CASA MUSEO SARTORI – CASTEL D’ARIO (Mantova)
Via XX Settembre, 11/13/15
DONNA fonte ispiratrice d’arte
9 Marzo / 13 Aprile 2014
Mostra e catalogo a cura di Arianna Sartori
Domenica 30 Marzo, ore 17.00
presentazione del volume a cura dell’autore
Giancarlo Malacarne
La Casa Museo Sartori di Castel d’Ario (Mantova) in via XX Settembre 11/13/15, dal 9 Marzo al 13 Aprile 2014 presenta la rassegna “DONNA fonte ispiratrice d’arte”.
La mostra, che nasce da un’idea e progetto di Adalberto Sartori, è realizzata in occasione della “Festa della Donna” e gode dei patrocini di Regione Lombardia, Provincia di Mantova, Comune di Castel d’Ario, Comune di Mantova e Associazione Pro Loco Castel d’Ario.
In mostra sono esposti 60 opere (dipinti e sculture) realizzati da: Celso Maggio Andreani • Paolo Baratella • Nevio Bedeschi • Franco Bellardi • Federico Bellomi • Antonio Bobò • Edi Brancolini • Sabina Capraro • Giovanni Cerri • Stefano Ciaponi • Rossano Cortellazzi • Luciano Cottini • Walter Davanzo • Giuseppe De Luigi • Gioxe De Micheli • Isabella Dovera • Franco Dugo • Giovanni Faccioli • Giuseppe Facciotto • Marina Falco • Renato Galbusera • Giordano Garuti • Aurelio Gravina • Denis Guerrato • Maria Jannelli • Veronica Longo • Giovanni Lo Presti • Luca Vernizzi • Bruno Lucchi • Licia Mantovani • Marco Manzella • Massimo Marchesotti • Patrizia Masserini • Vito Melotto • Elettra Metallinò • Antonio Miano • Maria Micozzi • Anna Moccia • Giorgio Mori • Ezio Mutti • Alessandro Nastasio • Sandro Negri • Impero Nigiani • Piero Paoli • Adriano Pavan • Carlo Previtali • Liberio Reggiani • Giorgio Rossi • Giordano Scaravelli • Paolo Soragna • Giuseppe Tecco • Saverio Terruso • Luigi Timoncini • Antonio Tonelli • Giuliano Trombini • Vito Vaccaro • Alberto Venditti • Tono Zancanaro • Domenico Zangrandi • Carlo Zoli.
Giancarlo Malacarne
FRUSCIANTI VESTIMENTI E SCINTILLANTI GIOIE
La moda a corte nell’età gonzaghesca
Quello che ci disponiamo a presentare è il risultato di una catalogazione documentaria da noi sviluppata e studiata in quasi un quarto di secolo, che ha puntigliosamente conservato memoria di elementi diretti e accessori pertinenti il “fenomeno moda”, che qui abbiamo inteso articolare affrontando quattro diversi e pur convergenti momenti di grande spettacolarità e funzionalità, individuati nel contesto dell’abbigliamento, dei gioielli, dei profumi, dei balli, con assoluta preponderanza del primo e secondo aspetto.
Non abbiamo valutato necessario essere “esperti” di quanto andavamo raccogliendo, né, ora, scrivendo, convinti come siamo che la parola sia priva di significato, e tuttavia creduto che le righe che sempre più in profondità andavamo esaminando potessero sì rivelare una condizione già per qualche verso indagata in passato, ma così densa di questioni ancora irrisolte e di amplissime zone d’ombra da poter essere ripresa e portata all’attenzione di un vasto pubblico di lettori ai quali presentare risvolti inaspettati, luci mai colte, suoni mai uditi, bagliori mai percepiti.
Pensare alla moda nel Quattro, Cinque, Seicento, significa concedersi a condizioni di piacere e spettacolo sostenute da un impianto culturale inimmaginabile al di fuori dello specifico ambito; il che equivale a condividere idealmente un dettato mitico, leggendario, che si presenta in tutta la sua forza e vitalità; ed entrambe le condizioni fanno senz’altro leva su un qualcosa che tutti permea ed avvolge: la vanità.
