Martedì 10 novembre ore 21 (Turno A)
Mercoledì 11 novembre ore 17 (Turno C)
Mercoledì 11 novembre ore 21 (Turno B)
Goldenart Production
AMBRA ANGIOLINI
FRANCESCO SCIANNA
FRANCESCO BISCIONE
“TRADIMENTI”
di Harold Pinter
regia di MICHELE PLACIDO
Pinter scrisse Tradimenti in un ordine cronologico inverso. L’opera inizia presentando la fine del rapporto extraconiugale tra Emma e Jerry e finisce mostrando l’inizio della loro relazione.Le prime nove scene sono ambientate nel 1977 quando Emma e Jerry si rivedono due anni dopo la fine della loro relazione. Dal 1977 al 1968, ogni scena rivela sempre più il loro rapporto, e il protrarsi dei tradimenti di Emma nei confronti di suo marito Robert con Jerry, suo amante.
Robert ed Emma sono apparentemente una coppia felicemente sposata, hanno successo nei loro rispettivi lavori, e sono buoni amici di Jerry e sua moglie Judith. A dispetto di tutto, in una festa nel 1968 Jerry confessa ad Emma di amarla, e lei ricambia lo stesso sentimento. Affittano un appartamento dove s’incontrano per fare l’amore.Cinque anni dopo, Robert costringe finalmente Emma ad ammettere di averlo tradito, dopo che lui sospettava da tempo la relazione tra lei e Jerry.
Emma lavora come manager in una galleria d’arte e cerca di fuggire dal suo infelice matrimomio con Robert, convinta che lui l’ha tradita in passato e si vendica con Jerry, che diventa suo amante. Quando finisce il rapporto con Jerry, rimane sposata con Robert per altri quattro anni vivendo un matrimonio infelice.La sua più grande debolezza è la totale inconsapevolezza delle conseguenze che hanno le sue azioni sulle persone vicino a lei.
Jerry, un agente letterario e scrittore, è un illuso romantico, sembra un essere innamorato dell’amore. La sua impulsiva voglia d’amore per Emma istiga la realizzazione del loro rapporto, tradendo l’amico Robert e la moglie Judith. Anche se tenero e amabile di persona, è troppo ingenuo per accorgersi che sarà manipolato da Emma e di conseguenza da Robert.
Robert è Il più perspicace, il più arguto, il più scaltro dei tre personaggi e di mestiere è un editore. Si accorge dell’infedeltà di sua moglie Emma e riesce a scovare la verità rivolgendosi a lei con metodo quasi investigativo. Pratico e logico nei modi di fare, dopo aver trovato una lettera di Jerry indirizzata ad Emma, decide di turbare con gusto i sogni di Emma che schiacciata dalle proprie bugie e dal tradimento finalmente confessa.
Mercoledì 18 novembre ore 21 (Turno A)
Giovedì 19 novembre ore 17 (Turno C)
Giovedì 19 novembre ore 21 (Turno B)
SalaUmberto
FRANCESCO PANNOFINO
EMANUELA ROSSI
“I SUOCERI ALBANESI Due borghesi piccoli piccoli”
di Gianni Clementi
regia di CLAUDIO BOCCACCINI
Una famiglia borghese: un padre, una madre e 1 figlia. Lui, Lucio, 55enne, consigliere comunale progressista, lei, Ginevra, 50enne, Chef in carriera, con un passato fatto di lotte politiche e rivolte generazionali, conducono un’esistenza improntata al politically correct, cercando quotidianamente di trasmettere alla figlia Camilla, 16enne, questo loro stile di vita, pregno di valori importanti, di parole mai banali: l’importanza della politica, della solidarietà, della fratellanza. Ogni occasione è buona per ribadire simili concetti: a tavola, ascoltando un telegiornale, commentando episodi di vita. Anche l’amica del cuore di