Tagli verticali alle risorse, una contingenza in cui aumentano esigenze e richieste di cittadini in continuo movimento tra Stati, a fronte di un impegno che per quanto riguarda i consolati onorari non viene retribuito. Come cambia il ruolo dei Consoli alla luce delle enormi difficoltà che non solo il vecchio continente ma tutto il globo attraversa? “Prima di tutto Italiani” nel suo ultimo numero ha incontrato per analizzare trend e scenari il prof. Stelio Campanale, Regional Chairman per il South Europe della World Federation of Consul (FICAC), che ha celebrato in questi giorni la propria “First South Europe Conference”, a Bari in Italia.
Secondo Campanale essere consoli nell’epoca contemporanea innanzitutto significa “esercitare la propria attività in un momento in cui sono accresciute le aspettative dei cittadini-utenti rispetto ai servizi che dovrebbero essere garantiti dalla pubblica amministrazione”.
I cittadini, in particolare quelli di democrazie più avanzate, si attendono che i servizi normalmente erogati nel luogo di residenza debbano essere estesi ed assicurati anche al di là del proprio Stato nazionale. “Per cui il consolato tende ad essere visto sempre di più non già come un luogo a cui rivolgersi in casi di emergenza, ma sempre di più come un ufficio a cui rivolgersi per il disbrigo di determinate attività burocratiche-amministrative alle quali, abitualmente, si fa ricorso a casa propria oppure per la ricerca di interlocutori con cui avviare relazioni d’affari o iniziative culturali”.
Meno ambasciatori e più consoli, in virtù della spending review rappresenta certamente un onore, ma anche più oneri. Secondo il docente di diritto degli scambi internazionali all’Università LUM di Casamasssima (Ba) la spending review ha fatto sì che, “da un lato si riducesse sempre di più il numero dei funzionari consolari di carriera, i cosiddetti consules missi, aumentando quello dei consules electi ovvero scelti dagli Stati per poter prestare determinati servizi a titolo onorario, dall’altro, specie per le economie più deboli, si sopprimessero, attraverso l’accorpamento con quelle ubicate in altri Paesi, oppure sostituendole con uffici consolari, sedi di Ambasciate”.
E conclude: “Sopravvivono, anzi piuttosto si rafforzano, le esigenze di favorire scambi ed attività commerciali internazionali, la cooperazione fra Stati e la promozione di eventi culturali, attività in passato curate dagli addetti culturali o commerciali delle Ambasciate. Tutto ciò oggi finisce per ricadere, in buona parte, sulle spalle dei consoli, di carriera oppure onorari, la cui dotazione è rimasta immutata al contrario delle aumentate esigenze”.