Signor Prefetto, autorità civili e militari, associazioni di combattenti e partigiani, studenti, cittadini tutti,
la celebrazione del 25 Aprile, non può più tradursi in una ricorrenza che, per quanto significativa e necessaria, faccia riferimento unicamente ad una pagina gloriosa della storia del nostro Paese.
Tutto è cambiato, non solo da quel giorno di 70 anni fa, ma anche da pochi anni a questa parte, quando tale Giornata era rievocazione che permetteva il riaffermarsi dei valori su cui si è fondata la nostra democrazia.
Nulla è più uguale, sebbene quei valori – diciamolo subito – non sono affatto mutati o sviliti. E’ cambiata la condizione sociale del nostro Paese; sono modificate le condizioni economiche; ha preso piede un’altra idea di unità e di solidarietà; sono modificate le percezioni diffuse sul valore dell’impegno civico; una certa idea di individualismo e di rifugio nel privato pare incidere con maggiore forza; una sfiducia nelle istituzioni è tanto diffusa quanto preoccupante. Anche lo scenario internazionale è mutato; sono scossi alla radice i pilastri su cui si fondava l’equilibrio mondiale; l’insorgere violento del terrorismo lacera le coscienze dei singoli e scompagina i programmi delle nazioni; un disordine diffuso genera incertezze, sperequazioni, sfruttamento dei deboli e dei meno difesi; la cronaca di questi giorni, poi, pone con tutta la sua drammatica evidenza l’apparentemente irrefrenabile questione dell’immigrazione, facendo di essa non solo un problema di natura economica e sociale ma soprattutto di dimensione umana. Si affermano, infine, Potentati economici e politici che paiono fare strame di ogni concetto di legalità, di rispetto dei diritti umani, convivenza civile. Così, la condizione di sostanziale Pace tra le nazioni, ha attualmente preso una china davvero preoccupante, che sembra proiettare popoli, paesi ed intere aree del pianeta verso una deriva che facciamo fatica anche a credere.
Tutto ciò – un quadro disegnato a tinte preoccupanti – non è detto per tracciare scenari apocalittici o per gettare inquietanti ombre sul nostro futuro. Tutto ciò, al contrario, si rende necessario come lettura della realtà, senza nascondersi dietro confortanti e accomodanti convincimenti consolatori, ma come esercizio necessario per dare quel senso nuovo e rinnovato alle celebrazioni del 25 aprile di cui si diceva in apertura. Ecco perché la giornata odierna assume connotati di straordinaria ed autentica attualità. Si diceva che essa non può essere più intesa come una pagina bellissima della Storia, nella quale si sono affermati e sono stati scritti con caratteri indelebili i principi che ancora ci governano: libertà, democrazia, unità civile. La liberazione oggi deve essere mutuata in un concetto di necessaria attualità, e pertanto definita come la rivendicazione del diritto dell’uomo ad una vita autentica, pienamente realizzata, difesa, rispettata.
E non si pensi che questi obiettivi siano pertinenti semplicemente e unicamente alle attribuzioni degli Stati, come se in ambito più ristretto territorialmente, la salvaguardia di tutto ciò fosse questione lontana e delegabile. Al contrario, la consapevolezza del coinvolgimento di noi tutti al perseguimento e al raggiungimento del bene comune e diffuso, deve proprio oggi trovare una sua autentica affermazione.
È in fondo lo stesso atteggiamento che fu adottato dai quattro cittadini teramani che ricordiamo e onoriamo oggi con una cerimonia alla villa comunale:Mario Capuani, Alberto Pepe, Berardo D’Antonio, Romolo Di Giovannanatonio, figure che esaltarono con l’impegno personale, la passione civica, l’attaccamento a principi universalmente da condividere, la loro lotta in favore della libertà dalla tirannia.
L’accostamento è quanto mai pertinente, perché in questa epoca in cui tutto è globalizzato e immediatamente conosciuto, nulla viene davvero condiviso, soprattutto ciò che pare appartenere a sfere che sono lontane dagli interessi personali o del gruppo di appartenenza.
Esaltiamo questa ricorrenza, allora, come una opportunità favorevole per sentire più personali, più propri, i valori che da settanta anni continuiamo a sottolineare e che non hanno perso la loro sostanza ma hanno mutato la definizione e la ragione d’essere.
Esaltiamo questa ricorrenza per sentirci degni eredi delle migliaia di italiani che lottarono per conquistare la libertà di cui abbiamo poi goduto fino ad oggi. Quella stessa libertà cui non sappiamo più fare a meno, quella libertà che amiamo e che abbiamo il dovere e il diritto di difendere anche noi, nelle nuove sfide e nelle a volte difficilissime provocazioni che questi tempi ci pongono.
Viva l’Italia, viva gli italiani, viva la libertà.