di Alessia Stranieri
“Penso che un sogno così, non ritorni mai più…” con questa celebre canzone del grande Modugno Giuseppe Fiorello ha aperto il suo spettacolo in scena per ben tre serate a Teramo, applauditissimo terzo appuntamento della Stagione di Prosa della Riccitelli. Il “picciriddu” Giuseppe Fiorello è cresciuto. È uscito dal suo guscio, dalla sua timidezza per realizzare un sogno, il suo sogno. Sì, perché l’attore siciliano, il più piccolo di quattro fratelli, da ragazzino era silenzioso e introverso in una famiglia del Sud come tante in cui l’allegria e la vena artistica erano nel Dna. E lui, il picciriddu, covava il suo sogno artistico davanti allo specchio, chiuso in bagno, unico luogo in cui riusciva di nascosto a dare libero sfogo alla fantasia. E cresceva con un padre che amava la vita, adorava sua moglie e condivideva la passione del canto con il pugliese Domenico Modugno. In un Sud degli anni sessanta in cui l’unica scelta era diventare carabiniere o finanziere, come il padre, e farsi una famiglia, Modugno rappresentava la speranza e l’orgoglio di un paese nel pieno del boom economico. Fiorello ripercorre quegli anni con energia, emozione, sentimento, ricordando gli episodi e gli aneddoti della sua vita che hanno lasciato un segno nel suo cuore formando il grande artista di oggi. Il bellissimo rapporto con il padre che, tra i suoi figli, definiva il picciriddu un sognatore, e le canzoni del grande Modugno, che a Fiorello sembravano scritte per raccontare la sua quotidianità, caratterizzano lo spettacolo e trascinano il pubblico in quella dimensione: l’immaginario collettivo cavalca emozionato i personali ricordi di un one man, grande artista che con umiltà e impegno si è affermato in tv, al cinema e in teatro. La scenografia pulita, il gioco di luci che esaltano la figura dell’attore, le sue movenze ed espressioni concentrano l’attenzione senza sbavature sul racconto, a tratti divertente e ironico, a tratti emozionante, e sulle canzoni dell’indimenticabile Modugno, eseguite dal vivo dai bravissimi Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma. E così tra le note melodiche di “Mimmo”, i pranzi a casa della nonna con i numerosi parenti e non, l’immancabile cicoria cotta dalla zia a qualsiasi ora della giornata e la festa del patrono con le luci sfavillanti che richiamava una volta all’anno anche il compaesano emigrato in America, arricchitosi per aver aperto il primo bordello legalizzato, corrono speranzosi quegli anni. Lo spettacolo, magistralmente scritto e interpretato dall’attore stesso, con la regia di Giampiero Solari, tocca il momento più alto e commovente nel ricordo della festa di Carnevale, serata in cui Fiorello racconta “lo spettacolo della mia vita ha perso il protagonista principale”, l’adorato padre complice dei sogni e del silenzio di un timido picciriddu. Giuseppe, Beppe, non è più solo il fratellino del divertente e bravo showman Fiorello: ha dimostrato di possedere il Dna artistico della famiglia. Un attore di eccelsa bravura che ha incantato e convinto appieno la platea teramana, inizialmente un po’ impacciata, “tosta” come una spettatrice ha suggerito, a conclusione della rappresentazione, all’artista, rimasto colpito ed esterrefatto dagli interminabili applausi a scena aperta, dal calore e dalla partecipazione che lentamente sono esplosi nell’avvicendarsi dei ricordi. Una platea “strana”, a suo dire, da spingerlo a intrattenersi e ironizzare simpaticamente su quegli arrosticini, specialità abruzzese, che ha avuto occasione di assaggiare in un’altra visita in questa terra e che …”ancora sto digerendo”. Dopo piu di due ore ininterrotte di spettacolo, il pubblico teramano della prima serata, totalmente sedotto dalla bravura e simpatia di Giuseppe Fiorello, con una standing ovation di platea e galleria, è riuscito anche a conquistarsi una corale conclusione: l’interpretazione della celeberrima “Nel Blu dipinto di Blu”.