E’ noto che la democrazia é il miglior regime possibile, ma non per questo non si deve migliorarla, quanto meno farla uscire da un suo stato di avanzata obsolescenza, alla quale, purtroppo, tutti i sistemi politici prima o poi, in quanto sistemi, sono soggetti.Si sa, anche, che in passato i regimi dittatoriali hanno già provocato olocausti terribili: si ricorda quello nel primo novecento degli Armeni ad opera dei Turchi, quello dei Curdi ad opera di Saddam o, in questi ultimo periodo storico, quello nella ex Jugoslavia e tra le popolazioni africane ad opera di governi corrotti.
Detti olocausti delle dittature hanno in comune il fatto di essere stati realizzati in tempi relativamente brevi. In pochi anni i nazisti hanno eliminato 16 milioni di Ebrei e di zingari, un milioni di Armeni sono stati massacrati in pochi giorni, esattamente come i Curdi in Iraq e cosi via. Questi olocausti hanno in comune anche il fatto di essere stati commessi senza un minimo di preoccupazione dell’opinione pubblica presso gli altri paesi e spesso sono stati teorizzati e giustificati con argomenti più o meno folli.
Oggi si sta assistendo al regime della Democrazia, la quale, venendo meno col tempo le istanze ideologie etiche e culturali del suo sorgere, anch’essa sta diventando sempre più obsoleta, trasformandosi nella peggiore delle dittature, cioè in una forma autoritaria di governo in cui di fatto il potere è accentrato in classi egemoni di persone, che, auto-referenziandosi, possono eludere il pieno rispetto di Leggi, delle Norme Costituzionali o di altri fattori politici e sociali della collettività.
Si pone, a tal punto, la domanda se la dittatura della Democrazia possa diventare anch’essa artefice di olocausto. E’ una domanda che è necessario formulare con coraggio per dare alla stessa una possibile risposta.
E la risposta è, purtroppo,: si.
Il paradosso è che, a differenza dei regimi dittatoriali, quello della democrazia spalma il proprio olocausto ogni giorno, in ogni momento del vivere quotidiano. Esso non è un gesto folle di un momento storico, come nelle dittature, ma un insieme continuo di gesti apparentemente normali ma che uccidono nell’anima ogni giorno il cittadino rendendolo sempre più un suddito. Nelle dittature sono noti i nomi ed i cognomi dei responsabili. Questi qualche volta nella storia risultano condannati se non addirittura puniti, per la giustizia e la pace delle genti. Purtroppo nella democrazia, se questa diventa dittatura, spesso non si conoscono i nomi ed i cognomi dei responsabili e, quand’anche ciò fosse possibile, nessuno è punito, generando ogni giorno, nei cuori della gente, solo rabbia, frustrazioni, rancore, o, peggio ancora, rassegnazione.
Il paradosso, in quanto tale, è di difficile spiegazione. Ed è appunto in tale paradosso che oggi si trovano l’Italia e tutte le democrazie occidentali.
Ed infatti, sin dal mattino, quando si sta al bar a far colazione, si ha la sensazione che le parole abbiano cambiato di significato. Da sempre avere ‘torto’ o avere ‘ragione’ su qualsiasi argomento era ormai direttamente associato al fatto di ‘perdere’ o ‘vincere’. La storia è scritta da sempre dai vincitori e la democrazia ha vinto. Oggi però le cose si sono ulteriormente mistiticate: è il “mercato” la gente a stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Ma chi?
E se per disgrazia uno voglia dissentire, nella migliore delle ipotesi si sentirà dire che “è il mercato a scegliere”. Di fronte a tale affermazione, qualunque discorso perde di significato. ‘Mercato’ è sinonimo di ‘democrazia’, per cui l’ olocausto della democrazia è anche l’ olocausto del mercato. Chi dissente oggi nei confronti dei vincitori o delle loro scelte, specialmente quando queste scelte peggiorano la vita dei sudditi, vuol dire disturbare il quieto vivere. Si è quindi di fronte ad un altro paradosso: non è ‘pericoloso’ chi provoca una guerra , ma chi la contesta.
A nulla poi serve l’evidenza dei fatti che le guerre contemporanee non vengono fatte per essere vinte, ma semplicemente per essere portate avanti.
Ci si è seduti dalla parte del torto perché ogni altro posto era occupato, citando Brecht. Più si cerca di spiegare, più si approfondisce l’argomento, più diventa difficile comunicare.
Spesso si parla di ‘normalità’ e di ‘quotidianità’ assumendo che più o meno i due termini coincidano e si scopre che la quotidianità è lontanissima dalla normalità.
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