Gentile Direttore,
ci sono storie che catalizzano l’attenzione generale ed altre che restano ai margini, muoiono nel silenzio o nell’ ovvietà del “tanto c’è chi ci pensa”, ma se é vero che la vita non si ferma alla scelta arbitraria dell’interesse collettivo, credo che anche la storia “minore” per cui Le scrivo sia degna di quei pochi minuti che richiede la lettura di queste note.
É la storia di 14 cani, rimasti orfani del loro padrone, dei quali si sta occupando, tra grandissime difficoltà, la Lega del cane di Teramo. 14 cani, da 30 che erano, raccolti da una mano che molti definirebbero folle, altri caritatevole, che il 30 luglio dovranno lasciare la vecchia casa che ancora li accoglie senza destinazione alcuna. Cani anziani, alcuni diffidenti, segnati da storie che non sono in grado di raccontare, ai quali i volontari della Lega del cane stanno dedicando ogni sforzo possibile, economico, materiale, fisico.
Gentile Direttore, un cane non fa notizia, figuriamoci 14 in attesa di giudizio per i quali, dopo il 30 luglio, non ci sarà più nulla. C’è bisogno di adozioni urgenti, di collaborazione. I volontari, chiamati a coprire un territorio sempre troppo vasto, in un periodo come quello estivo in cui le emergenze si sovrappongono, sono allo stremo.
Si sente spesso dire: “il cane é un impegno”, ed é vero, lo é. Come lo é un amico, un compagno e, ci sia passata l’eresia, un figlio. A ciascuno giudicare se la spesa vale l’impresa.
Gentile Direttore, i volontari della Lega del cane non possono più sostenere uno sforzo che va ben oltre le forze dell’associazione e non possono trovare soluzioni per questi 14 cani senza la solidarietà di tutti. Troppo facile parlare di volontariato come di una scelta personale. Se non ci fosse l’azione di uomini e donne per i quali non esistono feste, non esiste tempo libero che non coincida con un’opera di carità, cosa accadrebbe? Ci sarebbero, forse, 14 cani affamati rilasciati sul territorio, pericolosi per se stessi e per tutti.
Spesso si sente dire: “con tutti i problemi che ci sono, possiamo pensare anche ai cani?” Ma non é forse da un’educazione di base che si deve ripartire per rigenerare una comunità più consapevole, in cui non siano sempre i soliti pochi a tamponare le emergenze?
Gentile Direttore, c’è un luogo che si chiama pietà, sempre meno frequentato, stretto ai margini di una società dedita all’aperitivo delle 18.00 come ad un rito imprescindibile o all’ abbronzatura da esibire come status. E non é vero che in questo luogo si giunge “volontari”: chi nasce in “direzione ostinata e contraria” come i ragazzi della Lega del cane, spesso, non ha scelta. Eppure basterebbe un minimo sforzo comune, iniziare a considerare che anche la sofferenza di un solo essere vivente é cosa che ci riguarda, per fare della pietà un luogo in cui far crescere i nostri figli.
Forse, ne trarremmo giovamento tutti. Sorprendentemente.
Asteria Casadio