COLDIRETTI, CROLLO PREZZO DEL GRANO “BRUCIA” IN ABRUZZO 16MILIONI DI EURO AGLI AGRICOLTORI, BLITZ AL MINISTERO
#anche i cerealicoltori abruzzesi alla guerra del grano per un “giusto pane quotidiano”
Il crollo del prezzo del grano rispetto allo scorso anno è costato nel 2016 agli agricoltori abruzzesi circa 16 milioni di euro, mettendo a rischio la sopravvivenza delle migliaia di aziende produttrici che nella nostra regione stanno lavorando con compensi al di sotto dei costi di produzione. A denunciarlo è la Coldiretti Abruzzo in occasione del blitz davanti al Ministero delle Politiche agricole, a Roma, di decine di produttori, giunti da tutte le province abruzzesi assieme a migliaia di “colleghi” da tutta Italia soprattutto giovani cerealicoltori in occasione del tavolo nazionale della filiera dai campi all’industria fino alla distribuzione commerciale. In Via XX Settembre sono stati appesi striscioni “No grano no pasta”, “Stop alle speculazioni”, “Chi attacca il Made in Italy attacca l’Italia” e “Il giusto pane quotidiano” ma c’è anche una curiosa bilancia con 15 chili di grano ed uno di pane; così tanto grano infatti deve essere venduto dagli agricoltori per comprarsi un chilo di pane. Sono stati anche preparati sacchetti di grano da 5 chili che equivalgono al valore di un euro con i quali gli agricoltori hanno annunciato di voler fare la spesa – magari per un semplice caffè – nei locali circostanti.
“Le speculazioni che si spostano dalle banche ai metalli preziosi fino ai prodotti agricoli hanno fatto crollare il prezzo del grano su valori che sono inferiori a quelli di 30 anni fa provocando una crisi senza precedenti – spiega Coldiretti Abruzzo – Nella seconda settimana di luglio, in piena trebbiatura, il grano duro, utilizzato per fare la pasta, ha perso a livello nazionale (dati Ismea) il 42 per cento del valore e in Abruzzo le cose non vanno sicuramente meglio, con una perdita stimata dal 2015 al 2016 di circa 16milioni di euro”. “Un danno gravissimo – sottolinea il direttore di Coldiretti Abruzzo Giulio Federici – che inciderà pesantemente sulla sopravvivenza dei cerealicoltori da cui dipende la filiera più rappresentativa del Made in Italy”. Un settore, quello cerealicolo, che in Abruzzo relativamente al grano duro sviluppa una produzione di oltre 1.200.000 quintali su oltre 34mila ettari a cui si aggiungono i terreni – seppur minori – destinati al frumento tenero. “L’anomalia è che, mentre i prezzi medi alla produzione scendono – sottolinea Coldiretti Abruzzo – dal grano alla pasta i prezzi aumentano fino al 500% e quelli dal grano al pane fino al 1500%. “Pertanto – aggiunge Federici – occorre investire nella programmazione strutturale per non perdere definitivamente il patrimonio di qualità e biodiversità dei grani italiani, ed anche abruzzesi, che si stanno riscoprendo in questi ultimi anni e che rappresentano il valore aggiunto della produzione nazionale”. In tal senso, evidenzia Coldiretti Abruzzo, un ruolo importantissimo compete al consorzio agrario interregionale “che sta lavorando alacremente per potenziare lo stoccaggio dei cereali e aggregare l’offerta agricola alla quale attività vanno perciò indirizzate nuove risorse e investimenti utili per restituire dignità al cerealicoltore”.
Secondo Coldiretti a pesare sulla condizione di crisi sono le importazioni in chiave speculativa che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente. In tal senso – evidenzia Federici – sono necessari sempre più controlli soprattutto per quei prodotti che, entrando a dazio zero, usufruiscono di un trattamento privilegiato anche a livello fiscale contrariamente a quanto avviene per i prodotti italiani all’estero”. Il risultato è che più di un pacco di pasta su tre e circa il 50% del pane in vendita in Italia sono fatti con grano straniero ma i consumatori non lo possono sapere perché non è ancora obbligatorio indicare la provenienza in etichetta. Analogamente a quanto fatto per i prodotti lattiero caseari la Coldiretti chiede che venga introdotto l’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nell’etichetta della pasta e dei prodotti da forno riportando le corrette informazioni al consumatore e valorizzando le distintività dei cereali italiani. “La qualità del grano italiano non è ovviamente in discussione ed è confermata dalla nascita e dalla rapida proliferazione di marchi che – sottolinea la Coldiretti – garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%. Un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell’iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) e che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione (da Coop Italia a Iper) fino ai marchi piu’ prestigiosi (Ghigi, Valle del grano Jolly Sgambaro, Granoro, Armando, ecc) fino all’annuncio dello storico marchio napoletano “Voiello”, che fa capo al Gruppo Barilla, che ora vende solo pasta fatta da grano italiano al 100% di varietà “aureo”.