L'acqua, il bene primario della vita, purtroppo, appare ancora perdersi e disperdersi nel buco nero della cattiva gestione e nell'indifferenza della politica. Regna ancora l'immobilismo. Ai danni dei cittadini. I cittadini che vedono ancora la remunerazione del capitale nella propria bolletta, i cittadini che vivono i disagi dei disservizi nell'erogazione dell'acqua potabile, i cittadini che subiscono l'inquinamento dei mari, dei fiumi, delle falde acquifere per l'effetto di una depurazione poco più che inesistente ed i cittadini che vengono vessati in altri mille assurdi modi: dai distacchi illeciti alle richieste di pagamento di crediti scaduti e forse per giunta inesistenti.
E' il momento di dire basta a tutto questo.
Bisogna riprenderci l'acqua, bene comune, e la sua onesta, trasparente e corretta gestione. Fatta con la chiarezza di un pubblico servizio e non con i paraventi delle società di capitali, costruite intimamente per fare profitti.
Per questo motivo ci pare che le soluzioni di fusione/scioglimento di società proposte in questi mesi, oltre ad essere antitetiche, non appaiono, a nostro giudizio, né appaganti né solutive. A tutela del bene primario del cittadino e per la protezione delle economie pubbliche è ben altra la strada da percorrere. Innanzitutto abbandonando il modello societario della SpA (società per Azioni, di diritto privato) per tornare alla più economica azienda pubblica consortile, con la necessità però che venga amministrata sulla base di competenze e serietà.
Esiste una terza via, sostiene Amanda De Menna con il prof. Giacomo Nicolucci. Quella della creazione di un'azienda speciale consortile (realtà ora che sta tornando in diverse regioni d'Italia e in Europa – es. Parigi) che riceva in dotazione di capitale le reti dalla ISI e che si veda cedere il ramo d'azienda della SASI, che rimarrebbe così in liquidazione fintantoché non verrà posta la parola fine alle mille vicende economico-finanziare (ad esempio il debito verso l'Acea ai 6 milioni di euro di cui al mancato versamento in conto capitale da parte dei comuni soci del vecchio consorzio acquedottistico) perché le responsabilità di anni di mala gestione, inefficiente e clientelare non si possono cancellare e qualcuno ne dovrà prima o poi rispondere.
Una riga orizzontale che getta alle spalle vecchie inefficienze e grossi guasti e che consenta di ripartire daccapo, riversando nuove economie sul territorio e prescindendo da una fallimentare gestione aziendalista del bene comune "acqua", ma che persegua politiche sociali nell'unico vincolo del pareggio di bilancio, quindi con redistribuzione dei profitti.
Per il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua
d.ssa Amanda de Menna
prof. Giacomo Nicolucci