Ginevra, Benedetta, erborista alternativa, in analisi perenne e ossessiva ricerca di un compagno, è la frequentatrice abituale della casa e non perde occasione per manifestare le sue fragilità. Ma come in tutte le famiglie anche le incombenze pratiche occupano uno spazio importante nella vita di Lucio e Ginevra e la rottura di una tubazione del bagno di servizio, che rischia di allagare l’appartamento sottostante, occupato da un eccentrico Tenente Colonnello, obbliga i coniugi a chiamare una ditta per il restauro completo del servizio igienico. La ditta è formata da due ragazzi: Igli, 35 anni e Lushan di 18. Sono albanesi, con una storia alle spalle di quelle che si leggono tutti i giorni sui quotidiani. Viaggi su barconi fatiscenti, periodi di clandestinità, infine l’agognato permesso di soggiorno e adesso una Ditta, con tanto di partita Iva e lavoro in quantità. Un esempio da seguire per Camilla e i giovani come lei, abituati al contrario a situazioni agiate e iperprotettive. E’ questo che Lucio e Ginevra pensano, guardando a quella luce che illumina gli sguardi dei 2 ragazzi. Una luce piena di vitalità, voglia di fare, come solo chi ha davvero conosciuto la fame può ancora avere. Ma un giorno Lucio dimentica un importante documento, torna a casa ad un orario imprevisto e le certezze sue e di Ginevra crollano come un castello di carte. E i vecchi proverbi non passano mai di moda: chi predica bene, razzola male…
Mercoledì 2 dicembre ore 21 (Turno A)
Giovedì 3 dicembre ore 21 (Turno B)
Venerdì 4 dicembre ore 17 (Turno C)
Nuovo Teatro e IBLA Film
GIUSEPPE FIORELLO
“PENSO CHE UN SOGNO COSI’…”
di Giuseppe Fiorello e Vittorio Moroni
regia di GIAMPIERO SOLARI
musiche eseguite dal vivo da Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma
Salgo a bordo del deltaplano delle canzoni di Domenico Modugno e sorvolo la mia infanzia, la Sicilia e l’Italia di quegli anni, le facce, le persone, vicende buffe, altre dolorose, altre nostalgiche e altre ancora che potranno sembrare incredibili.
Attraverso questo viaggio invito i protagonisti della mia vita ad uscire dalla memoria e accompagnarmi sul palco, per partecipare insieme ad un avventuroso gioco di specchi.
Giuseppe Fiorello
Giovedì 14 gennaio ore 21 (Turno A)
Venerdì 15 gennaio ore 17 (Turno C)
Venerdì 15 gennaio ore 21 (Turno B)
TSA
LUNETTA SAVINO
“GRAND GUIGNOL ALL’ITALIANA”
di Vittorio Franceschi
regia di ALESSANDRO D’ALATRI
Grossolanità, cinismo, squartamenti e lacrime da cronaca nera, eros e bordello a infarcire un drammone popolare senza lieto fine. Nella Francia di fine ‘800, il “Grand Guignol” era tutto questo; un miscuglio non molto amalgamato di tinte fortissime, farsesche, macabre e cianfrusaglie. Talmente paradossale da essere, a volte, involontariamente comico.
L’ideale per raccontare l’Italia tendente allo zero di oggi. Alessandro D’Alatri, che riscopre questo attualissimo testo scritto e poi segregato in un cassetto da Vittorio Franceschi quindici anni fa, porta sul palco un’innocente colf depressa, un salumiere di successo, una guida turistica ignorante con una moglie fedifraga e isterica, un postino sensibilmente gay. La storia non è importante: corna, liti, strafalcioni, soldi… come nelle migliori famiglie, con immancabile coup de théâtre finale. C’è anche un cane, che abbaia spesso però non entra mai in scena.
