USA. Prima di tutto Italiani, Columbus Day a Dallas: “Il nostro Paese è quello che ci costruiamo con il nostro lavoro”.

 

 

Le parole di un grande italiano come Giorgio Ambrosoli – “il nostro Paese è quello che ci costruiamo con il nostro lavoro” – per raccontare la primizia del Columbus Day celebrato a Dallas per la prima volta. Così un corsivo apparso sul nuovo magazine Prima di tutto Italiani diretto da Francesco De Palo osserva che “unire, ricordare, condividere e ripartire: il senso di una celebrazione non è soltanto stappare una bottiglia o fare due discorsi, ma essere consapevoli di un punto di partenza comune per affrontare un nuovo viaggio con un bagaglio culturale più ricco”.

 

Al di là dell’oceano per la prima volta a Dallas è stato celebrato il “Columbus Day”, la festa nazionale nota in tutto il mondo fin dal 1934 per decisione del presidente Franklin Delano Roosevelt, che intese non solo tributare il grande navigatore genovese, ma anche l’affetto verso la nuova patria delle centinaia di migliaia di emigranti italiani che scelsero il nuovo mondo. A Dallas per il mantenimento della tradizione, della storia e del patrimonio culturale degli italo-americani nel Texas il Columbus Day si è svolto ieri presso il Ponte Continental Avenue Bridge e Porta West Dallas, Continental Avenue 109. L’iniziativa nasce sotto gli auspici del Consolato Generale d’Italia e del Presidente del Comites Vincenzo Arcobelli, rappresentante della comunità italoamericana del Texas. Maestri di cerimonia Lucian La Barba e Jay Lombardo. Da Roma la presenza italiana è stata garantita dal segretario generale del Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo, Roberto Menia, a cui è stato conferito il prestigioso riconoscimento del Grand Marshal.

 

“Non solo dunque un tripudio di tricolori e di sorrisi in Texas, – osserva Prima di tutto Italiani – ma la consapevolezza del ruolo svolto dai nostri connazionali in quelle terre, perché, come disse Giorgio Ambrosoli, il nostro Paese è quello che ci costruiamo con il nostro lavoro. Ed è quello che hanno fatto i fratelli italiani che hanno lasciato il Mediterraneo per la grande mela”.