Lantico mondo degli zampognari abruzzesi nel libro di Antonio Bini
domenica 16 febbraio alle ore 17,30 Pineto presso il Museo della musica
popolare abruzzese Museo Civico CEd’A nella Villa Filiani
Presentazione del libro Li chiamavano pifferari Edizioni Menabò
Stendhal, Dickens, Goethe, Berlioz, Lear, Gregorovius e molti altri
protagonisti conosciuti e meno noti del Grand Tour in Italia si occuparono
frequentemente di loro: gli zampognari abruzzesi, che con il loro
repertorio nei secoli scorsi ispirarono diversi musicisti e compositori,
le cui pastorali furono in gran parte influenzate dalle loro sonorità.
Il libro di Antonio Bini, Li chiamavano pifferari, pubblicato dalla casa
editrice Menabò, nel titolo riprende il termine con cui i viaggiatori
stranieri etichettavano gli zampognari e ricostruisce la loro presenza nel
700 e 800, attraverso testimonianze e numerose immagini, ma anche con
interessanti tracce della loro musica.
Il libro sarà presentato domenica 16 febbraio alle ore 17,30 a Pineto
presso il Museo della musica popolare abruzzese (Museo Civico CEd’A –
Centro Etnomusicologico d’Abruzzo nella Villa Filiani Via G.
d’Annunzio) ed interverranno Carlo Di Silvestre, Direttore del Museo,
Ciriaco Panaccio, Presidente dellAssociazione Culturale Zampogne
dAbruzzo, Gaetano Basti Editore della Menabò e lautore. La presentazione
sarà accompagnata dallintervento musicale dellAssociazione Culturale
Zampogne dAbruzzo, che negli ultimi anni si sta impegnando per il
recupero di questo straordinario patrimonio culturale.
Gli zampognari sono spariti in Abruzzo nel silenzio agli inizi degli anni
sessanta, non soltanto per il declino inarrestabile della pastorizia, ma
anche a causa del rullo compressore della modernità e della omologazione
culturale.
Soltanto grazie ad alcuni viaggiatori stranieri è stato possibile
recuperare alcune trascrizioni della loro musica, un repertorio che è
andato in gran parte perduto, essendo gli zampognari analfabeti. Tra i
documenti più interessanti compresi nellappendice musicale si segnala la
settecentesca Pastorale suonata dei Pifferari abruzzesi a Roma sotto le
feste di Natale. Poco si sa dellautore del manoscritto, Giuseppe
Perderak, probabilmente straniero. Lo stesso SantAlfonso M. de Liguori,
autore del testo del celebre canto natalizio Tu scendi dalle stelle,
adattò la musica ricorrendo a preesistenti melodie suonate dai pastori
abruzzesi.
In Italia fu soprattutto Gabriele dAnnunzio, che aveva innato il culto
delle memorie della propria terra, visceralmente attratto dagli scenari
ancestrali della regione, a tornare frequentemente con la sua anima
allantica civiltà pastorale, che esaltò in diverse opere.
La zampogna era allora parte integrante di quel mondo pastorale che
suscitava le emozioni del poeta, il quale aveva una forte sensibilità
musicale. Numerosi i versi e i richiami allo strumento e alle sue sonorità
presenti in poesie e opere, che superarono il silenzio e lindifferenza
che la cultura abruzzese del suo tempo aveva fino ad allora dimostrato. Le
ricorrenti passioni del poeta per il mondo pastorale gli costarono
lironico titolo scelto per la pubblicazione nel 1910 del saggio Il
gregge, il pastore e la zampogna, del critico Enrico Thovez, insofferente
per lopera dannunziana e dello stesso cenacolo francavillese.
Completano il libro due brevi e suggestivi racconti di anonimi avventurosi
inglesi pubblicati in Gran Bretagna tra il 1833 e il 1835 ed editi per la
prima volta in Italia. Il primo, dal titolo Shepherds of the Abruzzi,
rappresenta unimperdibile testimonianza del mondo pastorale, che a suo
tempo contribuì ad alimentare il mito della transumanza tra gli inglesi.
Per evitare che lAbruzzo descritto nel libro sia considerato solo
uninvenzione letteraria – scrive Antonio Bini nella prefazione – si è
cercato di dare un nome e possibilmente un volto e un nome agli ultimi
zampognari, riscoprendo, tra laltro, la singolare storia della famiglia
dei Musichini di Castellafiume, nella Marsica, attiva fino agli anni 80.
D’Abruzzo Edizioni Menabò srl
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