Mercoledì 27 gennaio ore 21 (Turno A)
Giovedì 28 gennaio ore 17 (Turno C)
Giovedì 28 gennaio ore 21 (Turno B)
T.T.R. Il Teatrodi Tato Russo
TATO RUSSO
“IL FU MATTIA PASCAL”
di Luigi Pirandello
regia di TATO RUSSO
“Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo : – Io mi chiamo Mattia Pascal.” Ma cosa corrisponde a un semplice nome proprio? È questa la domanda alla quale intende rispondere il protagonista del romanzo di Pirandello che così inizia il suo viaggio attraverso i vari modi d’apparire di se stesso a se stesso e agli altri, il viaggio tra gli intrighi di una vita moltiplicata forse all’infinito che ci impedisce tra convenzioni e compromessi di capire chi siamo veramente. Alla ricerca dell’ ES, dell’altra parte di sé, o della propria vera identità. Morire per vivere una vita diversa. Ritrovare attraverso mille morti la propria unica ragione d’esistere. Scoprire la propria vera identità al di là delle convenzioni che ci hanno formato. Insomma viaggiare a ritroso dei sé o dei risultati di sé abbandonando la scorza delle apparenze per tentare una scoperta definitiva del proprio io. Questo il viaggio di Mattia Pascal, nell’abisso della contraddizione tra essere e apparire. La riduzione in commedia tralascia la tecnica della narrazione propria del romanzo e trasferisce ad una dimensione teatrale il racconto. Insomma liberandosi dalla pesantezza d’una proposta troppo vincolata alla struttura letteraria Tato Russo fa propria la materia del testo per riscriverla in commedia nello stesso linguaggio drammaturgico che sarebbe stato di Pirandello nello sforzo palese e riuscito di una costruzione per il teatro, alla maniera insomma che immaginariamente avrebbe operata lo stesso autore del romanzo nel momento in cui avesse scelto di trasferirla in commedia. Il romanzo sembra così recuperato e acquisito al repertorio delle commedie del Nostro in modo definitivo.Mattia Pascal è Tato Russo nel doppio ruolo di Mattia Pascal e di Adriano Meis, ma anche gli altri personaggi che concorrono alla sua vicenda si rincorrono nella storia, interpretata così dagli stessi attori in identità e personaggi diversi, quasi a scegliere di non chiarire affatto, nello spettro delle rassomiglianze, la distinzione tra i vari aspetti della realtà. Mattia e i suoi coinquilini della storia muoiono tutti per rincontrarsi identici nella storia di Adriano Meis e rivivere poi in quella nuova di Pascal.
Martedì 16 febbraio ore 21 (Turno A)
Mercoledì 17 febbraio ore 17 (Turno C)
Mercoledì 17 febbraio ore 21 (Turno B)
Francesco Pisani e Parmaconcerti
In collaborazione con il Comune di Urbino/Amat
MONICA GUERRITORE
ALICE SPISA
“QUALCOSA RIMANE”
di Donald Margulies
traduzione di Enrico Luttman
regia di MONICA GUERRITORE
Tratta il tema dello scontro generazionale tra una scrittrice di grande talento e fama (Ruth Steiner interpretata da Monica Guerritore), che alterna la pubblicazione di romanzi di successo all’insegnamento a pochi giovani allievi dotati e una giovane scrittrice (Lisa Morrison interpretata da Alice Spisa), affamata di tutto.
La donna ha un vissuto misterioso, che è allo stesso tempo dolore e nascita del suo diventare “scrittrice” e che rivelerà alla sua allieva/amica solo a seguito dell’intimità che si verrà a creare tra loro: la complessa relazione affettiva, quando era una giovanissima aspirante scrittrice, con Delmore Schwartz [*], poeta, filosofo, scrittore, mentore tra l’altro di Lou Reed all’Università di Syracuse e protagonista del Dono di Humboldt di Saul Bellow e l’esperienza nel mondo rivoluzionario della Beat Generation (Ginsberg, Kerouac, William Borroughs…).
