“Noi tutti del Comitato Difendiamo i nostri figli esprimiamo la nostra soddisfazione per la riuscita della splendida manifestazione di ieri a San Giovanni.
20 giugno
E stata una piazza di luce e di verità, senza nessun accento di tipo omofobico o discriminatorio, per le famiglie d’Italia che con enormi sacrifici sono giunte a Roma e hanno alzato la loro voce per far udire alla politica e alla Chiesa il bisogno di essere aiutate, sostenute e incoraggiate.
Vogliamo ribadire che i bambini non si toccano, e che la verità è che i figli hanno bisogno di un papà e una mamma che li allevino e li aiutino a crescere.
Esprimiamo il nostro no deciso ai matrimoni omosessuali, alle adozioni gay, all’educazione gender nelle scuole di ogni ordine e grado. Ringraziamo tutti coloro che ieri si sono stretti intorno a noi”
Commenta così Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato che in neanche 20 giorni è riuscito a far scendere in piazza da tutta Italia più di un milione di persone.
“E’ stata una grande festa di popolo, delle famiglie in difesa della famiglia, mossa dall’amore per i nostri figli. I palazzi ne prendano atto e rispondano conseguentemente, senza varare norme contro il popolo”: così Mario Adinolfi, direttore de La Croce, fondatore dei Circoli “Voglio la Mamma” e promotore di una moratoria interazionale contro l’indegno mercimonio dell’utero in affitto.
“Ieri più di un milione di persone sono scese un piazza in nome del buon senso contro il disegno di legge Cirinnà e il gender nelle scuole. Questo non è che l’inizio: se necessario riscenderemo in piazza qualora le nostre voci non verranno ascoltate dai politici”, conclude Toni Brandi, presidente di ProVita Onlus, una delle associazioni più attive sul territorio per la promozione della cultura della vita, per dar voce a chi non può parlare.
San Giovanni
UN MILIONE DI “INACCETTABILI” VOLTI SORRIDENTI PER DIRE NO AL GENDER
No al gender, no alla colonizzazione ideologica dei nostri figli nelle scuole, no al ddl Cirinnà e al matrimonio gay, la famiglia è una sola, quella naturale, cellula fondamentale e necessaria della società.
Si possono riassumere così gli interventi degli oratori che si sono avvicendati sul palco della grande manifestazione di piazza del 20 giugno a Roma.
Molti parlano di “family day”, e per certi versi è vero: è stato un giorno della famiglia, un milione di facce sorridenti, stipate, ammassate, sotto il sole e sotto la pioggia, senza perdere il sorriso. Genitori giovani e vecchi, nonni e nipoti, bambini di tutte le età, anche piccolissimi nelle carrozzine, tutti a dire in coro a chi opera nei sacri palazzi del potere “Ehi, ci siamo anche noi! Non potete ignorarci!”
Però c’è una sostanziale differenza col Family day del 2007: quella è stata una chiamata a scendere in piazza da parte della Chiesa (allora c’era il Card. Ruini), da parte di Berlusconi, che all’epoca aveva potere e carisma, e dei partiti suoi alleati.
Questo family day, invece è stato organizzato e realizzato in meno di 20 giorni (il Comitato “Difendiamo i nostri figli” si è costituito il 2 giugno!); la gente è scesa in piazza da sé; la manifestazione è stata davvero una manifestazione di popolo, di massa, di tutti quelli – delle famiglie, soprattutto – che si sentono vilipesi e offesi dalla cultura elitaria di chi si proclama democratico ipocritamente, chi disprezza il popolo, la gente vera e la natura.
Basta guardare le foto di questa festa, su qualsiasi pagina internet.
Poi, chi ama il gioco “Trova le differenze” può confrontarle con queste del Gay Pride svoltosi sempre a Roma esattamente una settimana prima, il 13 giugno.
Sorrisi e allegria, di qua e di là. Ma c’è una qualche differenza?
Anche certi commenti a caldo sulla festa del 20 giugno non hanno bisogno di chiosa: Scalfarotto l’ha definita una “manifestazione inaccettabile”. Il Corriere.it riporta queste parole di Franco Grillini, presidente di Gay Net: “C’è a Roma una manifestazione contro i diritti civili, è una cosa più unica che rara che ci siano persone che manifestano contro i diritti di altre persone… Una manifestazione inutile e odiosa, come tutte le manifestazioni d’odio; un festival dell’omofobia, triste e pietoso come tutte le manifestazioni a sfondo razzista, dove avranno voce i profani dell’odio verso la diversità sessuale e trionferà quel “familismo amorale” [vedere, infatti, le foto di cui sopra, NDR] largamente responsabile dei guai del paese».
Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, sempre sul Corriere, lancia sui social l’hashtag #FamilyGay. «Per noi ogni giorno è #FamilyGay…. La manifestazione di sabato – dice Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center – è un salto nella preistoria dei diritti civili e dell’equità».
E di altri commenti pieni di sdegno e di disprezzo per la gente, per il popolo italiano, si vanno riempiendo le colonne dei giornali e le pagine dei social.
Devono sapere, questi signori che si stanno rodendo il fegato, che questo milione di persone che ha deciso di farsi vedere e di farsi sentire è solo l’inizio. La maggioranza silenziosa non ne può più di stare chiusa in casa a subire le angherie ideologiche e normative di un’élite viziosa, antidemocratica, intollerante e prevaricatrice.
Noi sappiamo che se un milione di persone hanno affrontato i costi e i disagi della manifestazione (e ce n’erano davvero da tutta l’Italia, ma anche per i romani è stato comunque impegnativo e stancante), tanti altri milioni a casa hanno partecipato in spirito e comunità d’intenti.
Senza odio per nessuno. Anzi, per amore per la vita e per il futuro di questa nostra umanità.
Redazione