Chieti. IL FASCINO DEI COLORI NEI BOSCHI AUTUNNALI
Dallo Stazzo di Caramanico inizia una carrareccia che raggiunge Decontra, una frazione di Caramanico Terme PE, distante 9 chilometri
Camminare sulla carrareccia che attraversa una fitta e lunga faggeta è piacevole. Il fruscio ritmico delle foglie secche sotto le scarpe regala una rilassante emozione.
Ogni tanto, un mucchio di foglie, accumulate dal vento, è come se ostacolasse il cammino, ma la gamba si fa spazio e rimuove queste foglie che cambiano posizione.
L’ampio panorama ti obbliga a fermarti e osservare a sud/ovest, la valle dell’Orfento,con il visibile sentiero della Rava dell’Avellana che arriva al Ponte della Pietra, a nord il vallone di Santo Spirito con l’eremo e ad est il mare.
Il Blockhaus, con i suoi 2142 m , ci protegge e si gode dall’alto questo panorama! Lo sguardo non può tralasciare lo scenario delle foglie dei faggi che assumono vari colori, con diverse tonalità.
Un esploso meraviglioso di colori cromatici INDIMENTICABILI, che vanno dal marrone bruciato, al giallo, al verde, al ruggine, in conseguenza dell’altezza.
A quota 1530 m c’è l’indicazione per l’eremo/grotta di san Giovanni. Mi torna in mente che ho percorso questo sentiero tanti anni fa. In genere è più frequentato il sentiero più a valle.
L’inizio del sentiero è ben segnato, si cammina bene, ma all’improvviso… si presenta una scalinata ripida realizzata sulla roccia. Provo a scendere un paio di gradini e osservo che ci sono buone maniglie dove aggrapparsi, ma temo che gli amici avranno difficoltà. Cerco di convincerli, ma prendono una sensata decisione, quella di rinunciare. Sono convinto che questo sentiero non sia alla portata di tutti, specialmente se affrontato con scarpette non idonee e se piove è pericolosissimo. Avrei dovuto essere io a consigliare a tornare indietro. Ho fatto subito questa riflessione, il CAI, (Club Alpino Italiano) è obbligato a prevenire eventuali guai e deve mettere un avviso sulla palina, all’inizio del sentiero, che ci sono difficoltà sul percorso ed è consigliabile l’altro sentiero a pochi minuti, all’altezza della catena. Molte persone vogliono visitare l’eremo che ha molta storia e ascetismo e la facilità del percorso di avvicinamento, rende marginale la sicurezza della scarpa e una preparazione alla roccia.
Ritornati sulla carrareccia, arrivati alla catena, c’è un’altra palina che indica il sentiero per l’eremo, che si percorre senza problemi, anche se c’è un passaggio aereo attorno ad uno spigolo esposto sulla valle dell’Orfento.
L’Eremo/Grotta di San Giovanni è ricavato su una rientranza della parete a circa 10 metri da terra.
Il silenzio, la misticità del luogo, stimolano la contemplazionee mi fanno riflettere su Pietro da Morrone, papa Celestino V, che rinunciò al papato dopo 5 mesi di pontificato, il 13 dicembre del 1294.
Questo uomo, all’età di 26 anni, scelse la vita di eremita e iniziò a scoprire grotte dove rifugiarsi e pregare. La mia curiosità è capire come ha fatto a individuare queste grotte, eremi, qualcuno trasformato in monastero, nascosti nelle valli della Maiella e del Morrone. Nella Valle di Santo Spirito e dell’Orfento, abbastanza vicini in linea d’aria, esistono tre eremi dove Pietro da Morrone dimorò o ristrutturò:
Nel 1246 all’Eremo di Santo Spirito – Poi ristrutturò l’eremo di sant’Onofrio all’Orfento e dal 1284 al 1293 visse per quasi 9 anni, insieme a pochi discepoli, all’Eremo/Grotta di San Giovanni.
In questo eremo/grotta è pericoloso entrarci, ragion per cuiPietro da Morrone vi adattò delle assi di legno per salire e scendere senza pericolo. Oggi non esiste più la passerella e per entrare alla grotta occorre fare molta attenzione. Saliti gli scalini, bisogna sdraiarsi a terra ed avanzare strisciando sulla pancia, facendosi forza con le mani. Ci si rende conto che il corpo non appoggia tutto sullo stretto passaggio esposto. Uscire è più difficoltoso.
All’interno della grotta c’è un altare, alcune celle, dei ripostigli a muro e un ingegnoso collegamento di canaletti per recuperare l’acqua piovana.
Vorremmo sostare ancora in questo posto, ma la via del ritorno è lunga. Per il panino scegliamo di fermarci aFonte Centiata dove scorre un’acqua di sorgente che è la migliore della Maiella. Ci si affaccia sul vallone di Santo Spirito e di fronte, su un’alta parete rocciosa, si distingue l’Eremo di Santo Spirito. Ad occhio non si percepisce come si può raggiungere, ma ci si arriva con la macchina. Si riprende il sentiero per Fonte Tettone. Il sole scende, i colori sono caldi, le figure si allungano, troviamo su un prato un paio di funghi, mazze di tamburo ed un prataiolo, sono enormi ma, non li raccogliamo, rispettando il divieto che è valido nel parco.
Quasi alla fine del sentiero, una visione che mi rallegra, perché erano anni che non vedevo un gregge di pecore. Tante pecore e capre controllate dai cani pastori abruzzesi. Non vedo il pastore che all’improvviso appare con… “due cose” che non distinguo, penzoloni dalle mani.Lo aspetto, gli chiedo il nome, Nikolai, è della Macedonia, ha trent’annie poggia a terra due agnellini nati da un’ora. Si reggono a mala pena in piedi, arriva subito la madre ancora con la placenta attaccata e cerca di proteggerli. Il mondo animale è fantastico, impensabile fa riflettere. Chiedo a Nikolai come si svolge la sua giornata… “Mi alzo presto ed alle cinque inizio la mungitura di un centinaio di capre. Il gregge è formato da mille pecore e capre e dieci cani. Il latte munto viene prelevato dal proprietario che lo porta a valle. Lo stazzo sta dietro l’Albergo Mammarosa, a Fonte Tettone. Al tramonto torno e mi organizzo per la notte, dopo aver fatto da mangiare ai dieci cani. Fra alcuni giorni scendo al paese, Serramonacesca PE”.
Immediatamente ricordo la poesia di Gabriele D’Annunzio, “I Pastori”.
… Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare…
Tutto questo mentre ammiro il tramonto ed il mare.
Le foto sul link
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Luciano Pellegrini agnpell@libero.it
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