Interverrà l’autore Erri De Luca, poliedrico scrittore e poeta, introdotto da Tommaso Navarra e Luigi Ponziani.
Per le sue dichiarazioni contro il progetto “TAV” il 28 gennaio 2015 ha avuto luogo a Torino la prima udienza del processo in cui Erri De Luca è stato chiamato a rispondere di istigazione al sabotaggio a favore della protesta No Tav. Lo scrittore ha rifiutato il rito abbreviato, che si sarebbe svolto a porte chiuse dichiarando “Le parole non si processano, le parole si liberano! Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell’aula e fuori, isolata è l’accusa.”.
“La parola contraria” che De Luca ha definito come “la sua difesa, esterna alle aule di un tribunale“, è un pamphlet scritto per difendere la libertà di opinione, per contestare all’accusa il sabotaggio della libera parola che c’è in Italia e per rivendicare le proprie dichiarazioni rilasciate ai media contro la costruzione della linea ferroviaria TAV in Val di Susa.
Lo scrittore campano nel libro scende nel personale: secondo lo scrittore è stata appunto la sua Parola ad esser portata in tribunale, messa sotto accusa perché dotata di un potere straordinario, quello di smuovere le coscienze e gli animi e di porre un dubbio: legalità e giustizia sono davvero la stessa cosa? Il sabotaggio è illegale, è un attacco alla democrazia, certo; ma è davvero così ingiusto quando si parla di un diritto inalienabile, il Diritto alla Vita? “Non abbiamo più diritti” sostiene Erri De Luca “abbiamo perso anche il nostro diritto alla cittadinanza e il nostro diritto di parola“
Parlando sempre di diritti, citiamo l’articolo 21 della Costituzione Italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione“. Anche il diritto di parola e d’espressione è inalienabile. Dunque lascia un po’ d’amaro in bocca pensare che Erri De Luca sia stato convocato in tribunale il 28 gennaio 2015, nello stesso mese in cui l’Europa intera si stringeva attorno a Parigi, mormorando sommessamente “Je suis Charlie“. In quel momento erano tutti Charlie Hebdo, dichiaravano con forza che non si può tappare la bocca a nessuno; ma di fatto, almeno in Italia, si sta portando in tribunale la Parola come corpo dell’accusa.
“Il fatto che le mie parole abbiano destato tanto scalpore e siano state investite di così tanto potere per me non è un’onta, ma un vanto, un premio letterario di cui vado enormemente fiero” dice Erri De Luca “è la prima volta che uno scrittore viene incriminato per la parola contraria. Se verrò condannato, da cittadino italiano onorerò la sentenza e non farò appello: il mio appello è il mio libro, La parola contraria appunto. Non ho intenzione di far spendere altri soldi allo stato“.