Cultura & Società

Ecco chi era realmente il sacerdote che molto probabilmente salvò la vita a Ernest Hemingway e che certamente lo rese cristiano!

 

Si è molto scritto del “pretino” che ispirò il grande scrittore americano per “Addio alle armi” senza scavare più di tanto su una figura niente affatto secondaria  per l’intera esistenza di Hemingway.

 

Il suo nome era Giuseppe Bianchi ed era nato il 3 dicembre 1882 , da Paolo e Maria Landini, a Benino, piccolo borgo di San Pietro a Sollicciano, al n. 111 della via Pisana nel comune di Casellina e Torri (oggi Comune di Scandicci). La sua vestizione monastica avverrà il 9 marzo del 1990 e gli verrà imposto il nome di Gerardo Maria.

Don Gerardo, monaco benedettino olivetano,  parteciperà alla Prima Guerra Mondiale, trascorrendo i primi cinque mesi del 1917 all’Ospedale di Sarzana mobilitato nel 74 Sezione Sanità, poi scritturale alla Direzione Sanità 23° Corpo. Infine cappellano del 70° Reggimento Fanteria “Ancona” (probabilmente dovrebbe esserlo stato anche del 69°) dove rimase fino alla licenza illimitata il 22 maggio 1919. Ed è durante questo periodo che Don Gerardo incontra e diventa amico di Ernest Hemingway che,  volontario della  “American Red Cross” , era in prima linea per assistere i nostri militari. Quando nella notte tra l’8 e il 9 luglio del 1918 Ernest Hemingway a Fossalta di Piave verrà gravemente ferito sarà proprio Don Gerardo a riconoscerlo tra un mucchio di soldati morenti. Lo soccorrerà, consegnandolo appena in tempo, ai medici. E’ in quelle ore che Don Gerardo battezzerà lo scrittore americano da lui convertito al cattolicesimo. Infatti anni dopo, nel 1927, Ernest Hemingway tornerà a trovare il sacerdote nel monastero di Rapallo per ringraziarlo e per recuperare il certificato del suo battesimo. In quella occasione vi fu un abbraccio lunghissimo e commovente tra i due. Non è difficile pensare che quando anni dopo Ernest Hemingway  scriverà “Addio alle armi”  per la  figura del cappellano militare si ispirò a quel “pretino” che gli aveva salvato la vita e lo aveva reso cristiano. Don Gerardo, con estrema cristiana  riservatezza,  non parlerà mai troppo di quegli eventi limitandosi a dire di Ernest Hemingway  “era un uomo estremamente buono”. Quando Don Gerardo muore il necrologio di Monte Oliveto così reciterà: “ Semplice, faceto e arguto, osservante della Regola. Si guadagnò la stima e la benevolenza di tutti. Morì com’era vissuto, da uomo di Dio, il 20 giugno del 1965 nell’Archicenobio di Monte Oliveto Maggiore”. 

In allegato: foto di Don Gerardo Bianchi.

 

Geremia Mancini – Presidente Onorario

Associazione Storico Culturale “Ambasciatori della fame” – Pescara 

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