Il mutare delle fogge e la straordinaria attenzione posta all’abbigliamento, crediamo possa interpretarsi come un segno del dinamismo che pervade la società urbana e, di più, la società curtense. La necessità di distinguersi e riconoscersi da parte di un ceto dominante, convoglia sforzi e potenzialità che non si manifestano esclusivamente d’ordine sociale o politico, ma soprattutto economico. Basterà infatti pensare agli interessi ed affari che coinvolgevano molte categorie nel settore degli abiti e complementi d’abbigliamento; e se è vero che i vestiti hanno da sempre espresso la funzione di proteggere dal freddo o dal caldo, è anche vero che nel loro complesso propositivo giungono a veicolare messaggi di grande significato simbolico.
Tutto ciò per dire che insieme alla necessità di agghindarsi per essere visti, più o meno agli inizi del XIV secolo nasce un linguaggio universale attraverso il quale il “fenomeno moda” si dilata a un contesto che lo elegge a occasione di studio e analisi del mercato di un enorme indotto, non solo, ma a espressione di una categoria che cerca nuovi stimoli e percorsi per mantenere la posizione predominante acquisita nei secoli.
Uno storico del calibro di Fernand Braudel, a sostegno della tesi che vuole la moda al centro di problematiche di carattere culturale, sociale ed economico, scrive che «La storia degli abiti è meno aneddotica di quello che appaia. Essa pone tutti i problemi: delle materie prime, dei procedimenti di lavorazione, dei costi, delle immobilità culturali, delle mode, delle gerarchie sociali». Non possiamo infatti guardare ai rituali delle mode immaginandoli sganciati da una quotidianità operativa che di tutto ciò tiene conto.
Nella prima parte, nella quale ci disponiamo all’abbraccio di una stagione di dolci splendori, ci limitiamo al tempo di Isabella d’Este, la Primadonna del Rinascimento, circonfusa di quella luce che ne ha fatto una leggenda mentre ancora era in vita, specchio delle dame e mode del suo tempo, antesignana di mille programmi ed elaborazioni culturali, difensore appassionato di un concetto di aristocrazia che per affermarsi si affida non solo alla politica ma anche all’eleganza, a una dosata opulenza, a una sapiente commistione che esprime l’effervescente universo nel quale si intersecano sentimenti, emozioni, invidie, drammi, in un vortice infinito di accadimenti che, tutti, concorrono alla definizione del fenomeno al quale già abbiamo rimandato. Ma, per poter comprendere di cosa si trattasse, abbiamo dovuto attendere a lungo, compulsare infiniti documenti, analizzare lemmi, procedere ai distinguo che scandiscono i diversi ambiti d’indagine, cercare di penetrare i luoghi della mente nei quali si definiscono scelte che solo all’apparenza possono considerarsi indirizzate all’effimero. Soprattutto ci siamo calati in un contesto sociale che presenta non ciò che realmente è, bensì ciò che appare più evidente agli occhi.
I potentes non si porgono al giudizio dei posteri in abito serafico, ma nel segno dello splendore, del prestigio, del carisma che necessariamente deve accompagnarli nel cammino terreno che per molti versi preparerà l’altro cammino, quello – non per tutti – dell’immortalità. E pensare che ciò possa accadere attraverso la luce scintillante di un diamante o un rubino, attraverso la calda carezza di un meraviglioso abito, di una stupenda acconciatura, di un paradisiaco profumo, non è cosa fuori luogo né ingannevole proposta analitica, se solo si considera il ruolo e il peso che ebbero nella organizzazione globale della corte, gli elementi dei quali abbiamo detto e che nelle pagine del libro esamineremo.
Il cruciale passaggio tra Quattro e Cinquecento è un momento di mutamenti sociali, artistici, culturali, ma anche di sostanziale omogeneità del divenire che guarda alla modernità. In esso si svelano contemporaneamente presenti molti problemi attinenti l’universo dell’abbigliamento e dei gioielli, che di volta in volta vengono affrontati con caratteristiche che si differenziano a livello locale ma che globalmente proiettano il fenomeno nella sua totalità, e complessità, e straordinario vigore, e bellezza. Per questo si è reso necessario un intervento di interpretazione che non si affidasse esclusivamente al profilo estetico ma cercasse di penetrare quello simbolico e antropologico.
