I 90 anni di Raffaele Fraticelli
La definizione più intensa l’ha data di lui Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, cinque anni fa: “Artista degli umili, Poeta di Dio”. Un riconoscimento che vale ben più di una laurea “ad honorem” per Raffaele Fraticelli che, “voce di popolo” dall’immediato dopoguerra, si appresta a compiere, il prossimo 9 gennaio, novant’anni. Nove decenni, la maggior parte dei quali vissuti nel raccontare caratteri e caratteristiche del popolo abruzzese. Lo ha fatto attraverso la poesia, prevalentemente dialettale, e la radio. L’11 marzo 1956, negli studi pescaresi del Giornale radio dell’Abruzzo e del Molise, Fraticelli esordì col personaggio di Zì Carminuccio, creato, dodici anni prima (durante la guerra), sul palcoscenico del teatro Marrucino di Chieti. Personaggio ingenuo, o apparentemente tale, sin dal primo siparietto mostrò la semplicità dell’uomo di campagna in contrasto con le complicazioni burocratiche del centro urbano. “Voce di popolo”, si diceva, che ha raccontato l’Abruzzo attraverso i suoi riti, le sue tradizioni. La processione teatina del Venerdì Santo, il miracolo di San Domenico, a Pretoro, ma ancora l’antica cucina di mamma e la traduzione della dannunziana “Figlia di Iorio”, sono solo alcune tra le innumerevoli testimonianze di attaccamento alla sua terra. Ma, soprattutto, Fraticelli ha raccontato i vangeli in dialetto, lasciandosi ispirare dalle pagine che narrano di Maria, degli apostoli, di Gesù, della gente semplice, quella di ieri come quella di oggi. “Il suo canto è preghiera – scrive ancora mons. Forte -, il suo narrare è testimonianza. Fraticelli è poeta cristiano, che evoca la tenerezza dell’Eterno sperimentata nelle ore fugaci della paura e dell’attesa, della sofferenza e della gioia”. Auguri Maestro.
Enrico Di Carlo