USA. I Fichi di casa mia
Ho amato con passione i fichi sin dalla mia piccola eta’.Parlo dei fichi normali,quelli che mangiavo con una foglia di prosciutto,quelli che Dante menziona in un canto della sua Divina Commecia,gli stessi fichi che fecero gridare di piacere Ingrid Bergman:
ficus est mirabile…
Quando arrivai in America mi accorsi subito che i fichi in questa nazione sono considerati e richiesti come…
un vecchio film di Maciste, A New York nulla,a Chicago nemmeno,e nemmeno a Miami pur trovandosi nel clima giusto per quel meraviglioso frutto.In California,alleluja,riuscii a trovare in un negozio quel benedetto fico da me tanto amato.Aveva la stessa grandezza
di una nocciola,era brutto e senza sapore.Cinque di queste scoreggine al costo di cinque dollari,un dollaro
a fico..
Potete immaginare,allora,che cosa combinavo ogni volta che tornavo a casa e cercavo l’albero sotto il quale sdraiarmi e divorarne un buon terzo.Il fico mi e’ sempre mancato da quando sono qui.
Ieri,seguendo Linea Verde,ho visto un servizio sulla produzione del fico in qualche parte dell’Italia (non ricordo il nome della localita’). Ricordo bene,pero’,che avrei voluto urlare, ma nessuno attorno a me sarebbe stato capace di spiegare il mio comportamento di fronte a un fig,quella deliziosa frutta dimenticata nella campagna americana.
Percio’,cari lettori,a Ferragosto.ricordando il mio beve racconto,fate una scorpacciata di fichi,ma non soltanto quelli piccoli,parlo del fillacciano,buccia vede,enorme,che da ragazzo mia madre metteva in mezzo a due fettine di pane e…via.
Quelli si’ che erano tempi!
Benny Manocchia