Sì, è stata per noi una scoperta straordinaria, perché mai avremmo pensato che l”universo moda” potesse manifestare note tanto piacevoli e così fascinosi ambiti; mai avremmo creduto di perderci nelle cronache di feste grandiose, nelle quali abiti e gioielli narrassero storie tanto suggestive, tanto coinvolgenti, al punto da farci partecipi di una condizione che non è solo quella dello studioso che cerca di capire, ma anche quella dell’uomo che, nella lettura di un passato remoto ma non perduto, trova le ragioni di un piacere che non sapeva essere tanto intenso. La stagione di Isabella è in questo senso così densa di eventi da rivelarsi non completamente prendibile in termini di acquisizione di concetti e contenuti intellettuali.
La prima parte dell’opera guarda dunque alla marchesana di Mantova come alla testimonial culturale che accompagna la nostra incursione nella frizzante vertigine del Rinascimento, un tempo onusto di splendori, suoni e dirompenti sentimenti. Passeremo nel crogiolo delle emozioni scatenate dalle narrazioni che cronisti e protagonisti di queste storie ci partecipano; ma è possibile che costoro, i quali ogni problema vivevano direttamente, non sapessero che in futuro, ancora e più in profondità, lo stupore avrebbe pervaso mente e corde, e la bocca atteggiata a un moto di sorpresa e meraviglia.
Forniamo di seguito l’indice dei capitoli, riservandoci successivamente un commento sulla seconda parte e sottolineando le finalità di un glossario di circa 1500 lemmi che specificamente rende conto degli astrusi lemmi medievali e rinascimentali che si riscontrano nella proposta documentaria globale.
Il volume, articolato in 11 capitoli per 505 pagine di testo, è corredato da un apparato iconografico straordinario di circa 400 immagini, interamente a colori, didascalico e funzionale all’interpretazione degli argomenti sviluppati; oltre a ciò un secondo volume di documenti e apparati di 163 pagine che completa l’opera sotto il profilo scientifico.
L’abito è senza dubbio il riflesso delle più salienti svolte della storia, della cultura e della struttura economica. In tempi recenti in Italia gli studi pertinenti l’origine della moda hanno registrato un sostanziale incremento rispetto al passato, superando così, pur se i contributi non sono numerosissimi, l’incomprensibile disinteresse di molti storici e storici dell’arte, che hanno valutato effimero e svuotato di specifico artistico la galassia dell’abbigliamento e dei gioielli. Le fonti disponibili presso gli archivi, pubblici e privati, oltre alla notevole produzione pittorica dei secoli scorsi, offrono la possibilità di un’analisi comparata particolareggiata di un ambito dunque trascurato e pur saturo di fermenti e straordinarie espressioni artistiche. Gli inventari pertinenti doti ed eredità, i registri di carico degli acquisti, le puntigliose inventariazioni dei guardarobba delle nobildonne medievali e rinascimentali, strumenti operativi preziosissimi e insostituibili, spalancano le porte a un fervente moto di interesse e adesione mirato a nuovi studi, dai quali rilevare usi, consuetudini, capricci e desideri di un mondo in costante ebollizione.
Ma è soprattutto attraverso la corrispondenza che noi abbiamo creduto di intraprendere un cammino di ricerca e conoscenza. Per far questo abbiamo dovuto parallelamente affrontare l’aspetto lessicologico del problema, considerato quanto la terminologia agisca sul contesto e ne divenga componente fondamentale, facendosi – mille volte lo abbiamo verificato – scrittura del quotidiano.
Al di là dei regesti disponibili, abbiamo valutato che la ricerca effettuata sulle lettere che correvano tra la corte e le infinite istanze interne ed esterne ad essa, fosse molto più dispendiosa in termini di tempo e di energie, ma potesse riservare la scoperta di una suggestione senza pari, tenuto conto che l’analisi si sarebbe effettuata sfruttando prima di ogni altro elemento i “punti di vista” dei protagonisti. Dobbiamo infatti con vigore sottolineare, apprestandoci a illustrare questa seconda parte, che il fine da noi perseguito, il nostro profondo interesse, il massimo piacere della ricerca, sono volti sì allo studio del costume, alla catalogazione degli abiti, dei gioielli, dei profumi, dei balli che in oltre trecento anni di storia si sono succeduti sulla scena curtense, alla elencazione dei mille orpelli che costituiscono anche le più bizzarre decorazioni e acconciature, alla concretizzazione insomma di un dettato storico che analizza l’esplosione del ”fenomeno moda” nella sua accezione più ampia e generale, ma intende tuttavia farlo attraverso la presentazione di quegli uomini e quelle donne che gli abiti più preziosi hanno acquistato e indossato, che i gioielli più costosi hanno commissionato a valentissimi goiolieri, che hanno rincorso i mercanti per l’Italia e l’Europa intera, che hanno amato, gioito o pianto per questo, che pur di mostrarsi con un abito straordinario hanno sofferto e bruciato di avvampanti trasalimenti ed emozioni, e urlato e riso e litigato e pregato e … Questo è il passaggio fondante che ha indirizzato il nostro interesse nello specifico della moda; questo è il movente culturale – si potrebbe dire antropologico – che ci ha affascinato: legare la profondità di un fenomeno sociale quale può interpretarsi la moda in fatto di abbigliamento e di gioielli, alla quotidianità nella quale tutto si stempera e consuma.
