Giulianova. CROLLANO MISERAMENTE I QUARTIERI DELLA RIVOLUZIONE di Eden Cibej
Giulianova, proposti come “un modello per l’Abruzzo”
CROLLANO MISERAMENTE
I QUARTIERI DELLA RIVOLUZIONE
La ‘Demos’ del prof. Di Marco da Querelante a Querelata?
di Eden Cibej
Era ovvio che finissero così: fin dalle assemblee “preparatorie” semi deserte, si capiva che i cittadini non erano interessati ad una iniziativa sbandierata come “nuova frontiera della democrazia” da una maggioranza politica alla quale già non venivano attribuite le necessarie attitudini, o disponibilità, a fornire una rappresentazione positiva della normale democrazia affidata alla loro amministrazione.
Si percepiva chiaramente anche il condizionamento legato all’approssimarsi delle elezioni: probabilmente non era estranea neppure l’ansia di estendere il voto ai ragazzi di 16 e 17 anni, in difformità dal Dettato Costituzionale. Sicché, mentre la cittadinanza snobbava l’iniziativa, questa continuava ad essere dipinta con orgoglio dall’Amministrazione comunale e dalla Demos di Carlo Di Marco, autrice del “Regolamento”.
Dopo lo scioglimento del Quartiere “Paese” a seguito delle dimissioni del suo presidente Dr. Valerio Semproni, persona nota per essere retta e propositiva, nei giorni scorsi sono crollate anche le impalcature dei Quartieri “Frazioni” e “Lido”. La prima per il ripetuto “non raggiungimento” delle canoniche trenta (!) presenze di cittadini residenti; il Quartiere “Lido”, come è stato dichiarato in assemblea pubblica, per la “lontananza” del Comune dall’operatività del Comitato.
Dei restanti due Comitati di Quartiere, “Centro Storico” e “Annunziata”, il primo ha dovuto convertire una recente riunione in “incontro informale” (sempre per non aver raggiunto le necessarie 30 presenze), il secondo tira a campare in attesa di qualche resa dei conti già nell’aria: nulla di più prevedibile da una “democrazia partecipata” votata dall’8 per cento dei cittadini (compresi i sedicenni e i diciassettenni) e ignorata dal 92 per cento della popolazione.
Questo presunto ‘modello di democrazia’ progettato dal Prof. Di Marco per il Comune di Giulianova – modello che addirittura prevede, in discreto stile sovietico, la messa a verbale delle generalità di chi vota “No” in una all’Assemblea di Quartiere ma più volte definito dal suo autore “qualcosa di rivoluzionario” – ha recentemente suggerito all’Associazione Demos, della quale il professore è presidente, di firmare un articolo di “puntualizzazione” a commento di una nota apparsa su “La Città – Il Resto del Carlino” relativa al fallimento dei Quartieri a Giulianova.
Dopo aver gentilmente titolato “Continua stupidamente la criminalizzazione della nostra Associazione da parte di un giornalista locale” avendo poi cura di non riportare nessuna delle affermazioni atte a farci conoscere l’oggetto della dichiarata “criminalizzazione”, la Demos esordisce sottolineando ‘altruisticamente’ che “non è costume della nostra associazione entrare in polemica con l’informazione” e fa presente che la stessa “associazione dà un giudizio positivo sull’esperienza partecipativa fin qui costruita…ecc.” (un po’ come la mamma che giura sulla verginità della figlia).
Rivolgendosi con tono di sfida ai cosiddetti “ben informati” la Demos – il cui stile espositivo somiglia molto a quello del suo presidente Carlo Di Marco – pone alcune domande:
1) in quale comune d’Abruzzo siano stati eletti comitati di Quartiere a suffragio universale,
2) capaci di controllare il potere politico locale; nei quali
3) sia possibile svolgere un referendum abrogativo, consultivo o propositivo;
4) presentare al Comune una proposta di iniziativa popolare”, ecc.
Sul punto 1) il prof. Di Marco non si è chiesto “in quale Comune qualcuno osi parlare di “democrazia partecipata” quando i votanti siano stati solo l’8 per cento ed i candidati solo 7 su 11 previsti; quanto al suffragio universale, esso è consentito ovunque, non solo a Giulianova, basta chiederlo; ovviamente bisogna anche saperlo organizzare;
2) che i Quartieri abbiano mai controllato il Comune, e non viceversa, è tutto da dimostrare;
3) i referendum possono essere indetti anche senza i Quartieri; e l’esito non è mai vincolante per il Comune;
4) le proposte di iniziativa popolare possono essere fatte in tanti modi; la più frequente è la raccolta di firme. Anch’esse non sono vincolanti, benché sottoscritte da migliaia di cittadini; figurarsi se formulate da una “maggioranza” di Quartiere di 16 persone sulle 30 sufficienti (!).
A proposito delle dimissioni e del conseguente sgretolamento dei Quartieri citati, vanno doverosamente sottolineate le nobili e dettagliate ragioni di delusione illustrate dai due presidenti Filomena Bruno per il “Lido” e Fernando Della Valle per le “Frazioni”, oltre che dal Dott. De Luca membro del Comitato del Lido. La loro spontanea commozione finale ha evidenziato la sincerità dell’impegno profuso in un ruolo non adeguatamente assecondato dall’Amministrazione comunale di Giulianova.
Anche le lacrime solidali della presidente del Quartiere “Centro storico”, Anna Braca, presente alla riunione, hanno confermato il crollo rumoroso che il progetto meritava.
La sorprendente iniziativa giornalistica dell’associazione di Carlo Di Marco si conclude con l’invito al quotidiano “La Città – Il Resto del Carlino” a “non insistere” nella “pubblicazione di immagini personali” e nel “coinvolgimento esplicito nella ‘mischia’ di chi non lo ha chiesto” e che “sui giornali non vuole andare se non per libera scelta”. Diversamente, “ci vedremo costretti” – conclude la nota Demos – “alla tutela dell’immagine delle persone e dell’Associazione Demos nelle giuste sedi”.
Rilevato che Di Marco non vuole apparire pur avendo accettato di
- presiedere l’ “Organismo Indipendente di Valutazione”,
- di aver promosso l’iniziativa “Deliberiamoci ancora”
- e persino relazionato su un pagamento dovuto dal Comune ai Vigili Urbani, a quanto pare per lavoro straordinario di un anno prima, riteniamo doveroso riferire la risposta del direttore del giornale, Alessandro Misson, laddove ricorda il ruolo e i diritti-doveri dell’informazione anche alla luce dell’art. 21 della nostra Costituzione (“la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”), norma che il prof. Di Marco conosce sicuramente bene visto che nell’università di Teramo è “docente di diritto pubblico”.
L’aver attribuito al giornale intenti di “criminalizzazione” e di “adottare un comportamento stupido senza addurre motivazioni plausibili e documentate” nei confronti del giornale, ha indotto infine Misson a dare mandato ai suoi legali al fine di tutelare “l’immagine, l’onorabilità e la professionalità della testata “La Città, del suo direttore e della giornalista” nei confronti di Carlo Di Marco “e di tutti coloro che sono racchiusi nella generica sigla Demos a firma della nota”.
La promessa azione legale di Alessandro Misson consentirà, tra l’altro, di chiarire se la lettera Demos sia stata fatta propria da tutti i suoi membri, che in tal caso verrebbero coinvolti nell’azione penale, o se invece sia attribuibile al solo Di Marco. In quest’ultima ipotesi, all’interno della Demos potrebbero nascere situazioni imprevedibili.