13 luglio 2014
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L’esposizione, a cura di Gaia Bindi, si è tenuta dal 24 maggio al 30 giugno presso SESC Agua Verde
di Goffredo Palmerini
CURITIBA (Brasile) – Si è chiusa con grande successo, il 30 giugno scorso, l’esposizione “Italia mon amour”. La mostra fotografica nella metropoli brasiliana è nata come dichiarazione d’amore verso un Paese che, figlio d’un grande passato, sta cercando di riprendersi il futuro. Il titolo porta in sé anche una citazione di Hiroshima mon amour. Il film girato da Alain Resnais nel 1959 racconta di un amore che, sorto sulle macerie della città distrutta dalla bomba atomica, non riesce a compiersi. E’ la storia d’un sentimento insieme appassionato e luttuoso, che vive d’una malinconica mescolanza tra ieri e oggi, ricordo e immaginazione, nel tentativo di superare il dolore attraverso la speranza. Un inno disperato al desiderio, al sogno, alla fiducia nella possibilità di rinascita. Con questi stati d’animo vive, esiste e resiste l’Italia di oggi. Vasti consensi ed ottimi riscontri ha registrato l’esposizione diretta da Gaia Bindi, che ha curato anche il magnifico catalogo. Nella mostra, allestita presso il Centro culturale polivalente SESC Agua Verde, hanno esposto cinque fotografi attivi sulla nuova ribalta italiana: Claudio Di Francesco, Gabriele Menconi, Mongobì, e la coppia Simoncini -Tangi.
Storia e cultura sono il tesoro più grande che l’Italia possiede. Un bene unico al mondo e troppo spesso negletto. E’ quanto rivela la serie fotografica intitolata Tubi (2013) di Claudio Di Francesco. Immagini devastanti, quasi surreali, di quanto resta del centro storico dell’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009. I suoi magnifici monumenti appaiono abbandonati, unicamente sorretti da gigantesche impalcature di puntellamento. Una storia di bellezza sofferente, come quella raccontata nella serie di scatti con la Processione del martedì di Pasqua al Santuario della Madonna d’Appari (2012): le statue dei santi, così espressive nei volti e nelle posture, sembrano animarsi di malinconia o di dolore sotto i teli di plastica che le ricoprono, cosparsi da gocce di pioggia come da tante piccole lacrime.
Gabriele Menconi affronta una riflessione sull’identità del paesaggio italiano: le sue fotografie ritraggono ambienti reali con l’introduzione di un’immagine specchiata che consente di confrontare differenti punti di vista. Lo specchio unisce visivamente due prospettive che mostrano identità diverse di un soggetto analogo, al punto da sembrare differenti momenti di una stessa esistenza. Si prova allora un senso di spaesamento, che nasce da una realtà evidentemente incerta, pericolosamente in bilico tra ieri e oggi, natura e industria, vitalità e abbandono. Realtà non solo antitetiche ma addirittura antagoniste: lo specchio può servire anche per aprire una terza via, una nuova prospettiva, come finestra su un futuro non solo riflesso ma anche ripensato.
Una gran voglia d’immaginare il cambiamento pervade l’Italia di oggi. I collage di Mongobì usano l’eleganza patinata delle immagini commerciali tratte da giornali italiani, per mutarla con perizia chirurgica grazie al cutter. Nelle opere della serie Day to Day (2012) due indossatrici si muovono aggraziate mostrando capi firmati e invitanti nudità: l’intervento dell’artista fa letteralmente esplodere e prendere fuoco i loro corpi astrattamente perfetti. La ribellione allo stereotipo della femminilità approda talvolta a una dimensione onirica, dove il metodo freudiano della rimozione viene adottato con finezza. Nei lavori della Wall Paper Series (2012) due modelle ambientate entro interni spogli rivelano con mestizia il carattere di vacuità oggi attribuito all’immagine della donna. Anche in Confetti Series # 4 (2012) il volto rassicurante di una fanciulla appare scomparendo: il suo sorriso si sgretola e cade in mille coriandoli nell’alluvione di Piazza San Marco a Venezia, città del Carnevale.
Per uscire da convenzioni e stereotipi, oggi “abbiamo bisogno di un’utopia della cultura” scrive l’antropologo Marc Augé in Rovine e macerie. Il senso del tempo (2004). Di questa istanza culturale si fanno portatori i libri ritratti nella serie fotografica Archivio vegetale (2011) di Simoncini -Tangi. Tre scatti che mostrano le pagine spiegazzate di tomi manoscritti aperte al mondo come chiome di alberi monumentali. Il libro è un elemento che nasce dall’unione di natura e cultura e per questo da secoli è delegato a archiviare la storia dell’umanità. Un cammino che oggi si sente prepotentemente in atto, ma a cui si vuole dare una giusta lettura e il giusto peso. Le fotografie di Simoncini -Tangi della serie Grazing (2007) – un titolo traducibile dall’inglese come “graffiare”, ma anche “sfiorare” – mostrano il reciproco cambiamento nel momento del contatto tra due elementi diversi. “Una piuma che cade sull’acqua, seppur leggerissima, modifica inevitabilmente la superficie e tutto ciò che la circonda”, afferma la coppia di artisti nell’intervista pubblicata in catalogo.
Gaia Bindi, curatrice della mostra e del catalogo, è docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Già borsista della Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi di Firenze, ha lavorato al Museo Marino Marini e agli Archivi Alinari di Firenze, al Musée Picasso di Parigi. Ha collaborato con numerosi critici (tra cui Jean Clair e Maurizio Fagiolo dell’Arco) per la realizzazione di mostre internazionali di arte moderna e contemporanea. Dal 1995 ha tenuto seminari, conferenze e organizzato mostre e convegni presso numerose istituzioni italiane e straniere. Dal 2009 è consulente scientifico del Centro sperimentale di arte contemporanea Parco Arte Vivente di Torino. Al lavoro di storica dell’arte affianca da sempre quello di critica, con particolare attenzione ai giovani artisti e all’arte emergente, curando rassegne e collaborando con riviste come “Arte” (Cairo Editore), “Inside”, “Artribune”, “PEM” (Treccani editore).
Il catalogo della mostra, a diffusione gratuita, raccoglie un testo introduttivo della curatrice Gaia Bindi, le fotografie di tutte le opere in esposizione con didascalia, quattro interviste agli artisti e i loro curricula, i testi delle istituzioni che hanno promosso l’iniziativa. La mostra – che prossimamente sarà allestita al Sesc di Londrina, sempre in Brasile nello stato del Paranà – ha fatto parte della manifestazione Mia cara Curitiba (http://miacaracuritiba.com.br/), che dal 24 maggio al primo giugno 2014 ha inaugurato e promosso varie iniziative per diffondere la conoscenza della cultura italiana, tra cui lo show di Mario Biondi (24 maggio) e l’opera Gianni Schicchi di Giacomo Puccini (29 maggio). Mia cara Curitiba è stata promossa da Consolato Generale d’Italia in Curitiba, Municipalità, Istituto turistico comunale, Canal Mkt, Fecomercio e SESC. Una manifestazione che ha realizzato un caleidoscopio di eventi artistici e spettacolari, e non solo, un’epifania dell’orgoglio italiano nello Stato del Paranà. Vetrina della migliore Italia in Brasile.
Allegate alcune foto dell’esposizione “Italia mon amour”