MILANO – “L’Italia dei sogni” di Goffredo Palmerini sbarca a New York. Lo scrittore vi andrà per partecipare, come sempre, al Columbus Day, in rappresentanza dell’ANFE (Associazione Nazionale Famiglie Emigrati). Il prezioso libro verrà illustrato all’Italian American Museum, nel cuore di Little Italy, il 9 ottobre, vale a dire nel mese della Cultura Italiana.
Una notizia che non può non essere accolta con piacere anche perché Palmerini, che dei nostri emigrati nel mondo conosce ogni storia, racconta con piacevolezza ed efficacia, rigore, passione, attenzione ai dettagli fatti, figure, paesaggi, creando sempre emozioni. Quanti ignorano le disavventure, le umiliazioni, gli insuccessi e i trionfi dei nostri connazionali che furono costretti a salire su un bastimento per cercare il pane altrove, dovrebbero leggere e rileggere queste pagine, meditando.
“L’Italia dei sogni” è stato presentato a Milano il 6 giugno scorso, presso l’Auditorium del Credito Valtellinese, da Francesco Lenoci, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vicepresidente dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano, a imprenditori, intellettuali, banchieri, rappresentanti della stampa…, che hanno apprezzato anche il modo con cui l’oratore ha delineato la personalità di Palmerini, giornalista scrupoloso che è andato a cercare in tutto il pianeta – e continua a farlo – chi ha lasciato la propria terra per affrontare ostilità e sacrifici, superandoli con la diligenza nel lavoro, lo spirito d’iniziativa, la creatività. Goffredo va a trovarli spinto dall’amore e dalla curiosità, e anche dal piacere di essere italiano, abruzzese, aquilano; e tesse le sue cronache senz’alcuna concessione alla fantasia, al colore, all’enfasi.
L’interesse per le persone e per i luoghi, per i valori, le bellezze che sono la ricchezza del nostro Paese così bistrattato, allignano anche in Francesco Lenoci, che ha scritto una trentina di volumi ed è ormai noto in tutta Italia per le tante conferenze tenute da un capo all’altro dello Stivale. Culla a Martina Franca, la terra dei trulli e del Festival della Valle d’Itria e del sole, da anni vive e lavora nella città del Porta e del Manzoni; amata da Stendhal e non solo; la città che adottò Raffaele Mattioli, banchiere e uomo di cultura, nato a Vasto; e artisti di grande talento.
Dalla finestra del suo studio al quinto piano della Terrazza Martini, in piazza Diaz, spinge lo sguardo fino all’ingresso della Galleria Vittorio Emanuele, il salotto di Milano, battezzata come una delle meraviglie locali. Qualcuno definisce Lenoci “il milanese di Martina”. Anche perché di Milano conosce le linee architettoniche, i giardini interni, i cortili dei palazzi patrizi, spesso inaccessibili agli estranei, le vecchie vie e i vecchi quartieri, come la Caminadella, il San Gottardo, l’antico borgo dei formaggiai, la Borsieri, che un tempo ospitò parecchi malandrini e – si dice – per una notte Giuseppe Garibaldi, al civico 14. E naturalmente i navigli, con il loro fascino, il loro passato, i ricordi dei bucintori, del “barchett di Boffalora” e della rozza che tirava i barconi controcorrente.
Lenoci ha anche un dono che a molti manca: sa ascoltare. Se gli parli di Brera o del Bar Giamaica e dei suoi frequentatori degli anni andati, da Giulio Confalonieri a Beniamino dal Fabbro, da Piero Manzoni a Roberto Crippa, al critico cinematografico Pietrino Bianchi, a Lucio Fontana e Ibrahim Kodra, non lo cogli impreparato. Se gli domandi del Liberty e ha tempo, ti prende sottobraccio e ti accompagna dove signoreggia. Vuoi sapere chi e quando lanciò quella prelibatezza che si chiama pizza nel capoluogo lombardo? Non ha bisogno di consultare qualche pagina: ti risponde: “Il ristorante Santa Lucia, che adottò la cucina napoletana attirando addirittura Gabriele d’Annunzio, che, seduto a un tavolo del Gambrinus di Napoli compose il testo della canzone Vucchella”.
Non ha limiti la curiosità del “milanese di Martina”. Io so della sua gioia quando ha parlato de “L’Italia dei sogni” di Palmerini a Milano. Ad esempio, quando ha commentato la copertina, di colore azzurro, con dei puntini neri in basso che nella parte alta si trasformano in stelle, che circondano il tricolore. “Il tricolore – ha precisato Lenoci – è collegato a un trolley tramite una maniglia, che mi piace definire di servizio, eccezionalmente lunga, che funge da scala. E la scala, collegata al trolley e al tricolore, unisce la terra al cielo, realizzando il sogno”.
Goffredo Palmerini, con quel titolo, forse intendeva rivolgere un invito a chi ha perduto l’abitudine di sognare. Non è vero che i sogni ci sottraggono alla realtà. Si pensi a quelli che sognando hanno realizzato cose grandi. Chi ha varcato i confini del proprio Paese ha inseguito un sogno. Il libro di Goffredo è edificante. Merita il successo che ha conseguito.