Alcune doverose precisazioni sui referendum dopo la decisione della Cassazione.
Proviamo a fare un sintetico punto sulla situazione a seguito dell’Ordinanza della Corte di Cassazione di ieri. I quesiti referendari No Triv erano 6:
a) 3sono stati soddisfatti con la legge di stabilità 2016: il Parlamento ha modificato le norme su strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere. Ciò rappresenta un innegabile successo, in quanto la dichiarazione di strategicità delle opere avrebbe comportato il dimezzamento dei termini processuali nei ricorsi e una disciplina poco garantista per gli enti territoriali sulla loro partecipazione ai lavori della conferenza di servizi. E’ stata cancellata anche l’assurda previsione del “vincolo preordinato all’esproprio” fin dalla fase della ricerca. Il Parlamento, inoltre, ha eliminato le norme che consentivano al Governo di sostituirsi alle Regioni in caso di mancato accordo sui progetti petroliferi: oggi non è più possibile arrivare ad una decisione su di essi senza aprire una trattativa con le Regioni.
b) 1è stato riammesso dalla Cassazione: si tratta del quesito sul divieto delle attività petrolifere in mare entro le 12 miglia. Il Parlamento modificato la norma del “Codice dell’ambiente”, che consentiva la conclusione dei procedimenti in corso, prevedendo, però, che i permessi e le concessioni già rilasciati non avessero più scadenza e senza chiarire che i procedimenti in corso dovessero ritenersi definitivamente chiusi e non solo sospesi. La Cassazione ammette che la modifica del Parlamento non soddisfa la richiesta referendaria, in quanto non corrisponde alle reali intenzioni dei promotori del referendum. Aver riammesso il quesito comporterà che, in caso di esito positivo del referendum, occorrerà rispettare la volontà dei cittadini, e cioè: 1) vincolo per il legislatore che non potrà rimuovere il divieto di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia; 2) obbligo per la pubblica amministrazione (il ministero dello sviluppo economico) di chiudere definitivamente i procedimenti in corso per il rilascio di permessi e concessioni.
c) 2restano ancora da soddisfare; rispetto ad essi c’è ancora spazio per promuovere un ricorso davanti alla Corte costituzionale: si tratta del quesito relativo alla durata dei permessi e delle concessioni e del quesito sul cd “Piano delle aree”.
Sulla durata dei titoli: la decisione della Cassazione è quanto meno contraddittoria e non pone rimedio all’elusione della proposta referendaria. Sul piano delle aree, invece, la Cassazione difficilmente poteva pronunciarsi diversamente: i promotori del referendum davano per scontato che il “Piano delle aree” fosse cosa buona e giusta perché dal 1927 ad oggi il rilascio dei permessi e delle concessioni è sempre avvenuto in modo – per così dire – “selvaggio”, e cioè senza una pianificazione. In Italia si può cercare ed estrarre praticamente ovunque, senza che si tenga conto del fatto che esistono aree interessate da agricoltura di pregio, aree di interesse naturalistico, aree fortemente antropizzate, e così via. Il piano avrebbe dovuto stabilire dove fosse possibile (e dove no) cercare ed estrarre. Lo Sblocca Italia prevedeva, tuttavia, che il piano dovesse essere elaborato dal ministero dello sviluppo economico con la partecipazione fittizia degli enti locali e delle regioni e che, in attesa dell’elaborazione del piano, fosse possibile rilasciare permessi e concessioni. La proposta referendaria mirava: 1) a cancellare la partecipazione fittizia delle regioni e degli enti locali alla elaborazione del piano; 2) a vietare il rilascio di nuovi permessi e di nuove concessioni fino a quando non fosse stato adottato il piano. Ebbene, il Parlamento ha soppresso la norma che prevedeva il piano, determinando così anche la caducazione del quesito referendario: non c’è più l’oggetto sul quale far votare i cittadini.
Per questa ragione è assolutamente urgente recuperare il quesito sul “Piano delle Aree”, promuovendo un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale. Se quest’ultima lo ammetterà, vorrà dire che rivivranno le norme sulle quali era stato proposto il referendum. A quel punto, il referendum si potrà celebrare su 3 quesiti: Mare, Durata di Permessi e Concessioni, Piano delle Aree.