USA. “La mia Giulianova…quanto mi manchi” di Benny Manocchia

Ecco,a sinistra,il cimitero.”Qui nei secoli posano affetti,vanita’,speranze.”

Tre parole che racchiudono una vita. Vai avanti e noti l’ospedale,quello nuovo,io ero solito andare all’ospedale dello Splendore,quando tornai a casa dall’ospedale di Mosciano (dopo il bombardamento) e dovevo farmi curare ancora un po’.

(C) Foto Walter De Berardinis

Non ci vuole molto  per entrare nell’immenso spazio (cielo,terra,mare
di fronte_)della balaustra,come la definivamo noi,comunque belvedere.Ed e’ proprio un gran bel vedere.Ci portavo subito  gli amici americani che avevo
invitato a Giglie.Sguardi di meraviglia,lunghe sorsate d’aria che riempiono i polmoni e domande per conoscere la zona:Quello? e’
 il nostro porto,quando i tedeschi scapparono da qui ficcarono nel suo corpo massiccio diecine di bombe che scoppiavano ogni minuto.
Entri nel Corso Garibaldi (si chiama ancora cosi’?). Una “vena” piccola,che appare ancora piu’ piccola e stretta dopo anni di grattacieli a Manhattan.
A destra e a sinistra gente che ti riconosce e saluta.

(C) Foto Walter De Berardinis

A destra c’e’ il caffe’ di Giuggiu’,dove noi,ragazzi,andavamo ad acquistare due sigarette per fumarle di nascosto e dopo qualche anno,ci fermavamo per giocare a boccette.
Ci sentivamo uomini maturi,ma gli anziani del paese spesso ci ricordavano di andare a casa e studiare.Ah,la farmacia (dio non ricordo il nome) e di fronte Lele’con il miglior gelato della zona. Di colpo,a sinistra,una lunga fila di alberi (dove gli “alleati” cercavano di nascondere i loro carri armati.).Strada spaziosa che portava ai Frati.A pasqua adavamo in chiesa e poi,un gruppo di noi furbetti,gustavamo il buonissimo vino di Padre Casimiro. Avevamo trascorso,lentamente,
l’arteria primncipale di questo paese meraviglioso,umano e “cattivo” al tempo stesso (soprattutto nelle giornate in cui la nostra squadra perdeva).
Poi salivamo una strada in salita ed ecco il Torrione dove davamo calci (sentendoci Piola e Biavati) a una palla fatta con stracci.Se scivolavi e cadevi tornavi a casa con la gamba che sanguinava.Le donne ammiravano il nostro gioco “stupendo” e le ragazze ridevano prendendoci in giro.Brave figliole,inimitabili,pronte ad aiutarti a scuola,a sentire le chiacchiere di noi ragazzotti e a spartire con noi la stozza accuratamente preparata da mamma e nonna.
Dio quanto sento la mancanza…Gustate voi,allora,questo fiore meraviglioso d’Abruzzo. E non parlatene mai male. Perche’ vi pentirete
se la vita vi costringera’ a vivere altrove..
(C) Brevi ricordi di Benny Manocchia emigrato negli U.S.A.