Ricerca: Biotecnologi italiani scrivono al presidente Renzi e al ministro Martina

Daniele Colombo 

Presidente ANBI


Segue la lettera


Alla cortese attenzione del
Presidente del Consiglio
Matteo Renzi

E del
Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
Maurizio Martina

E p.c.
Ministro della Salute
Beatrice Lorenzin

Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Stefania Giannini

Senatori commponenti della
9ª Commissione permanente
Agricoltura e produzione agroalimentare

Senatori componenti della
12ª Commissione permanente
Igiene e Sanità

Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio,
On.li Ministri,
On.li Senatori,

Sono a scriverVi, in merito al dibattito scaturito mezzo stampa nelle
scorse settimane tra l’On.le Ministro Maurizio Martina e la On.le Sen.
Prof. Elena Cattaneo sul tema della ricerca pubblica sugli OGM.

Mi permetto di appellarmi alla Vostra cortese attenzione perché, come
Presidente dell’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani, una
associazione professionale composta da oltre 1500 professionisti nel
settore delle biotecnologie, da 15 anni lavoriamo per un dibattito che
parta dalla scienza su questo, e su molti altri temi chiave per il
Paese quali l’uso delle cellule staminali o il ruolo delle
vaccinazioni.

Più di quindicimila persone, a partire dal 1994, hanno intrapreso nel
nostro paese una carriera nelle biotecnologie scegliendo di diventare
dei professionisti dell’innovazione medico-farmaceutica,
agro-alimentare, veterinaria e industriale. Lo hanno fatto seguendo la
propria passione per la scienza e la voglia di dare il proprio
contributo per rispondere alle sfide che ci attendono.

I messaggi lanciati dai diversi Governi e Parlamenti che si sono
succeduti in questi anni, quasi sempre senza distinzione di colore o
provenienza politica, hanno però sottolineato con chiarezza lo scarso
interesse, se non una vera e propria ostilità, verso l’innovazione e
verso coloro che si adoperano per promuoverla in campo. Fino a 15 anni
fa, i nostri ricercatori potevano lavorare, sperimentare e proporre
nuove soluzioni per la nostra agricoltura, e l’Italia aveva saputo
raggiungere un’eccellenza riconosciutale globalmente in questo
settore. Oggi un buon progetto, nato tra le mura delle nostre
Università o dei nostri Centri di Ricerca, sa già, a prescindere, che
non potrà mai uscire da un laboratorio se prevede l’uso di OGM, una
sigla che ha valore giuridico ma, ricordiamolo, nessun significato
scientifico. Tutte le innovazioni su cui i nostri ricercatori stavano
lavorando già 15 anni orsono, e ideate per salvare i nostri prodotti
tipici, quelli grazie ai quali il Made in Italy e la tradizione
culinaria italiana può davvero essere tale, come il pomodoro San
Marzano o il riso Carnaroli, sono state raccontate efficacemente in un
volume[1] scritto in quegli anni dal prof. Sala dell’Università di
Milano. A poco è servito, se non a consegnarci memoria di questa
capacità di innovazione che il nostro Paese aveva e che ha rifiutato,
preferendo piuttosto rinunciare ad alcuni di essi, come il San Marzano
originale, e per molti altri affidandosi all’agrochimica. Prodotti
tipici e innovazione però sia chiaro non sono necessariamente in
antitesi. Si è deliberatamente scelto che lo fossero e si è forzato un
dibattito.

L’ultimo atto di questo rifiuto si è consumato nel 2012 con la
distruzione forzata degli ultimi campi sperimentali pubblici italiani.
Distrutti senza alcuna ragione tecnica, rischio reale o riflessione
sulla loro utilità. Quelle sperimentazioni pubbliche, pagate dai
cittadini italiani, potevano aiutarci a capire se ha davvero senso
dire no all’uso degli OGM. Ulivi, ciliegi, kiwi, furono distrutti,
dopo 14 anni di coesistenza pacifica, per un cavillo. Eppure bastava
scrivere su di un foglio due righe per salvarli. Furono a gran voce
chieste. Anche da noi. Non ci furono nemmeno rifiutate, adducendo una
motivazione. Semplicemente non arrivarono.

Questo ci conduce al paradosso di oggi. L’Italia ha deciso, con le
proprie politiche dissennate, di mortificare i propri ricercatori e le
proprie Università impedendo loro di fare ricerca sugli OGM, ma allo
stesso tempo ha deciso di non rinunciare ad usarli. Dice bene la
Professoressa Cattaneo quando ricorda che l’Italia importa ed usa
tonnellate di OGM (4 milioni solo per la soia) per alimentare gli
animali da cui si ricavano i nostri prodotti di punta apprezzati in
tutto il mondo. L’uso di OGM dopotutto, come emerge dalle oltre 15.000
pubblicazioni scientifiche sul tema, ma anche dai dati raccolti in
oltre 15 anni di utilizzo, non presenta particolari rischi per la
salute o per l’ambiente, come già ampiamente sottolineato dalle
principali Società Scientifiche italiane attraverso due Consensus
Document pubblicati nel 2004 e nel 2006.

Il nostro Paese ha però sistematicamente deciso di ignorare su questo
tema la scienza, con il solo risultato di precludersi la possibilità
di guidare l’innovazione del settore agricolo, finendo per subirla
importando a caro prezzo quella prodotta altrove. Non dimentichiamo
che abbiamo formato e continuiamo a formare migliaia di giovani in
questo settore, per poi negare loro l’esercizio della propria
professionalità, invece di chiedergli di metterla a frutto per
costruire una via italiana allo sviluppo agricolo da proporre anche al
di fuori dei confini nazionali.

Siamo d’accordo con l’On.le Ministro Martina quando sottolinea come
“la discussione sugli OGM […] non rappresenta né l’unica né la più
rilevante attività nel mondo della ricerca in agricoltura”: a renderla
centrale è però il suo impatto sul piano culturale, in quanto
emblematico della sensibilità che le nostre Istituzioni hanno verso la
ricerca e verso i giovani che in essa credono, che sempre meno
riescono a trovare opportunità all’altezza delle loro aspettative. La
stessa Carta di Milano, voluta così fortemente proprio dal Suo
Governo, Sig. Presidente, impegna le Istituzioni a “aumentare le
risorse destinate alla ricerca, al trasferimento dei suoi esiti, alla
formazione e alla comunicazione”. Come Biotecnologi, di questo
vorremmo parlare. Non ci appassiona il dibattito pro vs contro, ci
interessa lavorare per la competitività del nostro paese valorizzando
al meglio le competenze di tanti ricercatori e professionisti che
vorrebbero mettersi al servizio del Paese invece di fuggire
all’estero.

È vero, come dice l’On.le Ministro Martina, che gli OGM non bastano:
serve infatti molto di più. Serve soprattutto una politica che sappia
mettere al centro delle sue decisioni la scienza e non che la pieghi a
posteriori ai suoi desiderata. Solo così si potrà avere un dialogo
vero e non ideologico sugli OGM, e sui mille altri temi su cui oggi
siamo ancora fermi al palo. Solo così facendo si può costruire un
futuro sostenibile che non siano gli altri a dettarci, ma che nasca
partendo dal lavoro delle nostre menti migliori.

Con i più distinti e calorosi saluti, e nella speranza di ricevere da
Voi un gradito riscontro,

Daniele Colombo

Presidente
Associazione Nazionale Biotecnologi

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[1] Gli ogm sono davvero pericolosi? 2005, Francesco Sala. Laterza.