Lettere

USA. Nazioni importanti e meno importanti,tutte con portafogli gonfi,si recano nel “mercato all’aperto” che e’ diventata l’Italia.

Comprano. e…
compranol.Acquistano il meglio che viene prodotto (o e’ stato prodotto)
nella nostra penisola, Come i nostri oli,i nostri formaggi,i nostri vini,le nostre auto. Dicono:certo,perche’no, sono prodotti tra i primi nel mondo per
qualita’,per bonta’.
Che cosa succede se i giapponesi,gli americani,perfino i turchi vanno in
Italia e diventano proprietari (o co-proprietari) delle nostre illustri firme in
akcuni campi? Molti nella stessa Italia sono convinti che tutte le operazioni “fanno bene” all’Italia. Vediamo: il gruppo sinese Yimin fa suo Bertolli,
Carapelli,Filippo Berio,insomma 10 miliardi di valore non soltanto fisico
ma anche storico dell’agroalimentare italiano. Un finanziere svizzero che
opera in Italia:sono milioni che certamente non entrano nelle tasse dei contribuenti italiani ma vanno ad arricchire soltanto gli  azionisti delle ditte vendute.
Molti di questi azionisti investono poi all’estero gran parte dei milioni  incassati..
Esiste anche la possibilita’ che i nuovi padroni decidano di cambiare
rotta,di cercare di recuperare gran parte dei loro investimenti stringendo la
cinghia,licenziando par te del personale, rivedendo la qualita’ dei prodotti
proprio per  ottenere nuovi guadagni.
Anche gli spagnoli (che si lamentano piu’ degli italiani per la crisi) hanno
deciso che la nostra pasta e’ piu’ buona della loro. Cosi’,ecco che la
multinazionale Ebro Foods faccia proprio il pastificio Lucio Garofalo.
E va bene,ma ora anche i turchi?  Toksoz prende Averna,quella della
Pernigotti. C’e’ da piangere.Ma tra una lacrima e l’altra arrivano i giapponesi
della Mitsubishi:partono i pelati della  Ar industriale alimentari..
E poi la Gancia a  Restena Tenko,il 27% di una industria di parmigiano e
grana. Poi…potrei andare avanti cosi’.Ma si tratta di un piccolo supplizio
che non offre spiegazioni chiare,precise.. Anche perche’ questo stillicidio
di “cose buone” della nostra terra non accenna a fermarsi.
Benny Manocchia
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