Tra melanconia e dinamismo: la musica del Belém Trio per la prima volta in Abruzzo
Sabato 29 novembre, presso il castello Chiola a Loreto Aprutino (ore 18, ingresso Libero), in anteprima assoluta per l’Abruzzo Filippo Macchiarelli al basso, Diego Brancaccio al pianoforte e Luca Luzi alla batteria, presentano il cd Karabash. I brani dell’album prodotto dall’etichetta tedesca Neukland sono stati inseriti in pianta stabile nei palinsesti delle maggiori radio olandesi e tedesche.
E’ stato Vasco De Gama a fare vela dal quartiere di Belém. Per quei viaggi aperti, misteriosi , pronti ad accogliere quanto di nuovo le rotte possono offrire. Ed è sempre un viaggio che ispira la curiosità di un musicista che trova il nome di un gruppo ed un’idea che piace ad una prestigiosa etichetta internazionale.
Il nome è quello del Belém Trio che suonerà sabato 29 novembre (ore 18, ingresso libero) presso il castello Chiola di Loreto Aprutino nell’ambito della rassegna “sabato in concerto jazz”, cartellone della Fondazione Pescarabruzzo, organizzato dall’associazione Archivi Sonori con la direzione artistica di Maurizio Rolli; l’idea è “Karabash” Cd prodotto dalla prestigiosa etichetta tedesca Neukland. Diego Brancaccio al pianoforte, Filippo Macchiarelli al basso e Luca Luzi alla batteria, suoneranno per la prima volta in Abruzzo, si tratta di un’anteprima assoluta per la nostra regione, ma i brani contenuti nel loro progetto discografico sono già in pianta stabile nei palinsesti delle radio olandesi e tedesche.
“Un breve fuga di due giorni a Lisbona per ricaricami ed andare a caccia di nuovi spunti – dice il bassista Filippo Macchiarelli – ero insieme a Luca, il batterista del gruppo, siamo rimasti incantati da quel luogo magico, Belém, il punto più importante, quello di partenza per gli esploratori del 500’. Quel nome era ideale per il gruppo che volevamo formare. La nostra musica vuol essere infatti esplorazione, per vedere dove si può arrivare, il percorso è fatto di arricchimento e contaminazioni”.
Che tipo di concerto sarà quello di sabato? Parlaci di questo cd “La nostra musica rappresenta un punto di contatto tra tre differenti anime musicali con background distinti che spaziano dal jazz, al rock, al progressive, alla musica classica e al funk. Lo sperimentalismo compositivo che permea “Karabash”, il nostro primo disco, è stato determinato dalla volontà di registrare un disco jazz che descrivesse una introspettiva e chiaroscurale narrazione delle nostre emozioni, idee e vissuti musicali, maturati gradualmente in una visione compositiva comune. L’atmosfera chiaroscurale dei nostri brani si riflette in un’alternanza tra un irriverente dinamismo ed un intensa e morbida melanconia, ben ancorati al progressive e al modern jazz”
Un disco troppo maturo per essere solo il primo ed un lavoro che spicca per intensità emotiva e dinamismo, così si legge nelle note di copertina. Sembra esserci un grande affiatamento dietro questo trio. “Con Luca Luzi c’è un’intesa musicale, che nonostante i nostri 32 anni, dura da quando ne avevamo 15. Abbiamo suonato tantissimo insieme in svariate formazioni, partendo con il funky ed il soul, poi abbiamo dato vita a quella voglia di far nascere un trio, strada mai praticata e così alcuni anni fa si è aggiunto il pianoforte di Diego Brancaccio, conosciuto durante una jam, anche se in quell’occasione non suonammo insieme, però poco dopo mi fece ascoltare alcuni suoi lavori che mi colpirono. E’ l’autore di quasi tutti i brani del cd Karabash, io ne ho firmati due, un brano invece è uno standard, Good Bless The Child”.
Ed eccoci arrivati alla domanda di rito, quanto è difficile per dei giovani musicisti vivere di questo mestiere? “Le criticità sono tante, specie se si hanno progetti originali, in quanto le rassegne che offrono spazio in questo senso non sono molte in Italia. Per fortuna ci sono fortunate eccezioni e la rassegna della Fondazione Pescarbruzzo e l’Associazione Archivi Sonori ne costituiscono un esempio concreto. Per il resto Bisogna impegnarsi parecchio, lavorare anche in studio e dal vivo per situazioni diverse, basta che queste situazioni non diventino le più disparate pur di suonare. Bisogna avere una grande versatilità, ma non bisognerebbe mai snaturarsi”