Bisogna leggerle quelle lettere! Bisogna penetrare in qualche modo le emozioni che determinano l’immersione nel passato e la frequentazione di una quotidianità solo all’apparenza priva di slanci e mordente, e considerare come gli anni, addirittura i secoli, scorrano nel solco di una ricerca che vede una categoria sociale proiettata a una sorta di autoidentificazione che passa prima nel crogiolo dei più disparati sentimenti e poi nell’effervescente ambito della moda, attraverso il quale realizzare sé e i propri sogni, hortus conclusus dove rifugiarsi per sfuggire la più alienante delle omologazioni.
E’ dunque necessario aprire cassoni e bauli, dischiudere armadi e guardaroba, curiosare in forzieri e scrigni; ma prima ancora si dovrà varcare la soglia dell’abitazione, della casa, odorarne gli intensi effluvi e porsi degli interrogativi in relazione a ciò di cui dame e cavalieri si circondavano ma, soprattutto, guardarli in viso, osservarli attentamente e cercare di cogliere dalle loro parole di protagonisti, senza tema di accostamenti arbitrari, il senso dei contenuti di ordine sociale, culturale, politico, economico, artistico che ruotano intorno all’abbigliamento, elemento trainante in qualsiasi altro contesto di moda si possa immaginare. Allora, in queste schegge di quotidiano incontreremo i cento colori di stupendi tessuti e le sfumature più calde e inebrianti, ma anche i problemi esistenziali che spesso affliggevano l’aristocrazia quanto il popolo; accarezzeremo abiti, accessori e gioielli che enfatizzavano il prestigio e la ricchezza dei detentori, ma anche ci imbatteremo nei loro sentimenti e nel vissuto che li concretizza. Così il cerchio si chiuderà, la storia avrà un senso e il lavoro di ricerca non sarà fine a se stesso.
E’ il caso di giustificare come nel nostro intervento si privilegi la casta aristocratica rispetto a quella popolare, tenuto conto di come la prima disponga di un giacimento documentario infinito al quale attingere a piene mani, mentre la seconda di pochissime e spesso casuali note che illustrano il problema, per la scarsa attenzione che in passato si attribuiva a quelle categorie che nulla o poco rivelavano di interessante nel contesto di un lusso al quale non era loro dato accedere.
Dunque, il nostro tentativo di ricostruzione dei contorni materiali dell’abbigliamento e relativi accessori si sviluppa nella frequentazione di quell’aristocrazia che poteva permettersi di indossarli, costituendo nei fatti il fenomeno al quale abbiamo creduto di abbandonarci senza riserve, per il piacere di conoscere e partecipare tanto fascino e suggestione.
Giancarlo Malacarne, storico e giornalista, è direttore della rivista d’arte, storia e cultura “Civiltà Mantovana”, per la quale ha redatto numerosi saggi; collabora con giornali, riviste e pubblicazioni di carattere storico. Nel 2004 gli è stato assegnato il I premio nazionale “Orio Vergani” dell’Accademia Italiana della Cucina per il libro “Sulla mensa del Principe”.
