PESCARA VITA ACTIVA | Figure del lavoro nell’arte contemporanea a cura di Simone Ciglia Palazzetto Albanese

ARTE IN CENTRO

Cultura contemporanea nei borghi e nelle città
4 luglio – 28 settembre 2014

PESCARA
VITA ACTIVA | Figure del lavoro nell’arte contemporanea

a cura di Simone Ciglia
Palazzetto Albanese

preview per la stampa e opening su invito: venerdì 11 luglio, ore 18.30 apertura al pubblico: 12 luglio – 12 settembre 2014
martedì – domenica | 17.00 – 22.00

 

La Fondazione Aria è lieta di presentare la mostra Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea, a cura di Simone Ciglia.
Vita activa si propone di affrontare una delle questioni più urgentidella contemporaneità, che tocca in maniera drammatica soprattutto il nostro paese: quella del lavoro. Di questo tema, che ha avuto a lungo cittadinanza nella storia dell’arte, sarà offerta una visione che emerge dalla produzione artistica più recente, con un panorama ad ampio ventaglio che abbraccia l’intero arco delle arti visive, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video, dall’installazione al design. Benché si tratti di uno dei problemi più presenti all’interno del dibattito pubblico e tra le priorità dell’agenda politica, l’argomento del lavoro è rimasto piuttosto ai margini del campo espositivo, almeno recentemente in Italia. Questa mostra si propone di riportarlo al centro dell’attenzione. Allo scopo saranno convocate alcune tra le voci principali della scena internazionale e nazionale, senza dimenticare una speciale attenzione nei confronti del territorio.
Quella del lavoro è una tematica complessa che può essere avvicinata a partire da molteplici prospettive. La mostra opta per un’angolatura filosofica, proponendosi d’indagare l’essenza del tema in esame. A guidare questa interrogazione è soprattutto il pensiero di Hannah Arendt. La questione del lavoro è affrontata dalla filosofa tedesca in particolare in The Human Condition (1958), dov’è collocata nella più ampia sfera della vita activa. L’autrice distingue due accezioni del lavoro: quella legata allo sviluppo biologico dell’essere umano – icasticamente riassunta nell’espressione animal laborans – e quella propria dell’homo faber, creatore del mondo artificiale dei manufatti. A più di cinquant’anni di distanza queste riflessioni non hanno perso di attualità, e si dimostrano uno strumento ancora utile per leggere il nostro presente. Senza assumerle in maniera dicotomica, le categorie arendtiane sono impiegate in questa occasione come cornice teorica nella quale s’inquadra la mostra, e fanno da guida ideale per le opere presentate.
Una prima dichiarazione d’intenti è ravvisabile nella sede espositiva prescelta: un negozio dismesso al centro della città di Pescara. La decisione è caduta su questo luogo in prima istanza per il suo legame con il mondo del lavoro, e poi per il suo valore simbolico: un’epitome della crisi economica che da anni attanaglia il nostro paese, e produce i suoi riflessi cupi nel campo dell’occupazione.
Lungi da qualsiasi intento di completezza, la mostra vuole presentare al pubblico la varietà di approcci attraverso i quali l’arte contemporanea ha guardato al tema del lavoro. I cambiamenti che tanto la prima quanto il secondo hanno subito nel corso del XX secolo hanno prodotto un panorama assai variegato. Per un verso sembra proseguire quella linea di stampo realista che ha segnato l’ingresso della questione del lavoro nella modernità, alla metà del XIX secolo.

Un’altra modalità, forse prevalente, attraverso cui si dipana la relazione tra lavoro e arte contemporanea interessa il piano della strumentalità. In questo caso il lavoro diventa un complesso di strutture e di rapporti da impiegare nell’opera d’arte. Nella seconda metà del XX secolo numerosi autori hanno optato per la partecipazione diretta all’interno dei processi produttivi, assecondando quel processo di allargamento delle frontiere dell’arte che arriva a includere virtualmente qualsiasi oggetto o ambito dell’esperienza umana.

Posizioni come queste appaiono storicamente determinanti per gli sviluppi delle pratiche artistiche nel corso dell’ultimo ventennio. Il fiorire di nuovi linguaggi come l’Estetica relazionale, teorizzata da Nicolas Bourriaud, ha prodotto una nuova attenzione nei confronti del lavoro: numerosi autori sono intervenuti in varie forme all’interno dei contesti lavorativi più diversi.

Quale accompagnamento all’esposizione è previsto un calendario di attività collaterali che interesseranno i campi più diversi: filosofia, letteratura, musica, teatro, cinema. L’intento è quello di coinvolgere un pubblico più ampio, cui offrire una visione quanto più vasta e sfaccettata del tema in esame.

Artisti: Gianfranco Baruchello, Joseph Beuys, Cao Fei, Harun Farocki, Matteo Fato, Liam Gillick, Armin Linke, Bruno Munari, Teofilo Patini, Paride Petrei, Santiago Sierra.