il Cristo dell’Umanità”, simbolo di incarnazione di tutta l’umanità, dove la sofferenza viene assimilata per attinenza alla sofferenza del Cristo (esposta, in una mostra Personale, presso il Grand ‘Hotel Concordia Villa Mazzoni’, Caltanissetta 1976).
Le qualità oggettive di un magistero che testimonia i propri livelli di merito nel modo di strutturare la composizione, di impiantarne graficamente i dettagli e di modularne i rapporti cromatici legittimano il suo inserimento nel volume Artisti contemporanei di Sicilia (Edizioni d’arte ‘La Tela’, Palermo 1976), con l’introduzione di Beppe Di Bella e con la presentazione di Francesco Carbone. Alla mostra che accompagnava la pubblicazione intervenne Roberto Ciuni, Direttore del “Giornale di Sicilia”.
La complessa e ardente attività culturale che riguarda la musica, oltre che il teatro e la poesia, lo inducono a promuovere, nel 1977, in collaborazione con gli ‘Amici della Musica’ di Caltanissetta, la commemorazione del bisnonno musicista-compositore Luigi Cornia: in un ciclo di opere che attualizzano nei termini più espliciti la ricerca sulle rispondenze di significazione e di spirito nel binomio arte-musica inserendo gli spartiti autografi dello stesso musicista. È dello stesso periodo “Les Préludes”, tela suggerita dal poema sinfonico di Franz Liszt che s’ispira alla lirica di Alphonse Lamartine “Méditations poetiques”, in cui il poeta e uomo politico francese si chiede se la nostra vita non sia altro che «una serie di preludi al canto arcano di cui la morte intona la prima e solenne nota». Quasi contestuale è la mostra “Guadagnuolo-Grandi dipinti” nella Sala Giovanni Verga dell’ex Corte di Appello di Caltanissetta, dove viene presentata l’opera “Le ragioni della bellezza” (200×400 cm) e il ciclo di inchiostri acquerellati sulla città eterna “Roma”, mostra che viene poi trasferita ad Enna nell’Aula Magna dell’Istituto De Amicis. Il discorso, sostenuto dall’emozione, è multiforme, intessuto di segnali simbolici in cui è appena mascherato dalla metafora il riferimento a vicende e a pressanti ritorni memoriali.
Altre esposizioni a Nuoro, a Monterosso, a Riomaggiore, a La Spezia. Vivo successo delle due mostre dedicate, in breve arco di tempo, sul finire degli anni Settanta, (1978-’79) nel Palazzo Vescovile, agli “Uomini illustri di Caltanissetta”; le inaugurò il Vescovo Mons. Alfredo Maria Garsia e l’Amministrazione Civica bene ha fatto a raccogliere e custodire come patrimonio culturale della Città tutte le opere esposte nel Museo Civico, nella sezione dei ritratti, insieme con le sculture di Michele Tripisciano e Giuseppe Frattallone, oggi in attesa di una nuova sistemazione nell’antico Palazzo Bauffremont, dove è previsto la destinazione definitiva del Museo Civico.
Questo periodo di formazione e di graduali prestigiose conquiste, in cui l’innervata tipologia insulare accelera la ‘scienza dell’uomo’, favorendo l’intelligenza globale dell’essere con l’immediatezza della traduzione visiva, anticipa, in misura tutt’altro che subordinata, la maturità di un creatore di razza che amalgama visione, pensiero e sentimento».