Dall’inizio della crisi al 2013
Dall’inizio della crisi (2008) al 2013, l’Italia ha perso quasi 1 milione di posti di lavoro (984mila, per l’esattezza) e l’Abruzzo ne ha persi 28mila. La perdita dell’Abruzzo è stata più pesante di quella nazionale: -5,4% per l’Abruzzo, contro -4,2% a livello nazionale. Chi continua a dire che l’Abruzzo nella crisi se l’è cavata meglio del dato medio nazionale non sa di cosa parla.
Il 2014
Il 2009 e il 2013 sono stati gli anni più duri, ma, come tante volte da noi rimarcato, il 2014 non sta segnando un’inversione di tendenza, ma un approfondimento della crisi del lavoro. Nel I trimestre del 2014, gli occupati sono stati 475mila (rispetto ai 490mila del 2013); nel II trimestre, scendiamo a 464mila, il numero più basso di occupati. Tutto ciò in un quadro nazionale di ulteriore peggioramento causato dai dati del Mezzogiorno. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, si è stabilizzato verso l’alto: dal 6,7 del 2008 (37mila disoccupati) all’11,4 del 2013 (64mila disoccupati). Anche qui, il 2014 non segna una svolta: 13,8 nel I trimestre (76mila disoccupati); 11,9 nel II trimestre (63mila disoccupati).
La cerniera è saltata: Abruzzo sempre più meridionale
Il dato dell’Abruzzo è pienamente meridionale. Ribadiamo: basta con l’immagine fasulla dell’Abruzzo cerniera, l’Abruzzo non avvicina il Mezzogiorno al Centro-Nord, ma si allontana dal Centro-Nord insieme con il Mezzogiorno, talvolta più rapidamente del resto del Mezzogiorno, come in questo caso: -1,5% gli occupati al Sud tra II e I trimestre 2014; -4,3% in Abruzzo. Da notare, inoltre, che l’Abruzzo perde occupati soprattutto nel terziario (ben 17mila in meno rispetto al I trimestre 2014), mentre l’industria recupera 3mila posti di lavoro. Alla crisi industriale di stampo centro-settentrionale si aggiunge una crisi del terziario di stampo meridionale.
Dalle stime dell’Istat ai dati reali delle Comunicazioni obbligatorie: più cessazioni che attivazioni; sempre più precarietà
Anche l’Abruzzo è interessato dalla contrazione nel 2013 dei rapporti di lavoro attivati (circa 20.000 in meno l’anno) e da un saldo negativo rispetto ai rapporti cessati (-7.000). cresce in tutta Italia l’incidenza del lavoro temporaneo: 4 attivazioni su 5.
I dati non meravigliano: la creazione di posti di lavoro non è stata assunta come priorità
No PIL? No Job. Il Job Act è l’ultimo di una serie di interventi che mettono l’accento sul cambiare le regole di ingresso e uscita nel mercato del lavoro invece che sul rilancio economico ed occupazionale. La legge Fornero andrebbe rovesciata: stabilità per i giovani e flessibilità per gli anziani. L’edilizia (cui apparteneva il 40% dei posti di lavoro perduti) non riparte. La politica industriale è rimasta un’aspirazione. Gli 80 euro sono stati una mossa giusta, ma annegano in un mare di disordine fiscale che tende sempre al rialzo complessivo delle tasse.
Pescara, 29 agosto 2014 Per la UIL Abruzzo (Roberto Campo)