Renzi dovrebbe ridisciplinare tutta la materia che regola l’estrazione di petrolio? Così pare, stando alla risoluzione del Senato, Commissione Ambiente, della scorsa settimana. Cuor di leone: il Parlamento invece di legiferare chiede al Governo di farlo al posto suo.
Ma non basta: fa finta di ignorare che tutti i progetti depositati ad oggi in Parlamento vogliono il blocco delle attività petrolifere, e non la disciplina di tali attività. Una patata bollente che il Senato non vuole tenere in mano e passa al Governo: del resto, a colpi di decreti si è sempre ottenuto tutto.
Ma la sua parte il Senato l’ha fatta la scorsa settimana con tre non azioni indicate nella risoluzione:
– aumento delle royalties al 50%: cosa di per sé già inutile ma in più prevista solo per le nuove concessioni
– parere obbligatorio degli enti locali nel procedimento V.I.A.: non si sono accorti, i Senatori, che l’obbligo già esiste
– ratifica del protocollo offshore della Convenzione di Barcellona: fatto già accaduto perché l’Unione Europea ha aderito, e Italia conseguentemente.
Così Enzo di Salvatore, il teramano candidato alla Circostrizione Meridione per la lista Tsipras. Di seguito le sue dichiarazioni.
AGEA
“Mentre presso la Camera dei Deputati sono ancora in corso le audizioni informali per capire in che modo intervenire sulle attività petrolifere in mare e in terraferma, la Commissione Ambiente del Senato ha approvato ieri una risoluzione con cui si impegna il Governo ad intervenire rapidamente in materia. Quello che in sostanza i senatori chiedono con la risoluzione approvata è che il Governo Renzi presenti presto un disegno di legge sulle attività petrolifere.
Un modo come un altro per perdere tempo, in quanto i nostri rappresentanti in Parlamento ignorano che ci sono due questioni sul tappeto che vanno considerate e trattate separatamente: da un lato, il problema dei progetti petroliferi riavviati nel 2010, tra i quali c’è Ombrina mare in Abruzzo; dall’altro, il problema di dotare il nostro Paese di una legge organica e più moderna, che non subordini agli interessi economici di pochi gli interessi della collettività intera sulla salvaguardia dei beni comuni”.
La critica di Di Salvatore si indirizza al modo di procedere dei Parlamentari, che, a suo parere, non avrebbero alcuna idea politica complessiva.
“I progetti di legge presentati finora in Parlamento riguardano il blocco delle attività petrolifere, non la disciplina di tali attività.
Se si è convinti che vi sia necessità ed urgenza di intervenire sulle attività già riavviate, allora occorrerebbe chiedere un decreto-legge, non una legge.
Perché i parlamentari non chiedono questo?
Dopodiché si può discutere di una legge organica di settore. Assieme ad altri colleghi – non solo giuristi – ci sto lavorando da tempo. E non è certo cosa che si possa risolvere con la bacchetta magica.
Invece, con la risoluzione approvata si chiede di tutto e di più: l’aumento delle royalties al 50%, ma solo per le nuove concessioni – come se fosse questo il problema principale! -, l’acquisizione del parere degli enti locali nel procedimento V.I.A., che in realtà già esiste; la ratifica del protocollo offshore della Convenzione di Barcellona, cui l’Unione Europea ha già aderito.
Quella approvata dalla Commissione Ambiente del Senato, dunque, è una risoluzione che “non risolve. Inutile, carente ed ambigua”.