La giovanissima Lisa percepisce la potenza di quel mondo, fatto di esperienze, ma la fretta, dominus della gioventù, le fa sembrare impossibile arrivare a tanta ricchezza creativa. Lei che ha tempo non vuole sprecarlo: vuole scrivere, vuole produrre, vuole pubblicare anche a costo di tradire…
Sono i tempi e le dinamiche che viviamo: il tempo fa si che le esperienze (quali che siano) sviluppino in noi via via radici salde e profonde. Ciò che emerge nel mondo di fuori è nutrito, alimentato da quel tessuto radicolare, che essendo però invisibile, non ha valore per chi invece vive la sua giovane età non prendendo in considerazione le fessure (squarci della coscienza) interiori (anche del pensiero). L’immaginario, l’opera creativa o di pensiero, oggi, è così facilmente replicabile attraverso la tecnica (riproduzione), che non necessita di esperienza diretta, può essere orecchiata e fatta propria. Ed ecco allora che la giovane Lisa è intelligente al punto da riconoscere il talento della sua “maestra”, determinata al punto di volere imparare da lei la tecnica della scrittura, sensibile al punto da percepire la pienezza della donna, ma impaziente o avida (o disillusa?) al punto da non volere aspettare che la vita lavori su di lei creando radici nel suo cuore… E ruba così “la vita dell’altra”… tradimento della relazione maestro-allievo, copia e incolla tipico del nostro tempo fatto di repliche o semplicemente “morte “a ciò che sta morendo per dare “vita” a ciò che sta cominciando a vivere; e non importa se ciò che comporta è il tradimento? Tradire in fondo pesca il suo senso da tradurre, andare da un’altra parte.
Questi sono i temi, tanti e fluidi, così come la vita insegna, che scruto con la mia regia. La mia visione del testo, come spesso mi accade, travalicherà il testo scritto, per andare a cercare… capire… Per me il teatro è innanzitutto il “cosa”… e poi c’è il “come”… Lou Reed, Patti Smith, Leonard Cohen, allievi di quegli artisti saranno in scena con le loro stupende ballate. Ho fortemente voluto Alice Spisa, giovanissima vincitrice del premio Ubu 2013, per interpretare il complesso ruolo della giovane Lisa Morrison e a confrontarsi con me nel ruolo di Ruth Steiner. Rivedo in lei me ragazzina nei miei primi grandi ruoli e la grinta e il talento dei miei anni: sarà una dura lotta. Lunga. Che non si esaurisce in una sera in palcoscenico… Il teatro è anche questo. É faticoso ed emozionante. Al cielo si sale con le mani. Non ci sono ali (o aiutini, scorciatoie). Ci sono le mani…le nostre operose mani. Ci vediamo in palcoscenico.
Monica Guerritore
Lunedì 7 marzo ore 21 (Turno A)
Martedì 8 marzo ore 17 (Turno C)
Martedì 8 marzo ore 21 (Turno B)
Cardellino srl
SILVIO ORLANDO
“LA SCUOLA”
di Domenico Starnone
regia di DANIELE LUCHETTI
Era il 1992, anno in cui debuttò Sottobanco, spettacolo teatrale interpretato
da un gruppo di attori eccezionali capitanati da Silvio Orlando e diretti da
Daniele Luchetti. Lo spettacolo divenne presto un cult, antesignano di tutto il
filone di ambientazione scolastica tra cui anche la trasposizione
cinematografica del 1995 della stessa pièce che prese il titolo La scuola. Fu
uno dei rari casi in cui il cinema accolse un successo teatrale e non
viceversa.
Lo spettacolo era un dipinto della scuola italiana di quei tempi e al tempo
stesso un esempio quasi profetico del cammino che stava intraprendendo il
sistema scolastico.
‘Ho deciso di riportare in scena lo spettacolo più importante della mia
carriera; fu un evento straordinario, entusiasmante, con una forte presa sul
pubblico’ dice Silvio Orlando. A vent’anni di distanza è davvero interessante
fare un bilancio sulla scuola e vedere cos’è successo poi.
Il testo è tratto dalla produzione letteraria di Domenico Starnone. Siamo in
tempo di scrutini in IV D. Un gruppo di insegnanti deve decidere il futuro dei
loro studenti. Di tanto in tanto, in questo ambiente circoscritto, filtra la realtà
esterna. Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali e personali, amori,
amicizie e scontri generazionali, prendono vita personaggi esilaranti, giudici
impassibili e compassionevoli al tempo stesso. Il dialogo brillante e le
situazioni paradossali lo rendono uno spettacolo irresistibilmente comico
Martedì 5 aprile ore 21 (Turno A)
Mercoledì 6 aprile ore 17 (Turno C)
Mercoledì 6 aprile ore 21 (Turno B)
Bibì Produzioni s.r.l.
