“A mio Zio Aldo De Berardinis,
che Possa trovare tra i raggi splendenti
della Madonna Dello Splendore
la via diletta delle porte del paradiso.”
La storia del Sacerdote Don Concezio Sechini
(attraverso i racconti di nonna Barbara Cordone)
© di Walter De Berardinis
Quante volte, nella nostra vita, abbiamo avuto modo di ascoltare i racconti dei nostri nonni? sicuramente tanti. Io stesso vorrei raccontare una vicenda che colpì la nostra famiglia (materna) ma anche la cittadinanza di Giulianova, quella della morte del Sac. Silverio Domenico Concetto che gli amici e conoscenti chiamavano Don Concezio Sechini. Figlio di Vincenzo (di Giulianova) e di Giovanna Vagnozzi (di Notaresco), nato l’8 dicembre del 1883 alle ore 1:20 a Notaresco in contrada Cantalupa ( oggi l’odierna contrada Grasciano) ed aveva due sorelle Beatrice e Erminia (la mia Bisnonna), e anche tre fratelli Silvio-Paolo ( era il falegname specializzato nella realizzazione dei carri lo chiamavano “Lù carrttare di giglie” ), Samuele Giulio e Saverio Giuseppe Pasquale. Concezio e Saverio entrarono in seminario a Teramo (in quei tempi per poter continuare gli studi, l’unico mezzo per le famiglie meno abbienti era il seminario o in alternativa ricevere aiuto da famiglie facoltose), il fratello Saverio dopo aver terminato gli studi non prosegui la via di Concezio, ma fin da giovanissimo scrisse per molti quotidiani e settimanali della provincia e fu anche fondatore del PPI e della DC in Abruzzo insieme a Spataro e Castiglione ed inoltre fu Vicesindaco di Giulianova dal 1920 fino al 1922. Invece, Don Concezio, nel novembre del 1898 dopo aver finito le scuole ordinarie, entrò nel seminario di Teramo per terminare gli studi, intorno al 1903 fece domanda per essere Suddiaconato (diventare Sacerdote a tutti gli effetti), nel 1907 diventò Diacono e conobbe Don Orlando Perta suo compagno di studi ma anche un amico inseparabile. In questo periodo cominciò a collaborare con vari scritti con il Corriere e L’Araldo Abruzzese (gli studi li terminò a Napoli). Nel giugno 1909, diventò Sacerdote e disse la sua prima messa nel Duomo di San Flaviano (intanto la famiglia nei primi anni del ‘900 si trasferì definitivamente a Giulianova). Intanto, dal patriarcato di Venezia gli arrivò un quadro regalato da un suo amico con queste parole: < Tra una folla di popolo festante entusiasta, l’ingegno eletto di cuore gentile solennemente celebrerà la sua prima messa solenne il Nucleo Operativo Vetraio di Venezia a ricordanza del lieto evento, questo modesto omaggio porge ossequente al novello Sacerdote col voto della fedele seguace delle Cattoliche dottrine. Essendo sempre all’alto concetto del Maestro Divino, Venezia, Giugno del 1909.>.
Gli fu consegnato al suo insediamento nella parrocchia della S.S. Annunziata (il quartiere popolare del lido della città) dove vi trascorse la vita religiosa e pastorale. Già un anno prima nel 1908 in una visita di cortesia l’amico Don Orlando Perta si era accorto che Don Concezio non era nel pieno delle sue forze e lui gli rispose:< Ho malanni d’intestini > e con un sorriso aggiunse:< spero di guarire presto >, purtroppo la malattia faceva passi da gigante e lo stesso Don Orlando più volte gli faceva delle visite di cortesia per sincerarsi delle condizioni del suo caro amico, finché il 22 luglio del 1910 alle 07:00 del mattino nella sua casa di Via Cupa spirò per un male incurabile. Il giorno successivo furono fatti i funerali nel duomo di San Flaviano e l’orazione funebre fu tenuta proprio dall’amico Sacerdote Don Orlando Perta di cui riportiamo un estratto del libretto che fece stampare in suo onore, dalla Tipografia Pontificia Artigianelli di Napoli: < Ed ora, egli, il Sacerdote buono e modesto, giace freddo cadavere in questa stessa chiesa che lo vide ascendere tante volte sugli altari ed offrire l’ostia di propiziazione e di pace! Chi avrebbe potuto affermare che dalla sua prima messa ad oggi non sarebbe trascorso che un solo anno? Signori, dinanzi al mistero io mi arresto. La vita del Sacerdote Sechini non ha nulla di straordinario, la sua missione si compì brevemente. Ma lasciò traccia di sé per l’animo mite, per la bontà e per la virtù che lo rendeva un modello di sacerdote.
