Teramo: pista ciclabile alla Gammarana e altre storie. Quando la bicicletta diventa il nemico pubblico numero 1.

 

Il Coordinamento Ciclabili Abruzzo teramano, dopo il servizio del sempre ottimo Giancarlo Falconi sul dissenso dei cittadini del Quartiere Gammarana di Teramo in merito alla realizzazione della pista ciclabile progettata dall’amministrazione Brucchi, vuole dare alcuni elementi di riflessione in un dibattito che, si spera, porti questa città a diventare, realmente, la città del pedone e della bicicletta.
Da anni, come coordinamento di diverse associazioni che hanno a cuore i temi della mobilità sostenibile, della tutela dell’ambiente e della vivibilità degli spazi urbani, chiediamo alle amministrazioni comunali di mettere in atto azioni concrete per restituire ai cittadini gli spazi urbani, permettendone la fruizione, prioritariamente, a piedi e in bicicletta.
In molte città europee e in alcune città italiane tale scelta è stata già fatta, e tutti i dati dicono che è la scelta giusta. A livello di pianificazione urbanistica il pensare la città con un punto di vista autocentrico si è dimostrato perdente, anche se dalle parti nostre ancora in pochi lo comprendono. L’invasione delle auto di spazi che dovrebbero essere patrimonio dei cittadini, favorendo il gioco dei bambini, la socializzazione nei quartieri, il passeggio e lo stazionamento di giovani e anziani, è diventata, purtroppo, una schiavitù di cui non riusciamo a fare a meno.
E quando un’amministrazione, come quella teramana, dopo anni di promesse e tentativi, spesso falliti, mette in campo un’azione che va finalmente nella direzione giusta, non sorprende il fatto che un “intero” quartiere si ribelli.
Tralasciando il fatto che, spesso, fa molto più rumore un singolo che grida che una folla silenziosa (e quindi bisognerebbe capire “chi” è, nel quartiere, che è contrario al percorso ciclabile), va sottolineato come nei nostri quartieri , sostituire ad esempio molti parcheggi per auto con quelli per bici, realizzare piste ciclabili laddove l’auto è regina, favorire l’uso del mezzo pubblico rispetto all’auto privata, non solo renderebbe più vivibile il centro abitativo ma aiuterebbe chiunque a stare più in sintonia con l’ambiente circostante senza dover sopportare eccessivamente i problemi legati al traffico: la salute delle famiglie, così come l’umore di ogni singolo cittadino, accoglierebbero positivamente tale cambiamento in modo da impiegare meno soldi nella cura della salute ed evitare incidenti dovuti all’utilizzo, spesso improprio, del mezzo meccanico.
Ma privilegiare la mobilità pedonale e ciclabile non ha effetti solo sulla salute, fisica e psichica, delle persone. Riprendendo un articolo pubblicato on line, sul sito tuttogreen, evidenziamo come  l a bicicletta, ovunque si sia scelto di privilegiare il suo utilizzo rispetto a quello dell’automobile, si dimostra essere un canale efficace in termini di contributo all’economia, specie l’economia locale, al punto che in America è stato coniato il termine Bikenomics, da fusione delle parole bike, bicicletta ed economics.

Questo per due ragioni principali: in primo luogo usare più la bici significa risparmiare e aumentare il reddito disponibile per i consumi locali (gestire un auto media ha un costo annuo di circa 4.000 euro). In secondo luogo, muoversi in bici nel proprio quartiere / città e non usare la macchina per fare acquisti, magari a decine di chilometri di distanza, ci costringe a scoprire meglio e privilegiare l’offerta più vicino alla nostra residenza.
Last, but not least, l’indotto, anche solo turistico, delle due ruote: si pensi che in uno stato medio-grosso degli USA, il Wisconsin, uno studio parla di una bike economy, di un impatto economico, turistico in primis, della bicicletta, che da solo vale 1,5 miliardi su base annua per lo Stato. In Europa uno studio dell’Unione Europea dimostra che il turismo in bicicletta muove qualcosa come 44 miliardi di euro l’anno, di cui 2 miliardi in Italia.

Insomma, bicicletta vuole dire più soldi che restano nella comunità: partendo dalle realtà più immediate come il fatto che l’utilizzo della bicicletta per recarsi al lavoro migliora chi la utilizza di conseguenza il datore di lavoro vedrà più profitti o che lasciando l’auto in garage, e girando la città pedalando, i negozi della città risulterebbero essere un’attrattiva maggiore. La comunità, inoltre, vedrebbe destinarsi più soldi dato che i cittadini non si impegnerebbero più grosse somme per la benzina, le assicurazioni e per l’acquisto dell’auto.

Certo è che, per far sì che questo avvenga, è comunque necessario mettere a disposizione i giusti strumenti: un servizio di bike-sharing semplice, un trasporto urbano efficiente, percorsi promiscui sicuri che permettano la convivenza di auto, ciclisti e pedoni (zone 30) e che colleghino i percorsi esclusivamente ciclabili, parcheggi di scambio e politiche di incentivazione dell’utilizzo del mezzo pubblico, delle due ruote e delle gambe al posto dell’automobile.