Arriva alla storica Libreria Leoniana nei pressi del Vaticano, in occasione dei 450 anni dalla morte dell’artista-genio Michelangelo Buonarroti (avvenuta a Roma nel 1564), la mostra personale Michelangelo: “I Prigioni” di Francesco Guadagnuolo. Com’è noto, proprio in Vaticano il Buonarroti ha realizzato i grandiosi affreschi della Cappella Sistina, supremo capolavoro pittorico di tutti i tempi.
L’affermato artista siciliano, attivo nella capitale da molti decenni, ha voluto celebrare l’evento con 10 tavole dedicate a “I Prigioni”. La mostra sarà inaugurata sabato 5 luglio 2014 alle ore 17,30 presso la Libreria Leoniana, di Via dei Corridori, 28 adiacente al Vaticano, accanto al Braccio destro del colonnato berniniano e rimarrà aperta fino al 30 ottobre 2014 (tutti i giorni feriali dalle ore 8,00 alle ore 18,30, tranne il giovedì: dalle ore 8,00 alle ore 13,00 e dalle 15,00 alle ore 18,30).
In occasione della mostra pubblichiamo il saggio critico di Antonio Picariello, che descrive il lavoro artistico di Guadagnuolo.
La silenziosa continuità storica nel Transrealismo di Francesco Guadagnuolo contro il Revival Degenerativo
Richard Rorty parla favorevolmente di un’idea riferendosi alla filosofia che potrebbe cambiare le nostre vite che potrebbe e dovrebbe oltrepassare il compito di vetrina delle convenzioni e operare nel simbolo del rinnovamento. Quale sia questo simbolo poi, lo si può ricercare, riconoscere solo se si crede con fede nella forza rivelatrice del segno vitalizzante che l’artista vero ha capacità di attraversare e attraversandolo se ne porta in parte una traccia cui noi tutti riconosciamo per istinto di valore e ne facciamo un referente cui temporalmente affidiamo le nostre identità di bandiera. Come ho già scritto in altri testi in fin dei conti attraverso le rivelazioni segniche dell’artista noi riusciamo a prendere coscienza della sintesi non solo sociale ma soprattutto vitale che il nostro contesto storico ci propone. Francesco Guadagnuolo attraversa l’opera rivelatrice, escatologica, dei Prigioni michelangioleschi e li trasforma dal tridimensionale scultoreo nel prospettico immaginativo della pittura, ma lo fa con un’umiltà devozionale che rivela il senso della preghiera o del mantra quando immette “nel cuore diacronico del pensiero “labirintizzato” della contemporaneità […] le funzioni primordiali delle branchie dell’arte; l’archetypo-anatomico della pittura che in “transrealismo” continuo attiva la circolazione del senso riportando l’origine – metafisica e neoplatonica della scultura intuitiva di Michelangelo – alle sistole e alle diastole della contemporaneità. Con queste opere Guadagnuolo rimette al battito (e al dibattito) cardiaco, l’autonomia che si deve al linguaggio silenzioso e segreto della ricerca artistica. Sento, nel senso di avvertire, avvertenza epidermica dell’osservatore, Guadagnuolo, con queste opere, ci propone di entrare nelle viscere dello statuto semiotico della traccia intesa pura espressione della volontà artistica, in questo caso con i Prigioni di Michelangelo, pura espressione molto coraggiosa e avanguardistica cui solo un artista di potenza sperimentata e strutturata come Francesco Guadagnuolo può tentare. Relaziono però la conoscenza acquisita all’organizzazione di contenuto che Guadagnuolo ricava dalla continuità della ricerca del proprio linguaggio artistico lavorato dai luoghi planetari dove negli anni ha operato, i cinque continenti, e i modelli espressivi che nel tempo operativo dell’artista arrivano a toccare l’opera più espressiva di tutti i tempi sintetizzata nel non concluso dei Prigioni di Michelangelo. Consideriamo la qualità, convenzionata magicamente tra gli addetti ai lavori, come una forma da applicare alla geografia dell’arte intesa come “respirazione naturale” dei fatti storici, artistici e culturali strettamente connessi, per “dipendenza biologica”, ai fattori ambientali e ai relativi condizionamenti sul pensiero estetico e sul comportamento sociale. Ci si accorge così, davanti a queste opere di Francesco Guadagnuolo che il senso cucitore dei processi storici sono stati estratti più che da una relazione diacronica della storia da una sorta di geografia sincronica dell’arte che unisce concettualmente il prima e l’adesso condensandoli in processi scientifici, quasi formule metalinguistiche che agiscono nel ventre dell’antropogeografia “ sorta, in premessa al ‘900, attraverso il pensiero tedesco di Friedrich Ratzel (Kunstgeographie) e di Hugo Henniger, a loro volta ripresi con successo intellettuale e in chiave psicologistica da Wundt e poi, in chiave storico-artistica da Schmarsonw all’inizio del XX sec. (guarda caso si tratta proprio del 1907), il relativismo storico”. Sotto questo punto di vista ci si accorge che Guadagnuolo ha lavorato oltre il segno il senso della qualità intesa come entità delle forme percettive e dello stile per dare corpo, transitando dalle sculture in cui il corpo è stato lasciato aperto, al durante, all’infinito divenire, e raggiungere una sicurezza visiva allo stesso modo di Michelangelo lascia aperta la visione induttiva al vestito della ricerca contemporanea. Ricerca di una sorta di identità pionieristica del pensiero artistico da mettere al servizio delle riflessioni di un prossimo futuro generazionale. L’opera di Francesco Guadagnuolo apre al senso dell’allarme pronunciato dai prodromi pianificatori di una qualità dell’arte che ha compito di congiungere nel gesto pittorico la storia e la filosofia per rendere sociologico il senso di condivisione della bellezza che viaggia, transita e traccia, con una sostanza appunto – Transrealista -, di cui Guadagnuolo è Padre concettuale ed espressivo, lo spirito del segno e il simbolo archetipo della forza pittorica e scultorea unite nel nuovo linguaggio che lascia aperto e inconcluso il codice biologico della nuova umanità intrisa di virtualismo selvaggio e che con i Prigioni Guadagnuolo riconduce al cuore umanitario e salubre dell’arte. Una preghiera pittorica che ci aiuta a vivere. Un linguaggio dell’arte silenziosa nella continuità storica del Transrealismo di Francesco Guadagnuolo eroico guerriero attivato in opposizione al Revival Degenerativo del nostro tempo.
Antonio Picariello