Egli finì assai presto, ma non lo chiamate soldato che improvvisamente è colpito nel petto dalla mitraglia avversa e che muore al suo posto raccomandando ai suoi compagni l’onore della bandiera. Compagni Sacerdoti, un monito solenne a noi ingiunge la sua morte. Difendiamo con la nostra virtù l’ovile di Gesù Cristo. La guerra al sacerdozio non mira a cessare, acuisce sempre, ma davanti a questa salma benedetta ritempriamo l’animo nostro per combattere e vincere le sante battaglie di Dio. Ed ora quale parola rivolgerò ai tuoi genitori, o Concezio? Essi sentiranno un vuoto che anni ed anni non potranno giammai ricolmare! IL tuo infelice padre ti chiamerà nell’orgasmo del suo dolore, ma solo l’eco pietosa della sua voce risponderà. Quale conforto darò ai tuoi fratelli e alla tua sorella, i quali si sentivano così orgogliosi di possederti? Che cosa dirò ai tuoi colleghi ai tuoi amici, alla tua diletta Giulianova che all’annunzio della tua morte rimase così rammaricata? Nulla. Però ci sia di conforto la tua preghiera di Sacerdote presso il Signore. Tu puoi ottenere molto per noi! Vale, Vale, amico buono e affettuoso. Che Dio ti riceva nel suo amplesso e ti dia il premio delle tue sofferenze! Vale, la speranza di rivederti un giorno in cielo.>. Così terminò l’orazione funebre dell’amico Don Orlando Perta, nelle settimane successive fece stampare e divulgare attraverso i parenti e gli amici più intimi della famiglia. Anche mia nonna Barbara Cordone (nipote di Don Concezio) ne conservò una copia (di cui oggi io ne conservo la copia originale). Ma il caso volle che il giorno della morte del sacerdote andava in stampa anche il settimanale diocesano “L’Araldo Abruzzese”, dove lui era un assiduo collaboratore ed infatti il direttore Pietro Mobilii per riconoscenza fece inserire in corso di stampa, all’ultima pagina, il necrologio della redazione con l’aggiunta di un suo personale scritto rivolto alla famiglia che di seguito riporto integralmente: era il N° 28 del anno VII Teramo sabato 22 luglio 1910: < Questa mane, alle ore 07:00, dopo lunga malattia, ribelle ad ogni cura, cessava di vivere in Giulianova il Sac. Silvio Concezio Sechini. Era un caro e bravo giovane che con entusiasmo si era dedicato al disimpegno dei suoi doveri di ministro della chiesa. La morte anzi tempo lo strappa alla casa nostra e alla sua diletta famiglia. Ai genitori, ai congiunti tutti le più vive condoglianze della direzione!>. E di seguito veniva riportato il necrologio del Direttore Pietro Mobilii: <Alla famiglia Sechini vadano le più vive condoglianze da parte della direzione dell’Araldo Abruzzese, che ebbe sull’ottimo Sacerdote scomparso un assiduo collaboratore. Le preghiere dei buoni ottenga al degno ministro di Dio le requie eterno. Il Direttore.> Nel racconto che segui l’incontro con mia nonna si ricordò anche di un evento strano sin dalla mattina del 22 luglio giorno della sua morte, il suo fedele cane rimase a vegliare il suo padrone prima nella casa, dopo nella chiesa e alla fine nella tumulazione nel cimitero di Giulianova dove dopo poco giorni fu ritrovato morto vicino alla sua tomba. Purtroppo, gli odierni discendenti di questa casata a Giulianova nel corso dei decenni si sono visti storpiare il loro cognome con la “G” (SeGhini) al posto della “C” o con la “I” (SIchini) a posto della “E”. Purtroppo la modifica era dovuta a quelle che erano allora le registrazioni manuali dell’anagrafe comunale delle due cittadine (Notaresco e Giulianova). Vorrei concludere, questo breve racconto, dicendo che anche se pur breve la storia di quest’uomo è pur sempre molto importante e parte integrante della storia della nostra città di Giulianova in provincia di Teramo, città ricca di uomini che l’hanno fatta crescere culturalmente.
© Walter De Berardinis – walter.de.berardinis@alice.it