Università degli Studi D’Annunzio. Cassazione e Corte d’Appello danno ragione agli enti locali: non sono dovuti i contributi (circa 10 milioni di euro) per le spese precedentemente sostenute dalla Libera Università.

Dopo quasi venticinque anni di contenzioso la Provincia vince contro la D’Annunzio che chiedeva agli enti locali già aderenti al Consorzio per la Libera Università  una somma complessiva, a titolo di contributi arretrati,  si circa 10 milioni di euro;  due milioni e mezzo di euro nei soli confronti della Provincia di Teramo .

Prima la Cassazione e poi la Corte d’Appello dell’Aquila (con la sentenza  n.152/2014, depositata lo scorso messe di febbraio) chiudono una vicenda iniziata nel 1989, quando la D’Annunzio citò la Provincia di Teramo, nonché le Province di Chieti e Pescara ed i  Comuni  di Teramo e Pescara,  per i contributi richiesti e non versati dalle amministrazioni locali aderenti al Consorzio per la Libera Università degli studi “Gabriele D’Annunzio”,  organismo costituitosi nel 1965 e poi soppresso nel 1982 con l’istituzione, per effetto della L. 590/1982, dell’omonima Università statale.

Il Consorzio era stato formato proprio fra le Province di Pescara,  Chieti e Teramo e dai Comuni capoluogo, i quali, come scritto nello Statuto, “dovevano provvedere a sostenere annualmente le spese dell’Università secondo riparto proporzionale risultante dallo Statuto del Consorzio”.

Nel 1989, l’Università D’Annunzio cita in giudizio  gli enti locali richiedendo la complessiva somma di 8 miliardi e 415 milioni delle vecchie lire – oltre a rivalutazione, maggior danno ed interessi –  per spese precedentemente sostenute dalla Libera Università.

Ci sono voluti tre gradi di giudizio – la Provincia è stata difesa dagli avvocati Gennaro Lettieri e Piero Zanfagnini, nonché dall’avvocato dell’ente Antonio Zecchino –  ma la Corte d’Appello,  all’esito della cassazione delle precedenti statuizioni sfavorevoli agli Enti locali  e del rinvio ad essa della decisione,  ha rilevato che le richieste dell’Università sono infondate e che, quindi, devono essere respinte: ciò anche sulla scorta dei principi statuiti con la sentenza del 2009 della Corte di Cassazione, secondo cui  “sono dovuti dagli enti consorziati i soli contributi delle spese di impianto della Università sempre che le stesse risultino da progetti, perizie e preventivi preventivamente approvati” e comunque deliberate in data antecedente a quella di entrata in vigore della L. n. 590/1982.

Ma i conti consuntivi di dieci anni del Consorzio venivano approvati tutti insieme con un unico atto deliberativo nel 1982 e solo successivamente alla legge di statizzazione e, altresì, non tutte le spese risultavano riconducibili a quelle rimborsabili da Statuto.

Così la Corte d’Appello, sulla scorta  dei principi formulati al riguardo dalla Cassazione,  ha “respinto tutte le domande proposte dall’Università” D’Annunzio nei confronti degli Enti locali già consorziati, fra cui la Provincia di Teramo.   Una materia, comunque, “tanto nuova e complessa”  da far sentenziare la compensazione fra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio.


Teramo 28 marzo 2014