E’ autore di:
– Araldica Gonzaghesca, la storia attraverso i simboli (1992);
– Mantova, la Dama del Lago (racconti, 1993);
– Sabbioneta, l’anima di un uomo (romanzo storico, 1994);
– Il mito dei cavalli gonzagheschi. Alle origini del purosangue (1995);
– Il Palazzo Ducale di Mantova. Immagini da un sogno dinastico (1996);
– La luna rotta (racconti mantovani, 1997);
– Barbara Hohenzollern del Brandeburgo – Il Potere e la Virtù (1997);
– Le cacce del Principe – L’ars venandi nella terra dei Gonzaga (1998);
– Mantova – Sulle ali di un sogno (racconti, 1999);
– Sulla mensa del Principe – Alimentazione e banchetti alla Corte dei Gonzaga (2000;
– Chi ha ammazzato Isabella d’Este? Un giallo mantovano (indagine giornalistica, 2001)
– Le feste del Principe – Rituali giochi divertimenti spettacoli di corte (2002)
– I signori del cielo – La falconeria a Mantova al tempo dei Gonzaga (2003)
– Ascesa di una dinastia – Da Luigi a Gianfrancesco (1328-1432) (I volume dell’opera in cinque tomi I GONZAGA DI MANTOVA – Una stirpe per una capitale europea) (2004);
– Il sogno del Potere – Da Gianfrancesco a Francesco II (1432-1519) (II volume dell’opera in cinque tomi) (2005);
– La vetta dell’Olimpo – Da Federico II a Guglielmo (1519 – 1587), (III volume dell’opera in 5 tomi) (2006)
– El più soave et dolce et dilectevole et gratioso bochone – Amore e sesso al tempo dei Gonzaga, a cura di C. Cipolla e G. Malacarne, FrancoAngeli, 2006
– Splendore e declino – Da Vincenzo I a Vincenzo II (1587-1627) (IV volume dell’opera in 5 tomi) (2007);
– Nel nome del Sangue – I cavalieri del Redentore
– Mantova, Società per il Palazzo Ducale, 2008
– Morte di una dinastia – Da Carlo I a Ferdinando Carlo (1628-1708) (V volume dell’opera in 5 tomi) (2008)
– Giochi e gioco del calcio tra Medioevo ed Età Moderna – Note documentarie sui calcianti gonzagheschi (2009)
– GONZAGA: Genealogie di una dinastia – I nomi e i volti (2010)
– Bundén e il suo territorio – Tradizioni religiose e rituali della mensa, con C. PRANDI (2011)
– Lords of the sky – Falconry in Mantua at the time of the Gonzagas (2011)
– Fruscianti vestimenti e scintillanti gioie – La moda a corte nell’età gonzaghesca (2012)
– Il trionfo del gusto – La cucina nell’Età Gonzaghesca tra alimentazione e ritualità conviviali (2013)
– La cucina mantovana nel XIX e XX secolo- La tradizione retaggio culturale famigliare e territoriale (2013)
Suoi saggi compaiono in: Atti e memorie dell’Accademia Nazionale Virgiliana (1992); commentario al fac-simile del codice De Sphaera (1995, edizione in quattro lingue); Vespasiano Gonzaga (1996); Monete e medaglie di Mantova e dei Gonzaga dal XII al XIX secolo – La collezione della Banca Agricola Mantovana (1997); commentario al fac-simile del Libro di devozione di Alberto di Brandeburgo (1997, edizione in quattro lingue); commentario al fac-simile dell’Offiziolo alfonsino (2004); moltissime altre pubblicazioni di carattere storico-scientifico.
Apprezzato conferenziere ha inoltre curato l’allestimento delle mostre araldiche nel Palazzo Ducale di Sabbioneta (1992) e nel Palazzo Ducale di Mantova (1993).
Sede: Casa Museo Sartori
Luogo: Castel d’Ario (Mn), via XX Settembre, 11/13/15
Idea e progetto: Adalberto Sartori
Mostra e catalogo a cura di: Arianna Sartori
Testo critico in catalogo: Maria Gabriella Savoia
Catalogo: Archivio Sartori Editore, Mantova
Organizzazione: Casa Museo Sartori Associazione Culturale, Castel d’Ario
In mostra sono esposti 60 opere (dipinti e sculture)
Orari: Sabato 15.30-19.30 – Domenica 10.30-12.30 / 15.30-19.00. Ingresso libero.
Info: tel. 0376.324260
Con il patrocinio di:
Regione Lombardia nella persona dell’Assessore alle Culture, Identità e Autonomie Cristina Cappellini
Provincia di Mantova nella figura del Presidente Alessandro Pastacci
Comune di Castel d’Ario nella figura del Sindaco Sandro Correzzola
Comune di Mantova nella figura del Sindaco Nicola Sodano
Associazione Pro Loco Castel d’Ario