Licenziamenti alla Las Mobili nel silenzio generale.
La Las Mobili, fabbrica storica della provincia, di respiro internazionale, ha iniziato un pesantissimo piano di riorganizzazione aziendale che grava totalmente sulle spalle dei lavoratori.
A luglio scorso è stata aperta la procedura di mobilità per quaranta operai, la maggior parte dei quali in situazione di pre-pensionamento, mentre da lunedi 2 dicembre altri quaranta verranno espulsi dal ciclo produttivo, messi in cassa a zero ore e mandati via in mobilità, questa prevista per la fine del mese stesso. Tutto ciò in base ad un accordo interno tra le parti che non chiarisce nel concreto i termini della situazione e l’aspetto e la forma di questa presunta crisi aziendale. Per il 2014 è inoltre previsto il ricorso ad un contratto di solidarietà per cercare di evitare una nuova espulsione di lavoratori nel numero compreso di 40/60 maestranze. Espulsione peraltro assolutamente certa, visto e considerato il processo di esternalizzazione in atto di interi settori della lavorazione, come il reparto carico. Il tutto, unito al costante e progressivo disinteresse padronale verso la storica attività di famiglia, in nome di altri interessi, lascia intravedere quale sarà il vero destino produttivo per la Las Mobili: o la chiusura definitiva nel giro di qualche anno, o una ristrutturazione aziendale che preveda una esternalizzazione consistente di lavorazioni, restringendo sempre più l’azienda, mantenendo un’attività unica con un ristretto numero di operai, sottoposti a feroci ritmi di flessibilità lavorativa.
Scandaloso è il silenzio intorno a questa vicenda, silenzio che serve a preservare l’immagine di una azienda che il senso comune associa ad un’isola felice, dove regna la serenità e il rispetto tra le parti.
La realtà si mostra invece con una faccia ben diversa.
I lavoratori non possono sostenere il peso di tale ristrutturazione, essendo peraltro dimostratisi in ogni occasione di difficoltà aziendale molto responsabili e fin troppo comprensivi. La stessa richiesta fumosa di un contratto di solidarietà, assurda nel suo ritardo all’indomani di 80 licenziamenti ed alla vigilia di altre 40 espulsioni, deve far riflettere l’opinione pubblica sui reali obbiettivi aziendali e su quali siano gli interessi degli operai e delle loro famiglie.
E’ inoltre quantomeno singolare il fatto che, a fronte di un annunciato e praticato esubero di tale portata, non sia stato aperto nessun tavolo di crisi nazionale, e sia stata lasciata gestire la vertenza ai semplici dipartimenti sindacali zonali di categoria.
Il Partito dei Comunisti Italiani chiede l’immediato blocco della procedura di mobilità per i quaranta lavoratori, ed il loro reintegro. Chiede inoltre una minuziosa verifica delle condizioni che hanno portato ad aprire la vertenza di mobilità, escludendo i quaranta lavoratori espulsi dal contratto di solidarietà, e chiede l’interessamento concreto di Provincia, Regione e autorità competenti, per scongiurare l’ennesimo massacro sociale sulla pelle della classe operaia: deve essere chiaro per la proprietà che la fabbrica non è un giocattolo, che ai legittimi piani di profitto si lega una responsabilità di valenza sociale che la fabbrica comporta, perché essa è il perno dello sviluppo della società.
E’ nell’interesse di tutti i lavoratori difendere il proprio posto di lavoro, rifiutando l’accomodamento e la subordinazione alla sottoscrizione dei verbali di risoluzione del rapporto lavorativo.
E’ nell’interesse di tutte le forze parlamentari costituzionali sociali e culturali appoggiare le loro richieste, contrastando un piano di riorganizzazione industriale, che nella realtà dei fatti si mostra esclusivamente come un piano selvaggio di licenziamenti, inaccettabili a maggior ragione in questa drammatica situazione di crisi economica e sociale.
Teramo, 30 Novembre 2013 Partito dei Comunisti Italiani
Federazione Provinciale Teramo