BIAGIO IZZO
“L’AMICO DEL CUORE”
di Vincenzo Salemme
regia di VINCENZO SALEMME
L’amico del cuore è una commedia del 1991.
Quando l’ho rappresentata la prima volta, nella stesso anno, era un atto unico e si intitolava “L’ultimo desiderio”.
Negli anni successivi sentivo che la commedia aveva una potenzialità maggiore e decisi quindi di scrivere “L’amico del cuore”, ampliandola e separandola in due atti.
La prima volta che la rappresentai in questa forma era il 1995. Fu subito accolta con molto calore. Adesso mi si presenta la possibilità di metterla in scena come regista. Dalle prime letture mi sono reso conto che la commedia, dentro la trama comica, ha una vena di profonda cattiveria.
In questa edizione mi piacerebbe portare in superficie la crudeltà dei rapporti umani.
In questa edizione mi piacerebbe che Michelino Seta diventasse vittima di se stesso, di tutto ciò in cui ha finto di credere, di tutto il suo provincialismo culturale, di tutta la sua mentalità aperta ma solo a parole. E quindi mi piacerebbe che Roberto Cordova diventasse un uomo che coglie nella propria malattia (Deve subire un trapianto cardiaco con poche probabilità di sopravvivenza) un occasione di rivalsa nei riguardi dell’amico più fortunato, quell’amico del cuore, Michelino, che ai suoi occhi appare un uomo di successo per di più sposato con una donna bellissima.
I due sono amici dall’infanzia e probabilmente, Roberto, da sempre pensa che l’amico abbia avuto una vita più facile, più fortunata. Quale occasione migliore quindi per vendicarsi di quell’amico che si dice uomo aperto e democratico, quell’uomo che giudica la gelosia un sentimento barbarico, quale occasione migliore per dimostrare che le sue sono soltanto chiacchiere.
Quindi in definitiva mi piacerebbe che questa edizione fosse proprio un duello, in cui l’arma scelta dai contendenti non è la spada ma l’ipocrisia. Il tutto nella tessitura classica della commedia degli equivoci, dove ognuno dei personaggi si veste di un ruolo per nascondere la propria natura più profonda: un prete ambiguo che non ha deciso se essere “uomo o ministro di Dio”; un ragazzo di quattordici anni (malato del morbo di Matusalemme) che ne dimostra quaranta e crede di essere la reincarnazione di un merlo; la mamma di questo ragazzo legata ancora al ricordo del marito defunto, ma che alla prima occasione cede alle lusinghe di un tassista invadente e aggressivo.
E su tutti spicca Frida, IL SOGNO. Frida, la bellissima moglie di Michelino, Frida la bionda svedese, Frida ricordo di una Svezia del progresso, la Svezia della libertà, la Svezia senza tabù e senza peccato, Frida innocente e Frida che adesso…aspetta un bambino. E ad imbrogliare ancora di più la matassa interviene chi quella matassa la dovrebbe sbrogliare: la ginecologa, che dirà..1Infine, come mi capita di fare da qualche anno, mi piacerebbe anche in questo caso, aprire in qualche modo la commedia al pubblico, alla partecipazione del pubblico. Mi farebbe piacere cioè che questa commedia, per il pubblico in sala diventasse quasi un racconto, un aneddoto sul quale ognuno potrebbe essere chiamato ad esprimere la propria opinione. Mi piacerebbe cioè che ognuno degli spettatori maschi si domandasse: ma se il mio amico del cuore, in punto di morte, mi venisse a chiedere, come ultimo desiderio, di andare a letto con mia moglie, cosa farei? E mi farebbe anche piacere sapere cosa ne pensa la moglie.
Vincenzo Salemme